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Caso Sea Watch 3.Perchè il governo italiano ha perso

Le misure provvisorie adottate dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo che, sul ricorso dei legali del comandante e del capo missione della Sea Watch 3, hanno imposto al governo italiano interventi di assistenza, anche legale, senza però ordinare lo sbarco a terra, sono state utilizzate per giustificare il protrarsi della situazione di trattenimento illegittimo di 47 persone, tra cui molti minori, a bordo della nave ancorata da oltre 96 ore nella rada di Augusta, di fronte al porto industriale. Anche dopo il prossimo sbarco dei migranti queste violazioni rimangono documentate e si potrebbe anche aprire un ennesimo caso giudiziario.

Una imponente macchina mediatica si è messa in moto, anche attraverso alcuni canali televisivi che hanno amplificato il consenso di cui godrebbe il governo, per dimostrare che la trattativa con l’Unione Europea, ed i risultati annunciati dal primo ministro Conte, dopo il vertice di Cipro, con la disponibilità offerta da alcuni paesi che accoglierebbero i naufraghi intrappolati a bordo della Sea Watch, sarebbero frutto del rifiuto da parte del ministero dell’interno nella indicazione doverosa di un porto sicuro di sbarco. Un cumulo di menzogne che il governo sta utilizzando per confondere l’opinione pubblica.

il problema sbarchi e’ europeo e non si risolve con i ricatti del governo italiano. Dietro la difesa di Salvini è in corso l’attacco finale per criminalizzare la solidarieta’ in mare. Dopo che tutti i governi hanno fallito sulle politiche di allontanamento forzato e di esternalizzazione, che si sarebbero dovute garantire sulla base di accordi con i paesi terzi. Per nascondere questi fallimenti devono attaccare le Ong. E’ la logica del capro espiatorio. E valutazione delle persone migranti come cose, pezzi numerati, rifiuti da smaltire in mare. Dietro la definizione di “clandestino“, impropriamente attribuita a tutti i migranti sbarcati negli ultimi anni dalla Libia, ed adesso anche ai naufraghi soccorsi dalle ultime ONG rimaste operative, ritorna una considerazione della persona umana come oggetto e non soggetto di diritto. Ma i consensi dati dai sondaggi sembrano premiare questa concezione “differenziale” della persona, la stessa che nel secolo scorso ha portato agli orrori del nazifascismo.

In realtà il governo è andato incontro ad una serie di sconfitte, sul piano interno ed a livello internazionale, con conseguenze che ricadranno pesantemente sui futuri rapporti con l’Unione Europea e sulla coesione interna, sia sociale che politica, di un paese che appare sempre più diviso. Come emerge dalla procedura che è stata avviata presso la Corte Europea dei diritti dell’uomo è stato sconfitto il tentativo di sottrarre i naufraghi della Diciotti a qualunque giurisdizione, dietro il rifiuto assoluto di sbarco e l’uso abusivo del termine “clandestino”. I minori non accompagnati, ma anche gli adulti presenti a bordo della nave sono persone che sono destinatarie di norme dettate da leggi nazionali e da Regolamenti europei, se non da Convenzioni internazionali direttamente vincolanti e dunque soggette alla giurisdizione italiana ed internazionale. Non si possono violare queste norme adducendo la natura politica degli atti o delle omissioni ed invocando la solidarietà dei partiti di maggioranza.

Il governo italiano ha spacciato la procedura a Strasburgo come una iniziativa per dimostrare che la competenza esclusiva nel ricevere le persone sbarcate dalla Sea Watch fosse del governo olandese, linea difensiva che è stata sconfitta, nel senso che la Corte europea, nei limiti della sua decisione interinale, non ha accolto quanto proposto da Palazzo Chigi. Si è cercato di accreditare l’idea che fosse stato il governo ad adire la Corte di Strasburgo per ottenere il riconoscimento della giurisdizione dell’Olanda sui migranti a bordo della Sea Watch, quando invece era proprio lo stesso governo italiano che era stato chiamato in causa dal comandante e dal capomissione della nave, davanti ai giudici europei, per chiedere misure urgenti contro la chiusura dei porti e le tante omissioni di atti dovuti, anche con riferimento a numerosi minori stranieri non accompagnati.

