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C’è un De Gennaro per tutte le stagioni

Gianni De Gennaro, imputato di istigazione alla falsa testimonianza al processo per i fatti del G8 del 2001 e per il quale il Pm ha chiesto due anni di reclusione, all’epoca era Capo della polizia e dirige tuttora il Dis (dipartimento delle informazioni per la sicurezza) ufficio che dovrebbe coordinare l’attività dei due principali servizi segreti italiani. Nato a Reggio Calabria nel 1948, è personaggio di prima grandezza nel firmamento nazionale, protagonista di una grande carriera iniziata nel 1973 quando, entrato nella Polizia, fu assegnato alla questura di Alessandria. Trasferito poi a Roma, nel 1981 è rimasto alla Criminalpol fino al 1991, quando è stato designato dal ministro dell’interno Vincenzo Scotti alla Dia (Direzione Investigativa Antimafia).Dal punto di vista strettamente poliziesco non gli sono attribuite operazioni di rilievo e dai suoi colleghi era considerato uomo da scrivania più che da indagini, contrariamente ad Antono Manganelli, che gli è stato vice e lo ha poi sostituito nel 2007 al vertice della Polizia. De Gennaro era appoggiato dal Capo della Polizia Vincenzo Parisi – che non ha lasciato un buon ricordo – a sua volta nella manica del già presidente Oscar Luigi Scalfaro. Grazie alla sua ottima conoscenza dell’inglese, De Gennaro ha portato a termine felicemente due operazioni all’estero, una legata a Edoardo Agnelli (che ha poi incontrò tragica fine) e l’altra a Claudio Martelli. Da questi due interventi coronati da successo gli venne grande prestigio nell’ambiente politico nazionale e infine, nell’anno 2000, Giuliano Amato, presidente del Consiglio ed Enzo Bianco, ministro dell’Interno, gli affidano il comando della Polizia. Vi resta sette anni e in quell’arco di tempo si avvicendano i governi: dal centrosinistra passa al centrodestra berlusconiano, poi è riconfermato ancora dal centrosinistra e ririconfermato dal centrodestra ritornante. Il vai-e-vieni politico non coinvolge il “migliore”, come lo ha definito Giuseppe Pisanu, uno dei sette ministri dell’Interno che si sono avvicendati al Viminale nel corso della gestione De Gennaro della Polizia.Infine, e dopo che De Gennaro aveva già da tempo in saccoccia l’iscrizione nel registro degli indagati per via del fattaccio G8, con Romano Prodi presidente del Consiglio viene assunta, nel giugno 2007, la decisione di sostituire, dopo sette anni di carica, il capo della Polizia, però nessuno osa parlare di giubilarlo. Anzi, la sua ricollocazione diventa un affare di Stato, tanto che si apre il problema di scovare una poltrona degna di questo personaggio buono per tutte le stagioni. Il ministro dell’Interno Giuliano Amato lo vuole come Capo di gabinetto al ministero e per fargli posto sradicano il prefetto Carlo Mosca, anch’egli già appartenente alla polizia. Non viene considerata la levata di scudi dei prefetti di carriera, che protestano per l’invadenza degli ex poliziotti, ai quali vengono offerte troppe poltrone dorate che – affermano a gran voce – spetterebbero di diritto a loro. Non è certo per queste obiezioni, dunque, che De Gennaro viene presto trasferito su una poltrona che è ancor più importante: la direzione del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), che nella farraginosa struttura dell’intelligence nazionale è l’organismo destinato a coordinare i due maggiori servizi, l’Aise e l’Aisi, un tempo denominati Sisde e Sismi. Contrariamente a quel che avviene in tutto il mondo, da noi non si usa affidare i servizi a elementi rigorosamente del mestiere, quindi l’inserimento del “migliore” tra i poliziotti passa senza che venga sollevata obiezione da nessuna parte politiche.Però attualmente, vista la situazione processuale in corso e quel che è emerso nei rapporti tra il già capo della Polizia e il già questore Colucci (anche lui, nel frattempo, transitato nei servizi segreti) in relazione alle sciagurate vicende del G8 genovese del 2001, si è indotti ad esprimere qualche considerazione. In un paese com’è la Penisola, dove tutto viene accanitamente lottizzato, la collocazione in orbita stanziale di un “migliore” buono per tutte le stagioni non può non suscitare dubbi e perplessità.
Massimo Zamorani il secolo XIX