Continua la caccia alle streghe della Procura dell’Aquila con la persecuzione delle donne che non tacciono
- settembre 14, 2016
- in misure repressive
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I carabinieri di l’Aquila hanno perquisito la casa e l’auto di una compagna del mfpr, indagata per il reato di cui all’art. 595 c.p., diffamazione aggravata.
Hanno sequestrato 1 PC fisso, un portatile, uno smartphone e diversi pen-drive, dove si presume possano ritrovare la “lettera diffamatoria”.
Sul mandato non si dice nulla di chi sarebbe la “vittima” del reato, né si specifica in che cosa consisterebbe la “diffamazione aggravata”, tantomeno gli agenti che hanno effettuato la perquisizione hanno voluto dire nulla in proposito, ma sembra chiaro si tratti dello stesso procedimento repressivo intentato nei confronti di una compagna di Roma, anche lei perquisita lo scorso maggio. L’avvocato aquilano di un efferato stupratore l’aveva denunciata per aver diffuso una lettera in cui si diceva che era meglio che il difensore di uno stupratore alla Casa Internazionale delle Donne non entrasse. Grazie anche a quella lettera, un’ampia solidarietà della rete femminista fece sentire forte la sua protesta e riuscì a difendere uno spazio di tutte le donne, nato contro la violenza di genere, dall’ingresso di chi quella violenza aveva agito in perfetto stile di “processo per stupro”
Una criminalizzazione inaccettabile!
La procura di L’Aquila si fa strumento dell’arroganza e vendetta di chi ha difeso uno stupratore nel modo più oltraggioso per tutte le donne e ora vuol farla pagare a chi lo ha mostrato per quello che è. Così si è aperta la caccia, ieri a Roma, oggi a l’Aquila, a chi ha scritto e diffuso quella lettera.
Ma chi ci persegue si illude se crede che le loro accuse possano farci mai tacere.
Le donne che quella lettera hanno condiviso e diffuso sono tante, molte più di quante possano mai perseguirne. Centinaia hanno già risposto all’invito lanciato dal sito ciriguardatutte.noblogs.org/ a sottoscrivere la lettera incriminata e altre ancora lo faranno perché non staremo mai zitte e non ci stancheremo mai di lottare contro gli uomini che odiano le donne, contro le istituzioni che vorrebbero tapparci la bocca, contro lo stato che reprime le donne che si ribellano!
Perché “CI RIGUARDA TUTTE l’efferatezza e la viltà degli uomini che in una notte di febbraio hanno massacrato il corpo e la vita di una donna lasciata sulla neve a morire.”
13/09/16
MFPR
Riportiamo di seguito la lettera incriminata e una breve cronistoria dei fatti (dal sito ciriguardatutte.noblogs.org/):
E’ il 12 febbraio 2012, all’Aquila fa freddo e c’è la neve, nonostante sia passato più di un anno dal terremoto la città è ancora distrutta e presidiata dai militari. Quella sera Rosa viene stuprata fuori da una discoteca a Pizzoli da Francesco Tuccia, uno dei militari dell’operazione “strade sicure” e lasciata ferita e agonizzante nel parcheggio a quattordici gradi sotto zero. Scatta la denuncia e parte il processo, Antonio Valentini, un noto avvocato locale, assume la difesa dello stupratore Tuccia e la gioca tutta sul dimostrare il consenso di lei. Intorno a Rosa si mobilitano centinaia di donne che la sostengono dentro e fuori dal tribunale e che quando l’avvocato Valentini nell’arringa pronuncia le parole “reciproco consenso” per protesta escono tutte insieme dall’aula. Tuccia verrà condannato in tutti i gradi di processo.
13 Novembre 2015, l’avvocato Antonio Valentini viene invitato a parlare al convegno “Verso la cassazione” sulla commissione Grandi Rischi organizzato da un’associazione di Chieti presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma. La cosa non passa inosservata, il nome viene riconosciuto e in molte segnalano la presenza dell’avvocato dello stupratore Tuccia in un luogo dedicato alla politica delle donne. La Casa Internazionale delle Donne scrive una lettera pubblica in cui dichiara che non sarà consentito all’avvocato Valentini l’ingresso alla Casa. Il convegno si svolge regolarmente nell’assenza dell’avvocato Valentini.
18 maggio 2016, in seguito alla denuncia per diffamazione aggravata sporta dall’avvocato Valentini, il pm de L’Aquila firma un ordine di sequestro del computer, pad e cellulare di una donna di Roma che ha diffuso in una chat di facebook una lettera arrivata da L’Aquila e indirizzata alle donne di Roma e alla Casa Internazionale. Una lettera che riportiamo qui sotto, che vi invitiamo a leggere e a firmare, per diventarne tutte idealmente autrici, perché non dice nulla che non diremmo e che non dovrebbero dire tutte e tutti.
Vi invitiamo a firmare perché gli avvocati che difendono gli stupratori cercando di dimostrare che le vittime sono le colpevoli rafforzano e perpetuano una cultura dello stupro per cui “ce la siamo cercata”, “portavamo i jeans” , “lo volevamo”, “abbiamo provocato”, “ci piaceva”, “eravamo in minigonna” ,“eravamo sole”, e il processo si trasforma in una nuova inaudita violenza.
