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Congo: manifestazione dell’opposizione repressa a Kinshasa

Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo): il 20 maggio la polizia ha disperso brutalmente una manifestazione – in precedenza autorizzata – utilizzando gas lacrimogeni e arrestando numerosi partecipanti. L’appello alla protesta era partito dai principali esponenti dell’opposizione (Moïse Katumbi, Martin Fayulu, Matata Ponyo Mapon, Delly Sesanga…).

di Gianni Sartori

Meglio farsene una ragione. Il Congo dei vecchi tempi, quello di Patrice Lumumba (assassinato nel 1961) e di Pierre Mulele (assassinato nel 1968), non esiste e non esisterà più. Era anche quello di un intervento internazionalista (con i Simba nel 1965) di Ernesto Che Guevara, accompagnato già allora da Pombo (Harry Antonio Villegas Tamayo, deceduto all’Avana il 31 dicembre 2019 all’età di 81 anni). Dopo la tragica esperienza boliviana, Pombo ritornerà in Africa. Combattendo sia in Angola che in Namibia contro il Sudafrica segregazionista (che aveva occupato la Namibia importandovi l’apartheid e che in Angola sosteneva Savimbi). Tra l’altro mi aveva raccontato che il “Che” diffidava di un allora giovane Laurent-Désiré Kabila. *

Farsene una ragione dicevo. E continuare a cercare, informarsi (e possibilmente informare) su ogni segnale, per quanto modesto, di contraddizione, conflitto, rivolta…

Sui tentativi – sporadici o ricorrenti – di superamento dello stato presente delle cose…

Quindi, si parva licet, riporto la notizia di un episodio di repressione avvenuto in questi giorni a Kinshasa. Il 20 maggio la maggior parte dei partecipanti (qualche centinaio e in anticipo rispetto all’orario stabilito) si era radunata nei pressi di un quartiere popolare, altri sulla strada centrale denominata Kianza. Qui avevano scandito slogan ostili al presidente in carica, Félix Tshisekedi. Ma non appena si erano avviati in corteo venivano pesantemente dispersi. Ufficialmente per “non aver rispettato il percorso stabilito dalle autorità”. Molte delle cariche successive sono avvenute nei pressi dell’Università dove gli organizzatori avevano previsto di tenere i comizi.

Decine di manifestanti (anche qualche ragazzino) sono stati picchiati, trascinati per terra e infine caricati a forza nei furgoni della polizia antisommossa.

Tra i principali organizzatori della protesta “contro la vita troppo cara”, Martin Fayulu, esponente del partito ECiDé (Engagement pour la citoyenneté et le développement) e candidato alle presidenziali già nel 2018. Ottenendoil sostegno dell’ex governatore del Katanga Moïse Katumbi (leader di Ensemble pour la République), dell’ex Primo ministro Augustin Matata (Leadership et gouvernance pour le développement) e del deputato Delly Sesanga (Envol de la RDC). Numerosi soprattutto i sostenitori di Moïse Katumbi, considerato il candidato più favorito (almeno tra i quattro dell’opposizione) alle prossime elezioni presidenziali del 20 dicembre (previsto un solo turno).

Sempre che la società civile sia in grado di impedire all’attuale presidente Tshisekedi (al potere dal gennaio 2019 e candidato alla propria rielezione) di restare comunque al suo posto, magari con la forza.

Tutti presenti alla manifestazione, i quattro esponenti politici non hanno tuttavia nemmeno potuto uscire dalle loro auto, bloccati dalle forze dell’ordine.

Per quanto pacifica, dicevo, la manifestazione è stata repressa in quanto “l’autorizzazione era valida, ma dalla parte opposta della città, a Mbeseke”. O almeno questo è quanto aveva dichiarato il comandante della polizia che ha condotto l’operazione. In realtà anche l’altro corteo (sul percorso concordato con le autorità) sarebbe stato ugualmente disperso quando aveva mostrato l’intenzione di dirigersi verso il Parlamento.

Se le prospettive di cambiamenti radicali nell’Africa sono ormai venute meno, la situazione generale rimane grave, convulsa, irrisolta.

Particolarmente drammatica nell’est della RDC dove lo sfruttamento illegale delle risorse consente, alimenta una proliferazione di milizie e gruppi armati di non chiara natura. Con costi e sofferenze aggiuntivi per le popolazioni (donne e minori in particolare). Oltre a mettere a rischio la sopravvivenza di minoranze etniche (che fine hanno fatto i pigmei?).

Lo hanno ricordato anche recentemente (9 maggio) i rappresentanti della missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione nella Repubblica democratica del Congo (MONUSCO). In particolare da parte degli incaricati per l’embargo sulle armi e del contrasto alle mine anti-persona, richiamandosi alla risoluzione 1533 (2004).

 

* nota 1: https://bresciaanticapitalista.com/2020/10/11/il-che-e-vivo/

 

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