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Colombia: Attivisti ed ex guerriglieri Farc, una strage impunita

Violenze in crescita anche nel 2020 e anche contro i civili. I movimenti sociali e indigeni denunciano il mancato rispetto degli accordi di pace da parte del governo di Iván Duque

Il 2020 ha confermato la tendenza all’aumento della violenza in Colombia già registrata negli ultimi anni. Secondo l’Istituto di Studi per lo Sviluppo e la Pace di Bogotà, 310 attivisti per i diritti umani e dirigenti indigeni sono stati assassinati durante l’ultimo anno. Altro fenomeno in aumento, i massacri contro civili: 375 persone sono state uccise in 91 attacchi perpetrati nel 2020. L’aumento degli ultimi anni è dovuto all’azione di gruppi narcos, paramilitari e guerriglie residuali per il controllo dei territori abbandonati dalle Farc e altri gruppi armati dopo la pace siglata con l’ex presidente Juan Manuel Santos.

Quello dei firmatari di quegli accordi è un altro aspetto tragico dell’attualità colombiana. Dal novembre 2016 a oggi sono 252 gli ex membri delle Farc assassinati dopo aver abbandonato le armi. L’ultimo di essi, Diego Maria Yule Rivera, è stato ucciso nella città di Cali lo scorso 7 gennaio.

foto Ap

La protezione per il ritorno dei guerriglieri alla vita civile è contemplata in uno dei sei capitoli che compongono gli accordi siglati all’Avana. Secondo il Kroc Institute dell’Università Notre Dame, incaricato ufficialmente di monitorare l’applicazione del patto, è quello col minor grado di applicazione. Lo scorso ottobre il presidente Iván Duque ha ricevuto i delegati della Carovana per la Vita e la Pace partita dai 24 Territori di formazione per la Reintegrazione dislocati in tutto il paese per chiedere maggiori garanzie di sicurezza per gli ex guerriglieri.

Oltre a quello della sicurezza, i movimenti sociali e indigeni denunciano il mancato rispetto dei capitoli riguardanti la sostituzione delle coltivazioni di coca e la riforma agraria. Il 2020 è stato infatti un anno di grandi manifestazioni a Bogotà per chiedere l’implementazione degli impegni presi dal governo e la fine della repressione contro i movimenti.

Federico Larsen

da il manifesto