Menu

Caso Mastrogiovanni: quando la contenzione diventa “un sistema di terapia”

4 ottobre 2011 ore 14 circa. Nel giorno in cui sarebbe caduto l’onomastico di Francesco Mastrogiovanni, presso il Tribunale di Vallo della Lucania (Sa), riprende il processo contro i sei medici e i dodici infermieri del reparto di psichiatria dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania (Sa) rinviati a giudizio per la morte del maestro elementare di Castelnuovo Cilento, avvenuta nella notte del 4 agosto 2009, dopo un Tso illegittimo e illegale e quattro giorni di contenzione continua, immotivata ed illegale.
La Presidente del Tribunale, Dr.ssa Elisabetta Garzo inizia l’appello e per diciotto volte, dopo il nome e cognome di ogni singolo imputato, aggiunge “libero assente”, “libero presente” e di seguito il nome di uno o più avvocati. Moltissimi imputati continuano ad essere contumaci.
Anche oggi, e nonostante la disposizione impartita ai carabinieri di accompagnamento coattivo, l’ultimo teste del P.M. Dr. Renato Martuscelli, non si è presentato. Il pm Martuscelli e i legali degli imputati hanno chiesto che la procedura venga rinnovata per la prossima udienza. Non è stata accolta la richiesta di tener conto della situazione di malattia in cui versa il teste, dando per acquisite le deposizioni già rese alla polizia giudiziaria.
Nell’udienza odierna, con esclusione del medico legale Di Stasio la cui deposizione è stata rinviata alla prossima udienza che si terrà il 18 ottobre, sono stati sentiti i testimoni indicati dall’avvocatessa Caterina Mastrogiovanni, legale della famiglia del defunto. Nell’udienza del 18 ottobre ci sarà anche l’interrogatorio di Licia Mazzarella Musto, la proprietaria del campeggio nel quale trascorreva le vacanze Mastrogiovanni e alla quale Mastrogiovanni chiese profeticamente: “Non mi fate portare all’ospedale di Vallo, perché lì mi uccidono!”
Palesemente irrilevanti le deposizioni del direttore amministrativo e del responsabile del personale amministrativo. Se, in una precedente udienza il dr. Giuseppe Ortano, psichiatra di Aversa, aveva affermato: “La contenzione è un reato. Soltanto nel caso previsto dall’art. 54 del c.p. può essere praticata e per il tempo strettamente necessario”, oggi, invece, il dr. Pantaleo Palladino, in qualità di direttore sanitario dell’ospedale di Vallo della Lucania, ha ribadito: “Il Tso è contenzione… La contenzione è un sistema di terapia… La contenzione nel reparto di psichiatria veniva praticata perché si acquistavano le fascette di contenzione. Non sono a conoscenza di contenzione fuori regola”.
Il dr. Palladino arriva anche a giustificare la contenzione di Mastrogiovanni, sostenendo che era un violento. La sua affermazione viene smentita dal video – che dice di non aver visto, tranne gli spezzoni trasmessi dalle tv nazionali – nel quale però si vede una persona tranquilla e collaborativa che viene legata per non essere sciolta se non dopo la morte. I membri del Comitato Verità e Giustizia per Franco Mastrogiovanni consigliano amichevolmente al dr. Palladino di guardarlo attentamente quel video, magari – non ce ne voglia – sforzandosi di pensare che la persona legata è un suo amico o addirittura un suo familiare e solo dopo ci ripeta che la contenzione è una terapia.
Purtroppo la deposizione del direttore sanitario prova in maniera chiara ed inequivocabile che la contenzione era il “sistema” adottato nell’ospedale di Vallo della Lucania e testimonia che ne fosse a conoscenza anche la direzione sanitaria, rendendosi in tal modo corresponsabile di questo metodo che non è affatto una terapia, ma una tortura, che nel caso di Francesco Mastrogiovanni è stata addirittura prolungata anche oltre la morte, avvenuta sei ore prima di essere slegato, quando ormai il suo cadavere era freddo. Nel corso dei precedenti interrogatori è risultato che la contenzione veniva praticata regolarmente a tutti i pazienti, uomini e donne, in trattamento obbligatorio e finanche volontario. Insomma i medici di quel reparto, calpestando la loro scelta professionale e scientifica, invece di usare le medicine usavano i legacci immobilizzando e torturando i pazienti. Esattamente come si faceva al tempo delle caverne, come si faceva al tempo del Medio Evo… Per i medici del reparto di psichiatria e per la dirigenza dell’ospedale di Vallo della Lucania il tempo della scienza e della medicina si è fermato al Medio Evo!
