Cesare Battisti torturato in cella, sottoposto a un regime speciale illegale
Lo sciopero della fame e il trattamento illegale
L’adesione della Lega all’iniziativa referendaria promossa dal Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito ha diffuso nell’aria un certo clima mondano, così riassumibile: «dopotutto, signora mia, siamo tutti un po’ garantisti». Provvidenzialmente sono i fatti, duri come pietre, a sottoporre a verifica quell’autocertificazione garantistica, costituendo altrettanti ineludibili test di verità. Uno di questi ha la voce, senza dubbio sgradevole per tantissimi, di Cesare Battisti.
Nel gennaio del 2019, Battisti venne estradato in Italia e ristretto nel carcere di massima sicurezza di Oristano, scontando qui i sei mesi di isolamento previsti come pena accessoria della condanna all’ergastolo. Successivamente, il trasferimento al carcere di Rossano Calabro, dove si sarebbe rinnovato e perpetuato fino a oggi un regime de facto di isolamento, trovandosi Battisti all’interno di una sezione interamente popolata da presunti terroristi islamisti (finora ne hanno scritto solo, se non sbaglio, Giulia Merlo sul Domani e Mattia Feltri su La Stampa, oltre a questo giornale). Le condizioni dell’istituto di pena calabrese sono pessime: «L’AS2 di Rossano è una tomba, lo sanno tutti – scrive in una lettera lo stesso Battisti – è l’unico reparto sprovvisto persino di mattonelle e servizi igienici decenti, dove nessun operatore sociale mette piede». E gli ultimi otto mesi sono stati trascorsi dal detenuto senza che mai potesse godere «dell’esposizione alla luce solare diretta»
Nella stessa lettera Battisti anticipava l’intenzione di attuare lo sciopero della fame, poi iniziato il 2 giugno scorso, come atto di protesta, contro quello che considera un «isolamento abusivo, senza alcun contatto con altri detenuti». È una situazione, la sua, che può portare a uno stato di “deprivazione sensoriale”, che la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani ha definito, in più di una sentenza, come trattamento inumano e degradante e, in determinate circostanze, vera e propria tortura. Infatti, una condizione di prolungato isolamento totale può portare un individuo alla perdita o alla riduzione della capacità di percepire uno o più sensi. È questa la ragione per la quale misure come l’isolamento devono avere sempre una durata temporanea circoscritta e prevedibile. E il loro eventuale prolungamento deve essere tassativamente motivato in maniera circostanziata e per cause eccezionali.
Quale è, oggi, la ragione di questo “regime speciale” al quale si trova sottoposto Cesare Battisti? Dal momento che dal detenuto non si attendono ulteriori informazioni relative a reati commessi da lui stesso o da altri (e sarebbe comunque una misura illecita), l’unica spiegazione di questo trattamento risiede nella volontà di rendere maggiormente afflittiva la sua pena. Ma questo è, né più né meno, che illegale. E costituisce, se vogliamo, un vero e proprio oltraggio al garantismo e la sua totale negazione. Proprio perché il garantismo è un assoluto, vale sempre e comunque, si applica agli amici e agli avversari e, ancor prima, agli innocenti e ai colpevoli. E si applica anche agli autori dei crimini più efferati e a quelli maggiormente riprovevoli: proprio perché si afferma, così, la superiorità giuridica e morale dello Stato e delle sue leggi, rispetto ai propri nemici.
Mi auguro, di conseguenza, che il segretario della Lega, Matteo Salvini, che da Ministro dell’Interno gioì per l’arresto del latitante, in una maniera che forse oggi vorrà giudicare incontinente, si dichiari favorevole all’applicazione di un regime ordinario per Battisti. Ma il discorso non riguarda solo lui, ho un ricordo particolare. Quando dieci anni fa iniziammo a mobilitarci perché sulla morte di Stefano Cucchi si indagasse con la necessaria serietà, dell’intero schieramento di centro-destra si mobilitarono giusto tre persone: Melania Rizzoli, Renata Polverini e Flavia Perina.
In questa circostanza, ci saranno almeno altrettanti esponenti del centro-destra e un certo numero di parlamentari del centro-sinistra, tra i tanti che si autocertificano come garantisti, che vorranno dire qualcosa? Oppure Cesare Battisti è troppo brutto, sporco e cattivo per sollecitare la nostra attenzione? Vengono in mente le parole di Friedrich Dürrenmatt: «È antipatico: e ciò equivale già a un sospetto, ma questo è un elemento soggettivo, signori miei, non criminologico: e non deve influenzare la nostra opinione». (In La Promessa, Adelphi – Emons audiolibri, letto da Lino Musella).
Luigi Manconi
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Cesare Battisti, contro di lui uno stato vendicativo. Ma la Costituzione?
Qui non si deve discutere se sia un criminale e di quale entità. La giustizia italiana lo ha già stabilito. Qui si discute dei confini umani e giuridici che lo Stato, in ossequio al suo ruolo, deve sempre elevare per affermare la sua primazia.
Caro direttore, la mia storia personale e politica mi consente, senza troppi giri di parole, di definire la vicenda di Cesare Battisti, alla luce di quanto sta avvenendo nella gestione della sua detenzione, emblematica e rappresentativa di uno Stato che deliberatamente rinuncia all’applicazione delle garanzie costituzionali dovute a tutti i detenuti a favore di un metodo punitivo diremmo ad personam che lo pone, a mio giudizio, al di fuori delle prerogative spettanti nell’esercizio delle sue funzioni.
Riepilogando in breve una vicenda ormai nota Battisti, dopo aver scontato i 6 mesi di isolamento previsti dalla legge, da giugno 2019 avrebbe dovuto essere detenuto in regime ordinario. In realtà da quel momento ad oggi il detenuto è rimasto prima nel carcere di Oristano in regime di alta sorveglianza, di fatto ristretto per oltre un anno in isolamento, per poi venir trasferito successivamente nel carcere di Rossano Calabro, dove si trova tutt’ora, assegnato alla sezione riservata agli accusati di terrorismo islamico; in tale sezione “speciale” la presenza di soli detenuti di fede integralista islamica, ancora una volta, pone di fatto Battisti in una condizione di isolamento.
Dal 2 giugno di quest’anno Battisti ha iniziato uno sciopero della fame per chiedere il rispetto della dignità dei detenuti e l’applicazione dei diritti inviolabili e inalienabili degli stessi. Queste poche righe per riassumere in breve un isolamento senza soluzione di continuità da due anni, a riprova che mai come in questo caso, fatti e norme alla mano, pur nel marasma delle falle della giustizia italiana che ben conosciamo, qui non vi sia spazio per opinioni di parte ma si deve, al contrario, restare saldamente ancorati ai precetti costituzionali e all’impostazione garantista su cui questi sono improntati. Oui non si discute e non si deve discutere se Battisti sia un criminale, di quale entità, e quanto a lungo debba scontare una pena; lo Stato italiano lo ha già stabilito e ha già, condannandolo e traducendolo in carcere, esercitato pienamente questa funzione.
Qui si discute, invece, dei confini, morali e giuridici, che lo Stato, in ossequio al suo ruolo, deve sempre elevare proprio per affermare la sua primazia rispetto a chi si è macchiato anche dei crimini più efferati.
Nel momento in cui la giustizia viene esercitata artatamente per sbilanciare questo rapporto tra istituzione e reo, nel momento in cui lo stato lede la dignità del detenuto Battisti stracciando di fatto le basilari garanzie alla dignità dell’individuo che valgono dunque anche per lui, nel momento in cui la vicenda detentiva di Battisti ci restituisce la violazione di queste norme fondamentali, che Stato è questo se non uno Stato vendicatore che di fatto sembra ripagare con la stessa moneta un uomo che per anni se n’è fatto beffe, fuggendo e nascondendosi dalle proprie responsabilità?
Quali possono quindi essere, se non questi, i motivi per cui per il detenuto Cesare Battisti cessano di valere i principi previsti dalla Costituzione a tutela della dignità e dei diritti di chi è rinchiuso in un carcere? A me pare di poter dire con pochi dubbi che questa vicenda sconti, e ce lo dicono i fatti, una gestione politica che ha sotterrato, anche mediaticamente, e di fatto li ha resi quasi accessori, i principi fondamentali di una giustizia che è giusta solo se esercitata nel rispetto della legge in tutte le sue forme, dall’applicazione della pena alla funzione riabilitativa del carcere.
Non posso quindi non evidenziare che quello che sta accadendo a Battisti non sarebbe stato accettabile con il governo precedente, in cui la chiara matrice giustizialista fu sublimata dalle immagini del Battisti “trofeo” sventolato a favore di telecamera dall’allora ministro della giustizia Bonafede e dell’Interno Salvini, figuriamoci con l’attuale governo. Non possiamo permetterci di fare i garantisti a corrente alternata, perché di fatto è un ossimoro giuridico e dobbiamo riaffermarlo sempre con forza e in continuazione.
Vale e deve valere per Battisti quello che vale per tutti i detenuti, perché – giova sempre ribadirlo – il grado di civiltà giuridica di uno Stato si misura soprattutto nella capacità che esso ha di garantire il rispetto dei diritti individuali, anche nei confronti di coloro che si sono macchiati dei più atroci delitti e si concretizza nell’aderenza a quei valori sanciti dalla nostra Costituzione, escludendo pene che consistano in trattamenti inumani e degradanti perché la finalità da perseguire è la rieducazione e il reinserimento, non la punizione.
Uno Stato che voglia e possa definirsi “di diritto” non può e non deve cercare vendetta. E non può certamente tollerare violazioni così palesi delle proprie regole fondanti. Lo Stato ha il dovere e l’obbligo, giuridico e morale, di assicurare una corretta esecuzione della pena. E noi, come soggetti istituzionali, ma prima ancora cittadini, se questo non avviene, di denunciarlo e chiederne conto.
Roberto Giachetti
da Il Riformista