Con questa premessa, occorre ricordare che quanto deciso dalla Corte Europea sulla richiesta di misure urgenti non pregiudica alcun profilo del successivo processo che approfondirà le violazioni lamentate dai ricorrenti. Occorre anche ricordare che la Corte non adotta le sue decisioni sulla abse del diritto interno, ma si esprime sulla base delle violazioni che vengono dedotte in giudizio con riferimento alla Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo.

Le decisioni della Corte di Strasburgo dunque, soprattuto se adottate in sede di procedure di urgenza, con una cognizione estremamente rapida, non possono conferire in alcun modo legittimità a prassi interne che comunque possono risultare in violazione del diritto internazionale, dei Regolamenti dell’Unione Europea, o delle norme rilevanti a livello interno, sul piano amministrativo, civile e penale.

Se si considera il caso dei 47 migranti ancora a bordo della nave Sea Watch 3 e sicuramente sottoposti alla giurisdizione italiana, anche se la nave batte bandiera olandese, occorre riassumere le fonti normative alle quali risalire per stabilire le diverse responsabilità imputabili- a vari livelli- al governo italiano, a singoli ministri o a rappresentanti istituzionali.

Si deve ricordare innanzitutto la Convenzione di Ginevra, che impone agli stati di ricevere le richieste di protezione delle persone comunque presenti in frontiera o nel territorio nazionale, o altrimenti sottoposte alla giurisdizione nazionale, stabilendo anche il principio di non respingimento ( art.33)

La Convenzione ONU sui diritti del fanciullo fissa in 18 anni il limite di raggiungimento della maggiore età, e stabilische che ogni provevdimento amministrativo debba essere preso “nel superiore interesse del minore”.

Le Convenzioni internazionali di diritto del mare stabiliscono che il paese che comunque ha assunto la responsabilità di coordinamento delle attività di soccorso, come oindubbiamente si è verificato da quando si è autorizzato l’ingresso della Sea Watch in acque territoriali italiane, ha l’obbligo di garantire un luogo di sbarco sicuro che va indicato nel tempo più breve possbile.

Nessuna norma internazionale consente che queste disposizioni possano essere violate con il pretesto di forzare una trattativa con gli stati europei per una distribuzione delle persone in diversi paesi, possibilità che peraltro si può ammettere solatnto per i richiedenti asilo, e non per coloro che in ipotesi non presentino una richiesta di asilo, e possano dunque essere destinatari, dopo lo sbarco, di un provvedimento di respingimento o di espulsione. Quando era posibile modificare le norme del regolamento Dublino III in sede di Parlamento europeo le attuali forze di governo in Italia non hanno partecipato o si sono espresse contro.

Per effetto degli articoli 10 e 117 della Costituzione queste norme internazionali sono direttamente vincolanti nel nostro ordinamento, e la loro attuazione deve essere garantita dalla magistratura nazionale, nelle sue diverse articolazioni. Le dichiarazioni e le prassi del governo italiano nei diversi casi dello sbarco di naufraghi soccorsi da imbarcazioni di organizzazioni non governative, a partire dal mese di giugno dello scorso anno ( caso Aquarius) hanno costantemente violato queste disposizioni.

Oltre alle gravi offese alla dignità delle persone coinvolte, ed alle violazioni di legge rilevanti sul piano interno, si è compromesso un quadro di rapporti internazionali che non sarà facile ricostituire con la logica del ricatto sulla pelle dei naufraghi utilizzata dal ministero dell’interno, adesso con l’avallo dell’intero governo. Sono anche da considerare costi esorbitanti derivanti dall’uso improprio delle navi dello stato per scortare, sorvegliare, allontanare, le imbarcazioni delle ONG con il loro carico di naufraghi.

Comunque si svolgano le operazioni di sbarco comunicate dal Presidente del Consiglio le gravi violazioni commesse dai singoli ministri e da alti funzionari di stato rimangono comunque ben documentate e saranno portate all’attenzione della magistratura. Rimane anche la responsabilità politica del governo, ben distinta da quella penale, civile ed amministrativa dei singoli ministri. E rimane la verifica in corso da parte della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, per accertare se il ricatto giocato sulla pelle di persone indifese, di naufraghi soccorsi in alto mare, tra cui molti minori, sia compatibile con i principi affermati dalla Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo. Un metodo di gestire i rapporti internazionali che la comunità degli stati dell’Unione Europea e le agenzie delle Nazioni Unite non potranno certo accettare.

Fulvio Vassallo Paleologo

da Associazione Diritti e Frontiere – ADIF