L’altra questione affrontata è quella delle ferie del dr. Michele Di Genio, comunemente ritenuto primario del reparto di psichiatria. Per il dr. Pantaleo Paladino il dott. Di Genio è tutt’altro! All’epoca dello svolgimento dei fatti è il responsabile del Dipartimento di salute mentale dell’Asl e come tale non è tenuto a chiedere le ferie alla direzione sanitaria come tutti gli altri operatori sanitari, medici ed infermieri, ma alla direzione dell’Asl, al direttore generale dell’Asl (che all’epoca era Saracino). Solo gli altri medici e gli infermieri del reparto sono tenuti a presentare domanda alla direzione sanitaria; non vengono protocollate, ma solo acquisite agli atti, sottolinea il dr. Palladino. Però, in una precedente udienza, si è parlato di una domanda di ferie del dott. Di Genio presentata e protocollata. Chi mente?
Probabilmente questa asserzione mira a sostenere che il primario dott. Di Genio non ha nessuna responsabilità per la morte di Francesco Mastrogiovanni, perché in ferie al momento della contenzione e della morte di Francesco. (La Cassazione con la sentenza del settembre 2010 non ha rettamente valutato la posizione del dr. Di Genio?). All’epoca dei fatti, risulta che il responsabile del reparto di psichiatria era un altro medico, ma sempre su nomina (non scritta) del responsabile del dipartimento, ovvero il dott. Di Genio.
Quando è chiamato a deporre l’avvocato Loreto D’Aiuto, familiare acquisito di Francesco, gli avvocati degli imputati si oppongono alla sua deposizione, accampando inesistenti conflitti, che l’avv. D’Alessandro vuol provare attraverso l’incartamento, ma sono documenti che non riesce a trovare e chiede tempo. L’avvocato D’Aiuto viene fatto allontanare, l’udienza prosegue con gli altri interrogatori e poi l’avv. D’Aiuto viene richiamato. Ma nonostante che l’avv. D’Alessandro è per oltre un’ora alla ricerca affannosa di documenti che dovrebbero impedire la deposizione del suo collega, non li trova, e ciò nonostante – appellandosi all’art. 197 del cpp – continua a sostenere che l’avv. D’Aiuto non dev’essere sentito. Alla fine il presidente dr.ssa Garzo – dando la giusta interpretazione dell’art. 197 – stabilisce che non c’è nessuno ostacolo alla sua audizione. In una toccante deposizione l’avv. D’Aiuto riferisce di conoscere fin da quando erano entrambi studenti Francesco Mastrogiovanni e di averlo sempre frequentato e stimato, fino ad innamorarsi della cugina, l’avv. Caterina Mastrogiovanni, sua moglie, che siede al banco dei difensori e lo sta interrogando. Riferisce che la mattina del 4 agosto 2009, trovandosi a Vallo della Lucania per comperare un fascio di fiori e recarsi al cimitero del suo paese, perché ricorreva l’anniversario della morte della madre, fu raggiunto dalla telefonata della moglie, che lo avvertiva dell’improvvisa morte del cugino, ricoverato all’ospedale.
L’avv. D’Aiuto alle 8,15 è già all’ospedale, appena mezz’ora dopo la constatazione della morte di Mastrogiovanni, scoperta alle 7,40. È il primo a recarsi all’obitorio dell’ospedale e dopo arriveranno il cognato e la sorella. La sua testimonianza è scioccante: “Sono stato il primo a giungere all’obitorio. Franco era completamente coperto da un lenzuolo bianco. L’ho scoperto e mi sono reso conto che era anche nudo e il suo corpo era martirizzato in modo terribile e agghiacciante.
Presentava profondi lividi su tutto il corpo. Sono stato poi colpito dal comportamento dell’addetto all’obitorio che aveva fretta di vestire il cadavere di Franco e la cosa mi ha infastidito al punto di farla presente al dipendente dell’ospedale”. L’avvocato ha aggiunto: “Franco non era pazzo! L’ho visto l’ultima volta solo qualche giorno prima del suo ricovero. Era venuto a salutarmi anche per salutare un nipote che trascorreva le vacanze presso la mia casa al mare. Assolutamente nulla che manifestasse che Franco non stava bene!”. Alla fine della deposizione non c’è nessun avvocato tra i difensori dei diciotto imputati che ha voglia di fare solo mezza domanda all’avv. D’Aiuto. Ci sarà giustizia per Franco Mastrogiovanni, a Vallo della Lucania, almeno da morto?Vincenzo Serra, Giuseppe Tarallo, Giuseppe Galzerano

Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni