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Chiudere le frontiere e rinchiudere i migranti. I due “concept paper” dell’Ue

Centri controllati e piattaforme regionali di sbarco. Così l’Ue vuole affrontare le «sfide complesse poste dalla migrazione». Ma le parole d’ordine sono solo due: respingere e rimpatriare

Dopo il Consiglio europeo di giugno in cui l’Italia ha «alzato la voce», per dirla con le parole del duo Conte-Salvini, la Commissione europea ha presentato i due “concept paper” sulle modalità operative dei nuovi “centri controllati” per la gestione dei migranti soccorsi in mare e poi sbarcati nell’Ue e per le intese con i paesi terzi sulle “piattaforme regionali di sbarco”. Ora le proposte saranno sul tavolo del Comitato dei rappresentanti permanenti in vista della riunione di Ginevra del 30 luglio con l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati e l’Organizzazione Mondiale per i Rifugiati.

Si continua a parlare di «sfide complesse poste dalla migrazione». E la risposta a queste sfide, per la Commissione, è «migliorare» e «rendere più rapido» il processo di distinzione tra le persone bisognose di protezione internazionale e gli «irregolari» che «non hanno diritto di restare nell’Ue». E qui la parola d’ordine è una sola: rimpatriare. E in modo veloce. A tal fine saranno finanziate (ulteriormente) le «squadre di esperti» composte dagli uomini di Frontex, dell’Europol e dell’Easo, l’Agenzia europea per l’Asilo. Quanto ai «centri controllati» in cui finirebbero i migranti, questi non saranno «necessariamente» nei paesi di primo arrivo.

Tutti i controlli dovranno avvenire entro otto settimane «al massimo». Poi ecco una serie di belle parole: il tutto dovrà avvenire «nel rispetto dei diritti umani» e «della dignità della persona». A coprire i costi, «su richiesta dello Stato membro ospitante» sarà l’Unione europea tramite due programmi di finanziamento: Amif (Asylum, Migration and Integration Fund) e Isf (Internal Security Fund).

Ed eccoci alla voce che ha destato maggiori polemiche: la redistribuzione volontaria. Lo Stato che si farà carico delle persone sbarcate riceverà dall’Unione Europea 6.000 euro a migrante e 500 euro per il suo trasferimento. Sarà però una misura temporana «in attesa che possa essere creato un vero e proprio sistema nel contesto delle riforme in corso del sistema europeo comune di asilo di Dublino». Per ogni gruppo di 500 migranti sbarcati l’Agenzia europea di guardia costiera e di frontiera fornirà una “scorta” tra 20 e 40 agenti ai quali se ne aggiungeranno tra 10 e 20 da parte dell’Europol. L’Easo metterà a disposizione tra 20 e 35 esperti di «screening» per controllare i richiedenti asilo, tra 20 e 35 per le procedure di protezione internazionale, tra 10 e 20 per «acilitare i trasferimenti negli altri paesi membri volontari» e 50 tra intepreti e mediatori culturali. In pratica lo Stato membro dovrà garantire solo il personale medico.

Diverse invece le cosiddette «piattaforme di sbarco» all’esterno dell’Ue, di cui si parla nel secondo “concept paper”. Per realizzarle serviranno intese regionali con i Paesi terzi (Tunisia? Turchia? Libia?). L’obiettivo “ufficiale” è dare la possibilità che i migranti salvati nel Mediterraneo possano essere «sbarcati velocemente» e in «condizioni di sicurezza» nei porti più vicini. La prima fase, quella di sbarco, sarà «nel rispetto del diritto internazionale del non respingimento». La seconda, quella di accoglienza, sarà «gestita in modo responsabile» e «controllata da Onu e Unhcr». Ma queste «piattaforme di sbarco» altro non sono che nuovi centri di accoglienza che saranno gestiti dal Paese terzo. Quindi, ad esempio, dalla Libia (che ha già annunciato, comunque, il suo no). In cambio l’Ue offrirà sostegno operativo ma, soprattutto, finanziario. In pratica si continuerà a sovvenzionare chi darà la disponibilità a costruire e gestire nuovi centri di accoglienza che troppo spesso, fino a oggi, si sono rivelati dei veri e propri lager.

Ma per l’Ue il problema non sembra essere “come” verranno “accolti” i migranti, bensì come evitare che questi centri e questi nuovi programmi diventino un «pull factor», un «fattore di attrazione» per i «migranti economici irregolari». Ed ecco soluzione prospettata: «Creare i centri di accoglienza in luoghi il più possibile lontani dai punti di partenza irregolare». Un esempio? La buttiamo lì. In pieno deserto libico. Ma, appunto, è solo un esempio.

Daniele Nalbone

da il Salto