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Colpo di stato alla francese

Una lettera aperta di generali in pensione sottoscritta da mille soldati in attività avverte Macron: se non reprimerà i movimenti antirazzisti, le forze armate interverranno per «porre fine al caos»

Il 21 aprile scorso, quasi mille soldati in servizio dell’esercito francese si sono uniti a dozzine di generali in pensione per sottoscrivere una lettera che arriva a un passo dall’invocare un colpo di stato contro il governo eletto nel nome del bisogno di «porre fine al caos». Pubblicata su una delle principali riviste francesi di estrema destra, Valeurs Actuelles, la lettera è una chiamata alle armi da parte delle forze militari di destra, e ha già ottenuto il sostegno della leader nazionale del Rassemblement Marine Le Pen.

L’appello inizia dicendo che «l’ora è grave e la Francia è in pericolo», minacciata da «rischi mortali». Nello specifico, questo pericolo è la «disintegrazione», la perdita dell’integrità che si riteneva senza tempo della Francia dei tempi andati. Chi e cosa incolpano per questa disintegrazione i firmatari? Chi ha seguito l’ascesa del nazionalismo di destra e del nativismo nel nord del mondo, non si stupirà che i colpevoli identificati dai militari sono antirazzisti e non-bianchi, in particolare coloro che praticano l’Islam.

Qui, l’articolo supera ogni patina della variante «senza colore» del razzismo tipica del discorso pubblico francese, e i disgustosi discorsi da pappagallo dei nazionalisti bianchi. Sostiene che i musulmani, invece di essere legittimi cittadini o residenti in Francia, sono un’«orda» di stranieri le cui ideologie e pratiche minacciano l’identità naturale della Francia. I firmatari affermano che gli spazi urbani che circondano diverse grandi città francesi sono state trasformate dai loro residenti non bianchi in zone di «illegalità» che scuotono le fondamenta della Repubblica francese. Rimproverano i politici per la loro presunta inazione e timidezza – nonostante decenni di abusi da parte della polizia e delle forze dell’ordine – e sostengono che l’esercito non possa restare a guardare e permettere che ciò continui. La presenza stessa delle minoranze è una minaccia per la nazionalità francese.

L’articolo si conclude con un avvertimento. Poiché «la violenza aumenta ogni giorno», a meno che il governo francese non faccia come suggeriscono i soldati e non si opponga duramente non solo al crimine ma all’esistenza stessa dei residenti francesi non bianchi, i soldati e i loro «camerati» saranno costretti a organizzare un «intervento», una «missione pericolosa per proteggere i valori della civiltà [francese]». È l’unico modo per evitare una «guerra civile», e i politici sono ritenuti responsabili delle vittime che ne deriverebbero.

Questa minaccia in Francia ha alcuni precedenti: in effetti, l’attuale Costituzione trae origine da un tentativo di colpo di stato avvenuto nel 1958. Durante la guerra coloniale in Algeria, un gruppo di alti ufficiali esercitò la pressione dei militari per far cadere la Quarta Repubblica parlamentare e riportare al potere il generale Charles de Gaulle. Poi, il 21 aprile 1961, con la battaglia per l’Algeria francese quasi persa, un’ulteriore cospirazione dei generali tentò un colpo di stato contro De Gaulle. I ribelli militari occuparono diverse città algerine in nome della loro giunta e fecero persino atterrare paracadutisti negli aeroporti della Francia continentale prima che venissero fermati da altre forze dell’esercito francese.

Il fatto che i firmatari dell’articolo di Valeurs Actuelles abbiano scelto di pubblicare il loro articolo in occasione del sessantesimo anniversario di quest’evento – così come l’analoga propensione per la violenza antimusulmana e razzista – rende ancora più concreta la loro minaccia di un intervento nella politica francese. E che questi vertici militari siano anche sostenuti da Le Pen – la leader della destra francese e quasi certamente la principale oppositrice di Macron alle elezioni presidenziali del 2022 – significa che la loro posizione può avvalersi di un sostegno che ai generali del 1961 presumibilmente mancava.

Avvelenare la democrazia

È troppo presto per dire cosa ne sarà della pubblicazione di questa lettera o del sostegno di Le Pen. Secondo alcuni sondaggi la maggioranza degli intervistati sosterrebbe la lettera e i suoi autori. Il governo ha risposto seccamente, avvertendo che i firmatari potrebbero essere perseguiti penalmente. Anche ai membri delle forze armate in pensione non è concesso di esprimere pubblicamente opinioni politiche o religiose in Francia. Qualunque sia il risultato di questo intervento di destra, si tratta di un perfetto esempio della persistenza dei tentativi di colpo di stato e di altri sconvolgimenti a distanza di molto tempo anche nelle democrazie più affermate.

Anche in Europa, ci sono stati diversi colpi di stato militari nella Grecia del dopoguerra, e solo nel 1981 c’è stato un tentativo di colpo di stato in Spagna, subito dopo la restaurazione della monarchia costituzionale. Entrambe queste rivolte militari hanno fatto eco alle lunghe storie di guerra civile e violenza politica dei loro paesi. In America latina, il colpo di stato del 1973 contro il presidente socialista Salvador Allende in Cile impedì governi civili per quasi due decenni, ponendo fine a quello che all’epoca era uno dei sistemi elettorali e parlamentari più longevi del mondo – con molti più anni di governo democratico nel diciannovesimo e ventesimo secolo rispetto, ad esempio, alla stessa Francia.

La lezione è che, indipendentemente dal fatto che un colpo di stato abbia o meno successo, le sue conseguenze si riverberano nella politica nazionale per anni, addirittura decenni. I politici vivono con la consapevolezza che la loro posizione non è solo contestata ma minacciata violentemente dai militari e dalle milizie, e sentono una reale pressione a cedere alle loro richieste.

Questo avvertimento è particolarmente rilevante negli Stati uniti, che all’inizio di quest’anno hanno visto la prima minaccia credibile al suo funzionamento come democrazia (per quello che è) dai tempi della Guerra Civile. Nonostante i procedimenti giudiziari contro coloro che hanno partecipato all’assalto al Campidoglio, questo evento ha cambiato il tono della politica statunitense. Indipendentemente dal fatto che gli eventi di quel giorno avrebbero potuto effettivamente avere la meglio sul governo eletto negli Stati uniti, quello era il loro obiettivo. E quando l’ala destra antidemocratica impara il potere della violenza politica, la lezione riecheggia per generazioni.

Così come al colpo di stato francese del 1958 seguì quello tentato nel 1961, gli eventi del 6 gennaio 2021 costituiranno un precedente che la destra non dimenticherà presto. L’opposizione organizzata ai diritti degli oppressi, delle persone non bianche e della sinistra può essere affrontata solo con il potere organizzato di coloro i cui diritti sono minacciati e le cui vite sono in gioco. Restare forti di fronte a quel pericolo è difficile. Ma innumerevoli esempi dimostrano che tale resistenza è possibile e necessaria.

Craig Johnson sta svolgendo un PhD in storia a Berkeley. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è cura della redazione di Jacobin Italia.