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Con le mani, con la testa, col cuore: lettere notav dal carcere.

Qui di seguito il lavoro di intervista e trascrittura di alcune domande/risposte fatto dai redattori di radiocane.info ad alcuni dei compagni notav ancora detenuti in carcere. A a questo link la pagina originale (http://radiocane.info/cronache-dal-fronte/1197-con-le-mani-con-la-testa-col-cuore-lettere-notav-dal-carcere.html ).

Riproduciamo interamente le tre lettere colà scaricabili perché ci sembra valorizzino appieno – nella differenza di provenienze, vissuti, letture – le peculiarità politiche di questi 3 compagni detenuti




Mau

Vi sembrerà strano ma affrontare un’intervista è pur sempre mettere insieme un bilancio, una riflessione; è un fermarsi, voltarsi indietro, al passato. Mentre qui sono stato catapultato in un crogiuolo che trapassa ogni settimana centinaia di persone in gran parte segnate a fuoco dalla guerra, dalle tasse, dal licenziamento, dalla paga sempre più arida…Persone spesso immigrate che in genere non hanno che paura, timore dei pestaggi subiti nel viaggio fin qui e anche qui, voglia di sfamarsi, vestirsi, lavarsi, USCIRE.

Invece trovano anche una sorte di presa di distanza da parte della gente italiana, anche questa da capire, affrontare, altrimenti tutto si impesta e diviene incomprensibile se vai di fretta. Eppure la quotidianità incalza, il carcere vuole la testa di chi avvinghia, gliela vuol far abbassare, in un modo o nell’altro, a tutti i costi, compreso quello della vita.

Questa è la realtà, vi torna? Anche la notte scorsa c’è stata una persona uccisa, Da che cosa? Dal carcere. Che fai? Prendi nota nella testa, ma devi reagire perché l’intimidazione si generalizza, continua ad impedire, o comunque fortemente ad ostacolare, il predominio della ragion di stato, dal capitalismo &Co. Che qui è pratica, scopo, finalità dell’apparato contro chi si ribella, pensa e agisce per rapporti liberati ecc ecc…

Ecco, sono preso da tutto questo.

Qui pochissime persone sanno cosa sia la Tav e il No Tav, l’art. 18 certamente pensano possa riguardare qualche codice. Non c’è un giornale, una TV, una radio che parli loro delle difficoltà: penali, affitto, lavoro, scuole, igiene, sanità, cura delle persone e via di questo passo. Le nostre iniziative raramente li toccano perchè sono troppo generiche: ma in fondo il fitto fluire e defluire rende impossibile che un rapporto o anche dieci, possa trasmettersi per esempio all’etnia africana che transita qui. Ma sono qui, non posso essere dove mi pare meglio, poi? non mi prendo una simile responsabilità e penso non me lo permetterete, nonostante l’intervista, che si può sempre fare, su una situazione di sintesi. Un abbraccio forte, a presto.

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Giorgio


Quali aspetti ti sembra debbano essere messi in risalto come specifici della situazione attuale che ti trovi ad osservare e del trattamento cui sei stato sottoposto in questa circostanza, anche in relazione alle lotte che sono proseguite all’esterno?


Le riflessioni che posso fare si basano sulle breve permanenza nel grande carcere metropolitano delle “vallette”, durata una decina di giorni e quella ancora in corso e più prolungata a Saluzzo.

Le Vallette con i suoi 1500 detenuti in media, con 3 diversi bracci, con un viavai di guardie e detenuti, con un ricambio più continuo, col rumore più forte nell’aria. Il blocco C era costituito da dodici sezioni. Ogni sezione aveva 20/25 celle. Due detenuti per cella. Una cinquantina di detenuti per ogni sezione. La composizione della sezione era variegata dalle varie etnie presenti. Facendo una frettolosa analisi mi sono fatto l’idea che i “magrebini” sono più portati a gesti individuali e autolesionisti, i “rumeni” a sopportare stando insieme, i “neri” più disponibili a pensare collettivamente. Infine gli “italiani” che danno la colpa alle altre etnie della situazione. Tutti, in modo diverso a lamentarsi. Nessuno, chi per un motivo chi per un altro, a porsi il problema del che fare per cambiare. All’aria si andava 3 sezioni per volta insieme. In quel periodo nevicava e il freddo era gelido quindi non si può fare valutazioni complessive, ma credo che con 150 detenuti si potesse intavolare qualche confronto. Eporsi, discutere, dare senso alle istanze che nascono è comunque una delle strade per fare ripartire un percorso minimo di protagonismo nelle prigioni di questo paese.

