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Castelvolturno: la rabbia dei migranti dopo la strage

Non si fermano le proteste dei migranti di Castelvolturno. Sono circa duecento [dalla quarantina di questa mattina], soprattutto nordafricane, le persone che sono scese in piazza, alcune munite di mazze e pietre, con le quali hanno rotto alcune vetrine e macchine, gettato cassonetti e mandato in tilt il traffico. La questura ha in campo circa 100 uomini in tenuta antisommossa ma stanno arrivando sempre più rinforzi perchè i migranti, dopo 12 chilometri di marcia sulla Domiziana stanno raggiungendo il bivio per arrivare al centro di Castelvolturno, al chilometro 30-31 della Domiziana. Il corteo di manifestanti ha raggiunto lo schieramento degli agenti e il questore di Caserta, Carmelo Casabona, è in strada per cercare di mediare e trattare con i manifestanti, anche per capire le loro richieste. Il sindaco di Castelvolturno, Francesco Nuzzo aveva anche promesso di incontrare nel pomeriggio una delegazione. «Non c’entriamo nulla con la droga, siamo una comunità onesta e di lavoratori» gridano i manifestanti.
La rabbia dei migranti di Castelvolturno, un comune del casertano, è esplosa già ieri notte, subito dopo la strage che ha lasciato sul terreno sei morti ed un ferito molto grave, tutti di origini africane. Le forze dell’ordine sostengono che le modalità della strage – una scarica di kalashnikov partita da auto e motorini [gli assassini, pare 6 o 7 persone, avevano giubotti con la scritta “carabinieri”] – sia riconducibile ad una matrice camorristica. I lanci di agenzia parlano di «regolamento di conti» per questioni di spaccio. Poche ore prima era stato ucciso un altro uomo – italiano – nella vicina località di Baia Verde e pare che le armi utilizzate siano state le stesse. La zona è controllata dal clan dei Casalesi e gli inquirenti stanno interrogando alcuni collaboratori di giustizia. «Questo è il fatto più grave di un quadro di fatti assolutamente allarmanti commessi con metodo terroristico», hanno dichiarato gli inquirenti. Le agenzie di stampa parlano di una «punizione» inflitta dai Casalesi a quanti, coinvolti nello spaccio, stavano cercando di sfuggire al controllo della cosca. Già il 18 agosto scorso alcune persone di origine nigeriana erano state vittime di un agguato. Alla base dell’aggressione, in quell’occasione, ci sarebbe stata l’attività di dissuasione che un’associazione di cui faceva parte una delle vittime portava avanti nei confronti delle prostitute nigeriane. Ma la rivolta che è cominciata già ieri notte, la rabbia esplosa nei confronti delle forze dell’ordine arrivate sul posto dopo la strage, parla d’altro. Parla dell’insofferenza nei confronti del clima di razzismo diffuso. «Erano delle brave persone i nostri amici, non sappiamo perché li hanno uccisi – dichiarano i manifestanti, che questa mattina hanno occupato la via Domiziana – hanno ucciso anche il sarto, extracomunitario come noi. Hanno sparato per colpire noi africani, perché tra le vittime c’erano anche tre dei nostri che vivevano nella palazzina dove c’è anche la sartoria [in cui sono state uccise alcune delle vittime ndr.]». «Vogliamo giustizia non è vero che i nostri amici ammazzati spacciavano droga o erano camorristi. Sono state dette tutte cose false», sostenevano i migranti che stamattina, esasperati, hanno innalzato barricate sulla strada con cassonetti e materassi, rivoltato auto e distrutto vetrine. Il gruppo dei manifestanti si è andato ingrossando nel corso della mattinata. Alcuni migranti sono stati invitati a scendere dagli autobus e ad unirsi alla protesta. La Cgil Campania è intervenuta con una nota sulla strage «Il clima di razzismo che da tempo si respira nel Casertano, nel Napoletano e nel Paese – vi si legge – fa pensare che, al di là della barbarie camorristica, possano celarsi dietro questi fatti, manifestazioni di intolleranza verso la presenza degli immigrati nel territorio nazionale».