Riceviamo e pubblichiamo le motivazioni delle persone che stanno portando avanti lo sciopero della fame nel CIE di Bari Palese. Ricordiamo che per contributi potete scriverci ad hurriya[at]autistici.org
19/7/2015
C.I.E. di Bari Palese
Siamo 60 persone recluse nel CIE di Bari Palese e tra ieri sera e questa mattina abbiamo tutti iniziato lo sciopero della fame per questi motivi:
– Il cibo fa schifo
– Un ragazzo si è fatto male alla schiena e da due settimane non riesce neanche a camminare. Non lo vogliono trasferire in ospedale e non gli vengono date le medicine per curarsi.
Queste prime due sono le motivazioni più importanti dello sciopero della fame collettivo.
Eccone altre:
– Dopo anni di carcere le persone vengono subito rinchiuse nel Cie: siamo contro questa doppia carcerazione.
– Alcuni sono qui perché gli è scaduto il permesso di soggiorno, altri non l’hanno mai avuto. Basta con questa legge che ci rinchiude.
– Chi è rinchiuso qui ha delle persone care fuori. Troppe volte ci sono problemi per fare i colloqui, per incontrare fidanzate e affetti che non hanno il nostro stesso cognome e vengono bloccate all’entrata.
I 60 reclusi del Cie di Bari Palese
____________
Il 18 luglio un gruppo di solidali si è recato davanti le mura del CIE di Bari Palese, uno degli ultimi 5 rimasti operativi, per un presidio.
Nel Centro sono oggi internate 60 persone che rischiano la deportazione coatta ed attualmente la direzione del CIE è nelle mani di un ispettore di polizia e quindi, ogni giorno, la presenza militare fa il buono e il cattivo tempo. Secondo i racconti delle persone recluse, nel CIE è assente qualsiasi tipo di medicinale e vengono distribuiti psicofarmaci per qualsiasi malore.
Il CIE di Bari è stato spesso raffigurato come un “esempio di integrazione”, dato che il suo ex direttore Rohan Lalinda e’ stato a sua volta un detenuto di un vecchio centro di permanenza e accoglienza (cpa). La struttura è divisa in moduli non comunicanti per isolare e impedire i contatti tra i reclusi. Non è un caso che qui vengono trasferite persone che si ribellano in altri CIE o partecipano ad altre lotte.
Verso le 17, una settantina di compagni e compagne di diverse città si è ritrovata all’ingresso del CIE e si è spostata lungo le mura altissime, nonostante la digos provasse a impedirlo. Grazie all’amplificazione e al telefono si è riusciti a comunicare con l’interno.
Si sono succeduti interventi al microfono sulle rivolte in altri CIE e sulla necessità di orientare la rabbia su chi detiene il potere e non tra oppressi. Un gruppo consistente ha poi fatto il giro della struttura urlando cori e lanciando palline da tennis con all’interno messaggi di solidarietà e numeri di telefono necessari per comunicare costantemente con i/le solidali all’esterno. Da dentro tante urla, telefonate e complicità.
Dopo due ore il presidio si è concluso con petardi dentro le mura e fuochi d’artificio e la risposta da dentro è stata molto determinata. In serata è giunta la notizia che è iniziato uno sciopero della fame da parte di tutti i reclusi/e.
Rilanciamo la solidarietà attiva per le persone che lottano nel CIE di Bari Palese, contro ogni gabbia e frontiera.
____________
Nell’ultima settimana, nonostante il caldo torrido che lascia poche energie per agire, qualcosa si è mosso nei vari Cie sparsi per l’Italia. Della protesta romana vi avevamo già parlato, ma anche a Bari e Torino la lotta individuale di alcuni reclusi ha destato un poco gli animi di chi, dentro come fuori, vorrebbe i Centri distrutti, una volta per tutte.
Qualche giorno fa a Bari un recluso ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro l’aggressione di un poliziotto ai suoi danni. Non ha rinunciato solo ai pasti ma anche a dei medicinali che prendeva giornalmente. Grazie alla solidarietà espressa da fuori intorno allo sciopero, il velo di silenzio che spesso avvolge le mura dei Cie si è strappato e l’uomo è riuscito a guadagnarsi prima delle visite mediche e poi, a quanto risulta dagli ultimi aggiornamenti, anche la liberazione.
La solidarietà comunque non si è fermata e per sabato 18 luglio è stato organizzato un presidio fuori dalle mura a sostegno di tutti i reclusi nel Cie di Bari Palese.