In ogni caso dalle Vallette siamo stati trasferiti subito, abituati ai tempi frenetici dell’agire politico fuori ci siamo “esposti” in maniera frettolosa. Lo spavento del direttore del carcere, le decisioni del D.P.A. hanno portato al trasferimento di sei NOTAV in sei diversi istituti penitenziari della regione con il timbro “alta sorveglianza”.

Sono arrivato a Saluzzo qui è tutto più “pulito, lindo e professionale”. Tutta l’organizzazione burocratica del sistema, con le sue specializzazioni i suoi livelli variabili di sorveglianza capillare tutti tesi all’assoggettamento del prigioniero dentro i meccanismi dei benefici e della premialità.

A Saluzzo ci sono due sezioni di alta sorveglianza con detenuti con condanne pesanti (ergastolo a 30 anni) e altre 4 con detenuti “definitivi” a pene minori.

La sezione dove siamo noi è anomala, era quella adibita all’isolamento, nel corso degli anni è diventata per gli “indagati” (in attesa di giudizio) rimanendo però con il regime e gli spazi propri dell’isolamento. Regime ferreo, l’aria è divisa in cubicoli, uso continuo del metaldetector, controllo individuale, qualche volta, di una guardia seduta per due ore davanti al tuo cortiletto/box all’aria e naturalmente esclusione da tutte le attività ricreative e sportive del carcere.


C’è uno specifico frammento di vita quotidiana in carcere che ti è capitato di vivere e di cui hai voglia di parlarci?
Un frammento piacevole sono i “vecchi” rapinatori di banche e uffici postali, appartenenti alle famose batterie degli anni 70/80 che non appendono mai le scarpe al chiodo, hanno oramai 60/70 anni, hanno passato decine e decine di anni in galera, vivono dei ricordi d’oro degli anni passati, quelli delle rivolte, delle evasioni.

Alle Vallette c’è ne uno chiamato TEPEPA che ha 74 anni, è lì e non capisce perchè visto l’età, nel frattempo gli sono giunti 10 anni per rapine dal tribunale di Mondovì tre anni orsono è stato arrestato con un borsone carico di armi divise e manette.


C’è uno specifico frammento di memoria della lotta NO TAV cui hai partecipato e di cui hai voglia di scriverci?

salto la domanda


Cosa ne pensi del fatto che il movimento a seguito dei vostri arresti, continua, e anzi, ha avuto una forte spinta propulsiva?

Vuol dire che negli anni passati abbiamo avuto la capacità passo dopo passo, di costrire relazioni sociali, strutture, livelli di partecipazione, ambiti popolari e di classe in cui ci si confronta, sapendo che la repressione è un aspetto esterno della lotta calato dalla magistratura per indebolirci e ricattarci, nostro interesse e invece l’opposto, il movimento e la mobilitazione devono rafforzarci nel legame di solidarietà con i prigionieri che ne sono parte integrante, senza nessuna differenziazione tra di loro usando le categorie fuorvianti dell’innocenza e della colpevolezza.

Già l’arresto del consigliere comunale e del barbiere di Bussoleno si sono rivelati un autogol per l’impianto accusatorio che voleva dimostrare una diversità tra NOTAV della valle ed esterni, tra supposti NOTAV buoni e cattivi. Per noi strutture autonome è stata un ulteriore conferme di una proposta politica che valorizza come nodi centrali il ruolo dell’organizzazione e della soggettività nei movimenti e nei processi di trasformazione. Internità forte nei movimenti, nelle lotte, senza nessuna concessione alle narrazioni esistenziali o di affinità inconcludenti che si riproducono in quelle città o territori in cui latitano alterità e contropotere.


Il fatto che siete stati arrestati per aver preso parte alla lotta NO TAV , ha influenzato la percezione degli altri detenuti nei vostri confronti?


E’ una novità, non sono abituati all’arrivo di detenuti che lottano per raggiungere obiettivi sociali e non abbiano alcun tornaconto personale, alcuni pensano persino che la loro carcerazione sia giusta e stiano espiando una pena mentre la nostra viene vista come un’ingiustizia, una persecuzione, dando per scontato che usciremo presto. Molti sopravvalutano il peso dei NOTAV, sperando che l’eventuale appoggio del movimento possa portare a una attenzione mediatica sui problemi del carcere e sulla necessità di un’amnistia che è la richiesta che unisce tutti.


Come è stata e viene vissuta la situazione di Luca all’interno del carcere? Come è rimbalzata la notizia di quello che gli era accaduto?

La notizia è rimbalzata velocemente, nel giro di alcune decine di minuti si è capito la gravità “dell’incidente”, creando una notevole apprensione tra tutti, i detenuti chiedevano in continuazione informazioni basandosi su quelle che gli davo attraverso radio black out (a Saluzzo si sente benino). Nei giorni seguenti hanno continuato a chiedere informazioni sul suo decorso Tutti gli augurano una pronta guargione e adesso possiamo firlo forte: la fortuna gli è stata particolarmente vicina.


Come è percepita all’interno del carcere la lotta NO TAV?

Naturalmente sono solidali e parteggiano per il movimento no tav, sono stupiti per la forza, il coraggio e la determinazione espressi, alcunii rimangono scettici sulla possibilità alla fine di vincere, a tutti noi il compito di smentirli.


Fuori si sta pensando ad una campagna di liberazione dei prigionieri NO TAV, dentro cosa ne pensate?

A me sembra che fuori si sia messa in moto una campagna popolare per rafforzare il contatto tra la comunità in lotta e i prigionieri, decine di iniziative di sosteno si sono susseguite, mentre l’operazione repressiva perde i pezzi per strada, la strada è ancora lunga, ma il passo con cui la affrontiamo mi sembra quello giusto.


CIAO GIORGIO

Un abbraccio a tutti e tutte

*se avete materiali di movimento o libelli di vostra pubblicazione riguardo ai problemi carcerari PER FAVORE SPEDITEMELI

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Marcelo 

Quali aspetti ti sembra debbano essere messi in risalto come specifici della situazione attuale che ti trovi ad osservare e del trattamento cui sei stato sottoposto in questa circostanza, anche in relazione alle lotte che sono proseguite all’esterno?


Il movimento NO TAV va avanti anche senza di noi, questa perchè al suo interno non ci sono capi, ma c’è un’eterogeneità di singolarità che hanno preso partito in questa lotta. Un altro aspetto importante è che a ribellarsi non c’è solo la comunità valsusina, ma un intero paese, la solidarietà arriva da ogni angolo dell’Italia e anche dall’estero. La Val di Susa in questo momento è ovunque. Caselli dice che ciò che questa inchiesta va a contestare sono dei fatti d’illegalità specifici. Io dico invece che ciò che ha cercato di attaccare è non solo il movimento NO TAV, ma ogni lotta che c’è in Italia e che potrebbe svilupparsi nel futuro immediato visto la crisi ormai irreversibile del sistema economico politico italiano. I nostri arresti sono un messaggio chiaro a tutti coloro che hanno smesso d’indignarsi e si organizzano dal basso, in autonomia e senza mediazioni. Un altro aspetto che la magistratura ha cercato di colpire sono i legami affettivi, non bisogna dimenticare che ognuno di noi fuori ha famiglia, amici, compagni, mariti, mogli, figli. E’ questo il lato più infame della repressione. Bisogna però essere ciechi per non accorgersene che questa inchiesta ha avuto l’effetto contrario. Il carcere è un terreno di lotta e qui continuo a lottare quotidianamente insieme ai tanti proletari sepolti vivi qui dentro. Il mio morale rimane alto, rimango lucido e sereno.


C’è uno specifico frammento di vita quotidiana in carcere che ti è capitato di vivere e di cui hai voglia di parlarci?