QUESTA LA LETTERA “INCRIMINATA”
“Alla Casa internazionale delle donne
Premetto che sono un’aquilana terremotata e che ho perso persone, luoghi e ricordi a me tanto cari con il terremoto.
Quel che è successo a L’Aquila nel 2009 e oltre non lo dimentico.
Non dimentico la violenza e la militarizzazione con cui lo stato ha cercato di nascondere le sue responsabilità, sorvegliare i terremotati e reprimere chi osava lottare
Non dimentico lo sciacallaggio di comitati politico-affaristico-mafiosi sulla pelle degli sfollati.
Non dimentico le iene che ridevano, ma neanche gli sciacalli che piangevano e dietro quelle lacrime affilavano i coltelli.
La prima volta che ho visto e sentito l’avvocato Valentini fu quando, in un’assemblea al tendone di piazza duomo ribadì quanto scritto sui giornali e cioè che avrebbe assistito gratis tutti gli aquilani terremotati.
Pensai fosse un uomo coraggioso, ma poi ho capito che non era coraggio quello, ma solo un esercizio di potere. Fatto sta che l’avvocato Valentini, con quella mossa, ha acquisito molta popolarità e forse alle amministrative del 2017, se si presenterà, porterà a casa ben più di quel 3,7% che raccolse con “lega italica per L’Aquila” nel 2002.
No, non dimentico quel che è successo a L’Aquila nel 2009 e oltre.
Circa 70.000 militari arrivati da tutta Italia a sorvegliare neanche 35.000 sfollati nelle tendopoli. Erano loro i padroni del territorio, non gli aquilani terremotati.
Quando in una sala stracolma di gente arrivò Bertolaso, fui sola a contestarlo, circa metà sala si rivolse allora contro di me e mi mandarono le guardie: “fatela tacere!” esclamavano.
Erano loro i padroni del territorio, non gli aquilani terremotati
No non dimentico quel che è successo a L’Aquila nel 2009 e oltre.
Quando la notte del 12 febbraio 2012, in una discoteca di Pizzoli (AQ), una giovane donna di 20 anni, “Rosa”, fu stuprata e ridotta in fin di vita da un militare, Tuccia, in compagnia di 2 altri commilitoni del 33° reggimento artiglieria “Acqui”.
Sono loro i padroni del territorio e alcuni sono anche aquilani.
Gli aquilani fanno numero all’Aquila, ma non tutti hanno lo stesso peso. Ora l’avvocato Valentini, che è “amico” di tutti, doveva correggere il tiro e conquistare quelli più potenti, quelli del braccio armato dello Stato. Così si offrì di difendere gratuitamente lo stupratore avellinese Francesco Tuccia.
Alle prime udienze per stupro, le compagne, le donne arrivate da tutta Italia percepirono netta la sensazione che a L’Aquila il militare stupratore si trovava in un ambiente amico
Sono loro i padroni del territorio e molti sono aquilani.
Ricordo che in aula, alla seconda udienza, l’avvocato Valentini, che è amico di tutti, avvicinò il testimone che salvò Rosa da morte certa per offrirgli una “dritta” per una buona occasione di lavoro lontano da L’Aquila.
Ricordo le minacce di stampo mafioso e fascista indirizzate all’avvocata di “Rosa”, Simona Giannangeli: “Ti passerà la voglia di difendere le donne […] Stai attenta e guardati sempre le spalle, da questo momento questo posto non è più sicuro per te”.
Ricordo nettamente la sensazione appiccicosa di schifo e violenza, esercitati sulla mia pelle di donna, alle parole dell’avvocato Valentini: “Tra i due ragazzi vi fu consenso esplicito. La pratica del fisting presuppone una particolare posizione della donna, assolutamente incompatibile con le modeste ecchimosi refertate sulla ragazza e soprattutto con il fatto che aveva, sebbene scesi, i pantaloni addosso”.
Modeste ecchimosi le lacerazioni all’apparato digerente e genitale di Rosa! “Solo” 48 punti per ricostruire le parti interne lese!
Ricordo che uscimmo in massa dall’aula, disgustate e indignate per la violenza che l’intervento dell’avvocato “amico di tutti” evocava.
E ricordo anche che una volta c’era a Roma una casa internazionale delle donne
Uno spazio di tutte le donne, contro la violenza di genere, dove ti sentivi veramente al sicuro e la sorellanza non era retorica o ipocrisia, la sentivi sulla pelle come una carezza, la stringevi nella mano, come qualcosa di prezioso, qualcosa per cui valga la pena “entrare nel merito dei convegni che si ospitano” perché CI RIGUARDA TUTTE l’efferatezza e la viltà degli uomini che in una notte di febbraio hanno massacrato il corpo e la vita di una donna lasciata sulla neve a morire.
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E’ chiaro che l’ingresso di un tale individuo in un posto così è un insulto, una minaccia a tutte le donne e una provocazione: perché proprio alla casa internazionale delle donne?
Mi ci gioco le ovaie se l’idea non è stata proprio sua, dell’avvocato “amico di tutti”
CI RIGUARDA TUTTE –