Anche a Torino un fortunato sciopero ha permesso ad un ragazzo egiziano di conquistarsi il certificato di incompatibilità con la detenzione nella struttura cittadina. Da quasi una settimana non beveva e non mangiava dopo aver saputo che la sua richiesta di asilo era stata rigettata. Più volte è stato portato in ospedale per monitorare il suo stato di salute e, ogni volta, rifiutava di assumere liquidi o sostanze. Per questo, qualche giorno fa, il medico dell’ospedale ha dato parere negativo sulla sua permanenza in corso Brunelleschi seguito a ruota, e questo ci par strano, dal medico del Centro solitamente piuttosto restio a elargire la grazia attraverso l’ambita formula del non idoneo; in questo caso invece ha firmato e ha decretato così l’uscita del ragazzo, seppur, secondo le scartoffie amministrative, con l’invito a riconsegnarsi una volta tornato in sesto.
Saputa la notizia un gruppo di solidali è tornato sotto le mura del Cie per salutare i reclusi la cui sorte, almeno per ora, sembra essere diversa. Tuttavia dieci minuti di botti e urla per festeggiare la ritrovata libertà del ragazzo egiziano e dare forza a chi ne è ancora privato, sono sempre corroboranti e le risposte a squarciagola dall’interno ne sono la dimostrazione.
Certo è che a parte qualche sparuto momento di protesta, per lo più individuale, sembra esserci calma piatta nel Cie torinese. La difficoltà maggiore da superare, da quel che ci viene raccontato, sembra essere il controllo sempre più stringente che mina la coesione tra tutti i reclusi, fattore importante per organizzare una protesta e cercare di impedire alla polizia di individuare i partecipanti alle rivolte. Anche sul fronte delle ristrutturazioni niente sembra muoversi. Né mezzi né uomini vengono visti lavorare nel Centro anche se, e questa è cosa certa, non tutte le aree sono ancora pienamente agibili e restano infatti chiuse.
Staremo a vedere che cosa cova sotto l’afosa cappa estiva, con il ricordo che non può non andare alle estati passate scaldate dal fuoco delle rivolte che hanno messo in ginocchio, e neanche per poco, la maggior parte dei Centri italiani.
Qui sotto vi proponiamo il testo di indizione del presidio di Bari:
NELLA TUA CITTA’ C’E’ UN LAGER
ORA BASTA
SABATO 18 LUGLIO, ALLE ORE 17
PRESIDIO DAVANTI LE MURA DEL CIE DI BARI PALESE IN SOLIDARIETA’ CON LE PERSONE RECLUSE
Del CIE di Bari Palese non sappiamo molto, i contatti con le persone recluse sono principalmente legati ad alcuni trasferimenti dal CIE di Ponte Galeria o all’internamento, dopo le cariche della polizia, di chi lottava a Brescia per il permesso di soggiorno.
Negli ultimi giorni, grazie allo sciopero della fame di un recluso in seguito ad un pestaggio, i riflettori sembrano essersi accesi e le relazioni tra le persone recluse stanno cambiando: i ricatti e le promesse di libertà ai singoli, su cui la direzione del Centro ha sempre fatto leva per separare e controllare i reclusi, sembrano non trovare spazio in un momento in cui c’è più comunicazione e attenzione tra i prigionieri.
Mentre la direzione del Centro, da parte del consorzio Connecting People, capitanata da Rohan Lalinda, ha sempre preso spazio sui media come esempio di “gestione umana” di un Lager per migranti, poco si è mosso fuori dalle mura in termini di solidarietà concreta alle persone internate.
Rohan Lalinda, celebre per essere stato un ex detenuto di un Cpt, diventato poi aguzzino e carceriere grazie ai buoni rapporti con il consorzio che lo internava, ha preso spesso parola sui media per ridicolizzare e disinnescare le proteste delle persone recluse.
Secondo alcuni racconti delle persone recluse sembrerebbe che, proprio in questi giorni, un medico del CIE sia stato sospeso in seguito ad alcune dichiarazioni sui giornali e che il famoso Lalinda abbia lasciato l’incarico.
Di CIE come quello di Bari Palese ne restano solo altri 4: Ponte Galeria a Roma, Corso Brunelleschi a Torino, Trapani e Caltanissetta. Gli altri Centri di Identificazione ed Espulsione sono stati distrutti dalle proteste delle persone recluse e stanno subendo dei lavori di ristrutturazione e fortificazione, alcuni dopo il fallimento delle cooperative che li avevano in appalto.
Sostere le persone recluse dentro i CIE spetta a ognun@ di noi.
I CIE non si possono riformare.
Lottiamo insieme fino alla chiusura.
Fonte – Macerie –