Settimane fa giocavo a calcio insieme ad altri detenuti, dopo quindici minuti di gioco la palla è andata fuori. Le guardie non hanno fatto uscire nessuno per andarla a prendere e ci hanno detto che la partita era finita. Il sesto raggio ha la possibilità di giocare a calcio due volte alla settimana, è l’unico momento vero di socialità e ricreazione. La risposta è stata immediata e spontanea. Tutti abbiamo iniziato a prendere a calci la porta e a gridare e a insultare le guardie, queste sono arrivate in branco e hanno chiesto con prepotenza chi era stato, la risposta è stata TUTTI. I secondini sono andati in panico e sono andati a riferire tutto al loro capo di turno che dopo 10 minuti è tornato con la palla e ci ha fatto un discorso patetico sul rispetto e altre fesserie. E’ stato un momento emozionante che mi ha fatto riflettere, in carcere non succede mai niente, regna la polizia e quindi ho paura. Vedere che anche in carcere quando insieme ci si ribella alle ingiustizie in modo determinato e si è coscienti che ciò che andiamo a riprenderci è la nostra libertà, la nostra vita, possiamo ottenere tutto quello che ci corrisponde. Questa volta è stato un pallone, domani chi sa…


C’è uno specifico frammento di memoria della lotta NO TAV cui hai partecipato e di cui hai voglia di scriverci?

La vita quotidiana al campeggio di Chiomonte l’anno scorso.Arrivavi in stazione e ti sembrava di essere arrivato al paese delle meraviglie, l’area era diversa e non solo perchè ti trovavi in montagna, ma perchè si respirava solidarietà e libertà ad ogni angolo.Al campeggio lasciavi il portafoglio intenda e ti dimenticavi della tua identità. Lavoravi, discutevi, lottavi, a volte anche ti ubriacavi con persone che non avevi mai visto, ma ti sembrava di conoscerli da una vita. Tornavi a Milano e pensavi come cazzo si chiamavano? questo perchè l’unica identità e appartenenza era la NO TAV. La vita si basava tutta sull’autonomia e l’autorganizzazione. Questo è quello che provi a fare in città e che vivi in piccolo, lì lo vivevi nella sua massima espressione.Parlo al passato perchè racconto un ricordo, ma tutto ciò che ho descritto lo si vive anche fuori dai campeggi che ci sono stati nell’estate scorsa. La vita in comune e la riappropriazione della della vita sono insieme al coraggio dei NO TAV il cavallo di troia del movimento.


Cosa ne pensi del fatto che il movimento a seguito dei vostri arresti, continua, e anzi, ha avuto una forte spinta propulsiva?

E’ il risultato del lungo lavoro fatto dai valsusini e dai compagn*. Il si parte e si torna insieme non è solo uno slogan, ma la realtà che lo stato non riesce a capire fino in fondo e che gli arresti ha cercato di spaccare, cioè la solidarietà, la fiducia, la memoria di ogni momento vissuto nella lotta quotidiana.Si sapeva che non sarebbe stato facile, che lo stato con la bandiera sporca di sangue della democrazia avrebbe fatto di tutto per vincere, ma quel A SARÀ DURA rimbomba come un tuono in ogni città, ovunque ci sono state iniziative e prese di posizione sugli arresti e ovunque si continua a dire NO alla TAV, no alla sopravvivenza, si alla vita.

Il fatto che siete stati arrestati per aver preso parte alla lotta NO TAV , ha influenzato la percezione degli altri detenuti nei vostri confronti?

Non tanto perchè i mezzi di comunicazione dello stato non dicono le cose come stanno, quando parlano dei NO TAV sembra che parlino di ALQAEDA. I detenuti si interessano di politica solo per vedere se prima o poi parlano d’amnistia o d’indulto. Quando hanno capito che ero dentro per fatti politici mi hanno chiesto se potevo fare qualcosa mper l’amnistia o l’indulto, questa è stata la loro prima impressione, poi parlandoci ho spiegato come la penso e che comunque io posso dare il mio contributo in qualsiasi lotta dal basso, mettendo in chiaro che lo stato non regala mai niente e che qualsiasi cosa si può ottenere se tutti insieme ci organizziamo con determinatezza. Ovviamente sono tutti solidali con il movimento NO TAV, qui viviamo sulla nostra pelle le contraddizioni e la malizia dello stato, quindi nessuno si schiera dalla sua parte.


Come è stata e viene vissuta la situazione di Luca all’interno del carcere? Come è rimbalzata la notizia di quello che gli era accaduto?

Quel giorno è stato molto brutto, ho cercato d’incontrare Mao e Nic per parlare sull’accaduto e vedere se potevamo fare qualche protesta in solidarietà a Luca, purtroppo non sono riuscito a incontrarli. Qualche detenuto mi ha chiesto cosa era successo, ma di più no. Ogni tanto mentre davano il telegiornale si sentiva qualcuno che urlava VAI NO TAV. Personalmente non mi sono mai sentito impotente come quel giorno, sono contento che Luca ce l’ha fatta e che ora si sta riprendendo piano piano. FORZA LUCA.


Come è percepita all’interno del carcere la lotta NO TAV?

Come ho spiegato prima è difficile capire bene cosa sta succedendo in Val di Susa e in tutta italia guardando la TV e leggendo i giornali, faccio fatica anch’io a capire le cose, questo perchè i media hanno la facoltà di mentire con una facilità incredibile. Ricordo ancora che hanno fatto vedere per una settimana il video di quel ragazzo che prendeva in giro il celerino, ciò che hanno detto su quell’episodio è stato allucinante per la naturalezza con cui argomentavano le loro deboli posizione che però vista in TV può può ingannare facilmente.

  

Fuori si sta pensando ad una campagna di liberazione dei prigionieri NO TAV, dentro cosa ne pensate?

Ciò che avete fatto finora è grandioso, se poi c’è la volontà di fare una campagna più ampia e specifica per la nostra liberazione non possiamo che essere contenti. La cosa importante è non dimenticare che il 3 luglio ci sono stati anche altri arresti e che anche loro hanno difeso la Val di Susa. Vorrei anche chiedervi di non concentrare tutto il discorso politico su di noi, ma approfittare per rilanciare la lotta contro il carcere e la solidarietà verso chi deve subile la violenza dello stato in questi posti disumani.


Premessa: sei arrivato in Italia da bambino, entrato in carcere abbiamo saputo che ti hanno messo da subito in cella con dei tuoi connazionali; hai avuto modo di ritrovare le tue radici?

Sono arrivato nel “bel paese” a 17 anni ero già adolescente, poi chi mi conosce sa che io difendo e cerco d’imporre le mie radici e tradizioni ovunque.Allora seriamente, il fatto di stare in cella tutto il giorno con le stesse persone ti fa o odiarle o affezionarti a loro, per me vale la seconda. A volte mi sembra d’essere in sud america e no in Italia, questo perchè parlo sempre spagnolo e sto avendo modo di ricordare e vivere delle abitudini che non vivevo da tanto, ma tutto si è verificato in totale naturalezza perchè non ho mai dimenticato chi sono e da dove vengo. La cosa importante non è però la nazionalità dei tuoi compagni di cella, ma la qualità umana, questa permette di vivere il carcere con più serenità. Abbiamo tutti delle storie diverse, ma si fa fronte comune contro la noia e la depressione.


Secondo la profezia dei Maya il 21/12/2012 il mondo scomparirà: secondo voi le carceri rimarranno ancora in piedi?

Noi siamo Inca e no Maya, noi avevamo i lama, i maya la ruota, purtroppo non ci siamo mai incontrati se no altro che civiltà greca e impero romano, adesso al posto di Dio avevamo Pachamama e l’immortale Atahualpa sarebbe ancora al potere a ballare reggeaton. Le carceri non rimarranno in piedi per due motivi: primo per il sovraffollamento che le farà cadere prima di dicembre e secondo perchè il carcere come il tav è un’opera inutile e nociva alla vita. Chi semina vento raccoglie tempesta, il livello di sopportazione degli esseri umani che sono qui dentro ha dei limiti. Così come la schiavitù è stata abolita così un giorno questi posti aberranti saranno abbattuti e di loro rimarranno solo maceria.

Ringrazio tutt* per la solidarietà espressa, invio un abbraccio a tutt* i/le NO TAV in giro per l’Italia e per il mondo. La nostra si chiama resistenza, noi dobbiamo essere orgoglioso di lottare contro la violenza dello stato che non guarda in faccia nessuno. Noi ci possiamo guardare allo specchio ogni mattina, non se il giudice Caselli può fare lo stesso, magari si sarà dimenticato della notte del 28 marzo 1980.

A SARA DURA!

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Connuiamo a scrivere a questi compagni!