Caso Ramy: il video c’era ma è stato cancellato dai carabinieri
- gennaio 28, 2025
- in malapolizia
- Edit
La morte di Ramy, sul telefono di un teste rimosso un video dai Carabinieri. Ora è irrecuperabile. In base alla perizia consegnata al pm, la registrazione sarebbe stata di un minuto e dieci secondi ma è rimasto solo il frame iniziale
Il video-prova degli ultimi istanti di vita di Ramy c’era, ma è stato cancellato. Così come il testimone Omar – minacciato di denuncia dai carabinieri – aveva detto sin da subito.
Secondo Piantedosi, fermarsi all’alt è il primo modo per evitare il pericolo. Gli ha fatto eco Silvia Sardone, Riccardo De Corato, tanti altri e non poteva mancare Salvini, secondo cui “di fronte a un posto di blocco forzato, i carabinieri hanno fatto il loro dovere in una situazione ad alto rischio. C’è un’indagine, spero ci sarà anche giustizia”.
Una giustizia differente da quella richiesta dalla famiglia, che nonostante la posizione di estrema ricattabilità e precarietà di vita, ha deciso di esporsi per invitare alla calma chi legittimamente ha scelto di scendere in piazza con rabbia.
Eppure non è successo subito; a nessun media mainstream conviene ricordare che la richiesta di verità per Ramy è iniziata in maniera pacifica. I suoi amici e amiche avevano organizzato un sit-in in via Ripamonti, sedendosi a terra con dei cartelli in mano. Un suv li ha investiti, mandando all’ospedale quattro persone, di cui una bambina di 12 anni. Ai media mainstream e alla politica conviene la criminalizzazione del maranza, la colpevolizzazione dei giovani e delle periferie, e l’esaltazione del potere. I loro occhi si sono rivolti verso Corvetto solo dopo giorni di rabbia espressa nelle sue vie, quella rabbia di chi ha perso un amico, di chi ha provato a far sentire le proprie urla ma che continua a rimanere inascoltato/a.
Chi guarda l’operato delle Forze dell’Ordine in Italia, sa che Ramy Elgaml è l’ennesima vittima di Stato e che qualcuno lavorerà per far si che ci dimenticheremo del suo nome e della nostra richiesta di verità e giustizia.
Dopotutto Ramy non è il primo, purtroppo. Pensandoci rapidamente, la prima storia che ci viene in mente sono quella di Stefano Cucchi, di cui il totale insabbiamento dell’omicidio avvenuto nella caserma Casilina di Roma nel 2009 crollò solo nel 2015 dopo una durissima battaglia di famiglia e solidali con la riapertura dell’inchiesta che ha visto la condanna per omicidio di due carabinieri.
C’è poi il tentativo immediato di addebitare la morte di Federico Aldrovandi a un malore e non al pestaggio di 4 poliziotti per strada a Ferrara; per Carlo Giuliani ci fu un immediato tentativo, quasi automatico, di depistaggio con la celebre frase gridata dal vicequestore Adriano Lauro: “Bastardo! Lo hai ucciso tu, lo hai ucciso! Bastardo! Tu l’hai ucciso, col tuo sasso, pezzo di merda! Col tuo sasso l’hai ucciso! Prendetelo!”, contro un manifestante.
E poi a Bolzaneto, dove le ferite dei manifestanti pestati dalle Forze dell’Ordine vengono definite come pregresse e non frutto delle sevizie inflitte all’interno della caserma dove venivano ammassati i fermati del G8 nel 2001. Per non parlare della scuola Diaz dove la mattanza fu giustificata in una vergognosa e indimenticabile conferenza stampa in Questura il giorno dopo esibendo su un tavolo le molotov trovate a chilometri di distanza e portate appositamente nella scuola e gli strumenti di un cantiere di ristrutturazione presente nell’edificio e mostrati come arsenale del Blocco Nero di cui la Diaz sarebbe stato un fantomatico quartier generale.
All’Ospedale San Paolo di Milano la mattanza successiva all’omicidio di Davide “Dax” Cesare messa in atto dalle Forze dell’Ordine la notte del 16 marzo 2003 nei confronti dei solidali accorsi all’ospedale per conoscere le condizioni dei feriti, venne invece fin da subito attribuita dall’allora Questore Boncoraglio al tentativo di furto della salma (!) da parte dei suoi amici.
L’elenco di morti e depistaggi per mano delle Forze dell’Ordine in Italia purtroppo potrebbe andare ancora avanti, ma ci teniamo a tornare sull’ultimo caso avvenuto nelle periferie della nostra città.
Ci teniamo a evidenziare che l’inizio dell’inseguimento di Ramy e Fares da parte di (in totale) tre pattuglie dei carabinieri non inizia perché forzano un posto di blocco, ma perché agli occhi degli agenti i due ragazzi di origini magrebine in Tmax risultano sospetti. Si potrebbe dire che per i carabinieri, Ramy e Fares si trovavano nel posto sbagliato (la milano-da-bere di corso Como) al momento sbagliato (nella notte tra sabato e domenica). La chiamiamo – senza giri di parole – proliferazione razziale e marginalizzazione del “diverso”, una consuetudine sbirresca oggi legittimata dall’istituzione della zona rossa a Milano (link articolo).
Non è chiaro realmente quanto sia durato l’inseguimento, Fares a un certo punto perde il casco che rimane però ben saldo sulla testa di Ramy, fino allo schianto; il suo casco salterà via con ancora il cinturino allacciato nell’istante esatto in cui il suo torace rimane schiacciato tra un palo e la volante della gazzella dei carabinieri.
Le fasi finali dell’inseguimento dei carabinieri e dell’incidente in cui è morto Ramy sono state riprese con il cellulare da un testimone: Omar quella notte si trovava in via Quaranta perché si era fermato a mangiare dal paninaro dopo aver staccato da lavoro. Ha sentito le sirene delle gazzelle dei carabinieri in lontananza mentre si trovava proprio all’angolo della via, ha tirato fuori il cellulare e ha iniziato a filmare.
La fotocamera del telefono del testimone risulta in funzione dalle ore 4.03.22 fino alle 4.04.31. Omar sta ancora filmando mentre arretra, ai giornalisti dichiarerà senza dubbi di aver visto la gazzella toccare il Tmax di Fares, causandone la perdita di equilibrio. La telecamera di una volante che raggiungerà il luogo pochi secondi dopo, filma due militari di un’altra volate avvicinarsi a Omar che alza subito le mani. Parlano con lui, gli dicono di cancellare il video, lui lo fa.
Dopo diversi tentativi della magistratura di provare a recuperare una prova di estrema importanza come questo video, la conclusione della consulenza firmata oggi dal tecnico informatico Marco Tinti incaricato dai pm Marco Cirigliano e Giancarla Serafini di confermare o meno l’esistenza delle immagini in questione, dichiara che il video è irrecuperabile. Sempre secondo la consulenza, alle ore 4.49, dallo stesso dispositivo che ha registrato gli ultimi istanti di Ramy, risultano delle ricerche online sull’argomento ‘come recuperare i file cancellati dal cestino’.
Ci sentiamo di ringraziare Omar perché ha scelto di non voltarsi dall’altra parte, mettendoci la faccia nonostante la sua evidente posizione di precarietà in questo paese saturo di leggi e regole discriminatorie che tendono a colpevolizzare le vittime, le persone sopravvissute e chi si espone.
Il video cancellato di Omar, comunque, rimane l’ennesima prova del senso di impunità che sentono addosso le Forze dell’Ordine di fronte a chi non ha gli strumenti per difendersi.
Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000
News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp