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Caso Battisti: Intervista all’avvocato Davide Steccanella

Intervista realizzata da Geraldina Colotti per Resumen Latinoamericano all’avvocato Davide Steccanella difensore di Cesare Battisti


Puoi riassumere i termini della vicenda Battisti e il perché hai deciso di occupartene?

Battisti è uno delle migliaia di cittadini a suo tempo condannati per avere preso parte a quella guerriglia armata che, come noto, per almeno 15 anni ha interessato l’Italia negli anni Settanta e Ottanta e che ha visto inquisite oltre 36.000 persone e condannate circa 6000 per reati collegati a questo fenomeno. Non ho deciso io di occuparmene ma è stato lui che una volta sbarcato in Italia da cui mancava da quasi 40 anni mi ha nominato perché probabilmente non conosceva nessun altro e ha fatto l’unico nome che conosceva perché quando era in Brasile avevamo avuto qualche scambio via social in quanto io studio da anni quel periodo storico e su di esso ho anche pubblicato alcuni saggi.

Cos’è successo a Battisti in Bolivia? Perché e come è stato portato in Italia dall’allora governo Morales che aveva al suo interno anche ex guerriglieri boliviani?

In Bolivia è successo che dopo essere stato individuato dalla Polizia italiana a Santa Cruz è stato fermato dalla polizia locale in collaborazione internazionale con quella italiana in quanto su di lui pendeva un mandato d’arresto internazionale in forza della sentenza di condanna all’ergastolo a suo tempo comminatagli in Italia.
Una volta fermato è stato oggetto di un immediato provvedimento di espulsione dalla Bolivia e nonostante la legge boliviana prevedesse che il soggetto espulso avesse tre giorni di tempo per presentare ricorso la polizia boliviana lo ha consegnato direttamente il giorno stesso alla polizia italiana che, ricevuta notizia del fermo, aveva immediatamente raggiunto l’aeroporto di santa Cruz con un aereo ministeriale. Preciso che in quell’occasione, prima di consegnare Battisti alla Polizia italiana, che lo ha caricato su un aereo per immediatamente trasferirlo a Ciampino, era stata fatta allontanare la polizia brasiliana che pure era giunta all’aeroporto di Santa Cruz con un proprio aereo per farsi consegnare il fermato, dato che aveva raggiunto la Bolivia provenendo dal Brasile dove viveva da anni e aveva la propria famiglia con un figlio di 6 anni. Ricordo che questa consegna diretta da polizia a polizia ha fatto sì che una volta ottenuto il condannato l’Italia si sia rimangiata l’accordo che aveva sottoscritto con il Brasile solo due anni prima per mezzo dell’allora Ministro Orlando, dove per ottenere l’estradizione si era impegnata a commutare la pena in 30 anni perché non prevedendo nel loro ordinamento l’ergastolo, il Brasile altrimenti non avrebbe mai concesso all’Italia l’estradizione di Battisti. In questo modo, una volta arrivato in Italia i giudici hanno ritenuto che essendo stato espulso dalla Bolivia (indipendentemente dal fatto che la locale procedura fosse stata rispettata o meno) non potesse più invocarsi l’accordo estradizionale con il Brasile, e pertanto gli hanno confermato l’ergastolo.
Ergastolo inoltre fino ad oggi totalmente punitivo perché Battisti ha scontato nel carcere di Oristano 1 anno e mezzo di isolamento illegittimo perché il Ministero lo ha classificato detenuto pericoloso anche se l’ultimo delitto commesso risale al 1979 e in quel carcere non c’erano altri detenuti classificati come lui. E poiché per fare emergere la cosa Battisti ha dovuto proclamare lo sciopero della fame immediatamente il Ministero lo ha spedito a Rossano Calabro insieme ai “terroristi islamici” in un carcere di fatto irraggiungibile da familiari e difensori.

Qual è la situazione attuale sul piano giuridico e carcerario?

Battisti è un condannato definitivo all’ergastolo anche se, come hanno stabilito l’anno scorso gli stessi giudici che hanno respinto la richiesta di commutazione della pena in 30 anni, non è soggetto ad alcuno dei regimi speciali introdotti in epoca successiva ai delitti per cui è stato condannato, ed avrebbe quindi diritto a una detenzione “normale” e ad accedere ai vari benefici penitenziari. Ma come detto sopra lo Stato italiano evidentemente lo vuole punire per essersi per lungo tempo sottratto alla cattura e gli sta facendo subire una carcerazione che somiglia molto a una tortura.

Nei giorni scorsi si è diffusa un’intervista all’ex presidente Lula, il quale avrebbe sostenuto che, se avesse saputo che Battisti non era “innocente” non lo avrebbe accolto nel proprio paese. Come stanno le cose?

È una grossa scemenza e mi meraviglio che qualcuno gli abbia creduto. Il Brasile aveva negato all’Italia l’estradizione di Battisti semplicemente perché, come ho detto prima, in quel Paese la pena dell’ergastolo non è prevista, e una delle regole cardine del “principio di reciprocità” tra diversi Stati in materia di estradizione è che lo Stato richiesto non la concede ad uno Stato richiedente che applica una pena non prevista dallo Stato richiesto. Vale anche per l’Italia, che infatti non potrebbe mai estradare un condannato straniero verso un paese ove è prevista la pena di morte che da noi è stata abrogata da tempo. Peraltro, che quello e non certo la “presunta innocenza” fosse il motivo della mancata estradizione di Lula, è provato dal fatto che, sempre come ho ricordato prima, per ottenere l’estradizione di Battisti l’Italia ha dovuto garantire al Brasile che non gli avrebbe più applicato l’ergastolo ma la pena di 30 anni. Ignoro per quali misteriose ragioni Lula abbia quindi affermato una falsità del genere, e oltre tutto a più di un anno e mezzo dal rientro di Battisti in Italia, immagino sia dovuto ai problemi giudiziari e politici che lo hanno coinvolto.

Oltre al piano giuridico, c’è quello storico: il conflitto armato degli anni ’70 e ’80 in Italia, che ha avuto anche successivi strascichi. In alcuni tuoi libri, hai dato conto dell’incontro con quell’esperienza, ancora rimossa e demonizzata. Che idea te ne sei fatto? Perché a distanza di quarant’anni non si è riusciti a fare un bilancio storico-politico e si continua a esorcizzare quel conflitto consegnandolo ai tribunali?

Credo che le ragioni siano plurime, e non ultima una comprovata incapacità del nostro Paese a fare i conti con la propria Storia (basti pensare al ventennio fascista), ma da quello che ho capito perdura tuttora una persistente volontà di negare che in Italia vi sia stato un importante e sanguinoso conflitto sociale che non si riconosceva nell’allora glorioso PCI di Berlinguer e che per alcuni anni ha pesantemente condizionato il nostro Paese. E che quindi, una volta ristabilito l’ordine costituito per così dire, si sia voluto raccontare alle nuove generazioni una storia tutta diversa, secondo la quale un bel giorno alcuni pazzi sanguinari si sarebbero svegliati con la luna storta e avrebbero seminato il terrore minacciando la serenità di un paese giusto e democratico senza apparenti ragioni, e senza altrettante apparenti ragioni un bel giorno avrebbero smesso. La mia impressione è che in Italia quelli che erano i comunisti “ufficiali” non sopportavano l’idea che vi fossero numerosi altri comunisti meno ufficiali che non si riconoscevano nella linea politica del compromesso storico con la DC, e che quindi abbiano successivamente falsato la Storia per negare che vi fosse mai stata questa emorragia a sinistra negli anni settanta e che pure c’era stata eccome, e basta guardare sul web le foto dei funerali di Barbara Azzaroni a Bologna nel 1979 per vedere la città invasa di militanti che salutano a pugno chiuso la bara di una “terrorista” morta il giorno prima in un conflitto a fuoco coi carabinieri. Del resto, quella fu una guerra civile, seppure “a bassa intensità” come ha detto qualcuno, e da sempre la Storia la scrive chi vince e non chi perde e quindi oggi Battisti viene fatto passare per un killer solitario e spietato e non come uno dei tantissimi giovani che in quegli anni fecero (e non certo solo in Italia) la scelta estrema della lotta armata.

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, alla categoria del conflitto di classe, che rendeva comprensibile la legittimità della ribellione, si è sostituito il paradigma della “vittima meritevole”, sia in Italia che a livello internazionale. In nome della “guerra al terrorismo”, si stanno compiendo le peggiori nefandezze. Come si riflette questa cultura a livello giuridico, nelle sentenze e nell’atteggiamento dei giudici?

Si riflette malissimo, oggi in Italia quando un cittadino viene incarcerato preventivamente (e quindi prima ancora che una sentenza abbia stabilito se colpevole o innocente) per alcuni reati, il giudice prima di poterne disporre la scarcerazione anche se ve ne sarebbero i presupposti è obbligato a chiedere il parere della vittima. Del resto, per capire a che punto siamo arrivati, basti dire che anche il giorno in cui Battisti ha lamentato l’impossibilità nel carcere di Oristano di mangiare riso in bianco per le sue accertate condizioni di salute, i media italiani non hanno trovato nulla di meglio che andare a intervistare il figlio di Torregiani (uno delle vittime dei PAC ove militava Battisti) per sapere da lui se Battisti avesse o meno diritto a mangiare il riso in bianco (SIC!).

Contro i governi o le figure che non si inginocchiano ai voleri del gendarme nordamericano, si costruiscono false istituzioni internazionali, autoproclamazioni (lo vediamo nei confronti del Venezuela), oppure quello che ora di definisce lawfare, l’uso della magistratura a fini politici. Un meccanismo che la sinistra istituzionale italiana ha inaugurato e coltivato e in cui sono finiti anche alcuni ex presidenti latinoamericani, come Lula, Morales, Correa (questi ultimi due inabilitati a livello politico, proprio con questo sistema). Che riflessioni si possono fare dal tuo osservatorio?

Qui mi si chiede un giudizio che non mi sento di dare perché va oltre la mia personale esperienza di avvocato, quello che posso dire è che il vezzo di ricorrere allo strumento giudiziario per eliminare l’avversario politico di turno è da tempo una prassi assai diffusa e che ha un suo inizio, leggendo la Storia, proprio con i vari blitz degli anni Settanta contro gli Autonomi da parte di un noto PM padovano che procedeva per “teoremi”. E in questo, come si è poi accertato, ebbe un ruolo tutt’altro che secondario l’allora PCI di Berlinguer, solo che da allora non si è più smesso, e un giorno tocca a Berlusconi, un giorno a Renzi, un giorno a Salvini, un giorno alla Raggi e via così, e addio fiducia nella giustizia da parte dei cittadini, che, debbo dire, non era mai giunta ad un livello più basso di quello di oggi.

Geraldina Colotti

da l’antidiplomatico