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Cassazione: “Le mancate cure anche al 41 bis sono inumane e degradanti”

La mancata cura della salute di una persona reclusa al 41 bis è inumana e degradante. Ancora una volta la Cassazione si pronuncia sugli effetti del carcere duro accogliendo il ricorso di Pasquale Zagaria, esponente di rilevo del clan dei casalesi, che si era visto respingere dal magistrato di sorveglianza la richiesta di indennizzo per la detenzione inumana a causa della mancata fisioterapia.

La sentenza è del 21 novembre numero 52526, dove la Cassazione ha ritenuto non inammissibile per genericità del motivo la riproposizione nell’atto di reclamo della domanda di ristoro del pregiudizio da detenzione inumana e degradante – causato dalla prolungata in attuazione di un presidio terapeutico necessario per la cura di una particolare patologia di cui è portatore il reclamante -, respinta dal Magistrato di Sorveglianza.

Cosa è accaduto? Con una ordinanza emessa in data 25 gennaio 2018, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha dichiarato inammissibile il reclamo del detenuto al regime del 41 bis . Il suo difensore ha quindi proposto ricorso per Cassazione evidenziando che nell’atto di reclamo non erano state articolate doglianze generiche, specie in riferimento alla mancata esecuzione dei cicli di fisioterapia ritenuti indispensabili per la patologia da cui il detenuto è affetto. La Cassazione, accettando il ricorso e rinviando il reclamo al tribunale di sorveglianza per un nuovo esame, ha sottolineato che il ricorso è ammissibile e va valutato nel merito «posto che il richiamo – evidenzia la Corte suprema -, contenuto nella disposizione regolatrice, all’articolo 3 della Convenzione Europea, come interpretato dalla Cedu, implica la rilevanza del tema dell’offerta di prestazioni sanitarie adeguate».

La Cassazione ribadisce che «la violazione dell’articolo 3 della Convenzione, può determinarsi in virtù di condotte di inosservanza – da parte dell’amministrazione penitenziaria – dei diritti fondamentali della persona umana, sottoposta al trattamento rieducativo, la cui individuazione ed il cui livello di gravità va apprezzato in concreto, come la stessa Cedu ha avuto modo, in più occasioni, di affermare» . La Cassazione fa riferimento ai contenuti della decisione della Grande Camera nel caso Labita contro Italia del 6 Aprile 2000, dove si è affermato questo: «La Corte ricorda che per rientrare nell’ambito dell’articolo 3, un maltrattamento deve raggiungere un minimo di gravità. La valutazione di questo minimo è relativa per definizione ; la stessa dipende dall’insieme dei dati relativi al caso, e in particolare la durata del trattamento, dai suoi aspetti fisici e mentali nonché, tavolta, dal sesso, dall’età e dallo stato di salute della vittima». Cosa significa? Il trattamento inumano e degradante non vale solo per il sovraffollamento, ma anche per questioni di mancate cure, compreso al 41 bis. Quindi la Cassazione richiama il tribunale di sorveglianza per formulare un nuovo giudizio, non solo da punto di vista procedurale, ma anche di “merito”.

A proposito di salute al 41 bis, il 21 novembre è morto al carcere duro Calogerino Giambrone, 56 anni, presunto boss di Cammarata arrestato nella maxi operazione “Montagna” lo scorso 22 gennaio. Giambrone era detenuto al carcere di Rebibbia in regime di 41 bis e avrebbe avuto un malore, forse un aneurisma, che lo ha stroncato improvvisamente. Il personale della polizia penitenziaria in servizio alla casa circondariale capitolina ha tentato di soccorrerlo e trasportarlo in ospedale ma le sue condizioni erano troppo gravi e Giambrone è morto durante il tragitto.

Damiano Aliprandi

da il dubbio