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Continua la persecuzione giudiziaria nei confronti di Eddi. La Cassazione rigetta il ricorso contro la sorveglianza speciale

Proprio pochi giorno dopo la denuncia della Digos contro Maria Edgarda Marcucci, Eddi, per aver osato prendere pubblicamente la parola a Pordenone, il 25 settembre la Cassazione ha rigettato il suo ricorso contro il provvedimento del Tribunale di Torino che le ha inflitto la Sorveglianza speciale.

Così, dopo la sconfitta in appello nel 2020, anche l’ultimo tassello della giustizia italiana si chiude decretando la “pericolosità sociale” di una delle persone che più hanno ispirato approvazione e ammirazione in Italia negli ultimi anni.

La Cassazione ha affermato che Eddi è pericolosa perché dedita ad attività illecite in Italia, riferendosi a episodi come apericene per chiedere il pagamento dei salari ai lavoratori della ristorazione o verbali di Trenitalia su biglietti non pagati e proteste verso i controllori. Eddi è incensurata.

Anche per questo l’avvocato Claudio Novaro aveva eccepito che se si usano sospetti o ipotesi di reato, magari confezionate dalla polizia politica, per definire la pericolosità della persona, la stessa garanzia di una divisione dei poteri sembra negata.

La Cassazione, come già il Tribunale di Torino, ha riaffermato che invece le regole del “giusto processo” non valgono quando il procedimento pertiene alla sezione speciale che ogni tribunale italiano ha, a settant’anni dalla fine del fascismo: la sezione per le “misure di prevenzione” istituite da Mussolini (1931) ed emendate nelle epoche di Scelba (1956) e Berlusconi (2011).

Ogni anno in Italia migliaia di persone vengono sottoposte a sorveglianza speciale e privati del diritto di muoversi, riunirsi e parlare in pubblico senza accuse e senza processo, sulla base del pronostico che polizia e magistratura formulano sulla loro futura condotta (sulla base di una descrizione della loro “personalità”).

Questa misura viene spesso applicata a persone che vivono nella marginalità sociale e, sempre più spesso, ad attivisti politici. Non mi risultano applicazioni a figure ben note e potenti che hanno già collezionato sentenze e accumulato responsabilità gravissime contro l’intera società, o verso ben noti militanti di estrema destra, o verso ex poliziotti sindaci della Lega che sparano alla gente per strada.

Io credo che i giudici non stiano perdonando a Eddi di aver portato questa norma alla luce del sole, di averla pubblicamente sfidata e rifiutata e di aver mostrato con le parole e con i suoi atti – dalle manifestazioni No Tav e di Non un di Meno in Italia fino ai mesi passati nell’esercito femminile curdo delle Ypj, impegnato contro i jihadisti siriani ed Erdogan – di aver mostrato, dicevo, che per lo stato può essere pericoloso ciò che a chiunque appare ammirevole, giusto e segno di speranza.

Questa storia era iniziata con cinque persone proposte per questa misura perché impegnate nella rivoluzione confederale siriana (quella che ha edificato un’autonomia democratica alternativa ad Assad sconfiggendo l’Isis) tra il 2016 e il 2018. Proprio quando il procedimento è iniziato, nel 2019, il martirio di Lorenzo Orsetti con la stessa uniforme di Eddi aveva condotto l’opinione pubblica dalla nostra parte, mettendo in grave difficoltà la procura di Torino.

I giudici hanno infine deciso di infierire su una sola persona – l’unica donna tra i proposti – affermando che la sua pericolosità non è tanto dovuta all’aver usato le armi in Siria ma all’aver usato la propria voce nelle strade e nelle piazze in Italia. Le sue attività qui, sempre critiche e pacifiche, sono bollate come pura violenza nelle carte dei giudici; i quali naturalmente mentono snaturando pensiero e linguaggio, oppure non sanno in alcun modo di cosa parlano.

Anche ora che si è confermata la volontà repressiva verso la vita di questa donna italiana – verso questa amica; anche ora che la polizia comincia ad imbastire contro di lei ulteriori processi per aver rotto le limitazioni alla libertà di espressione che le sono scandalosamente imposte in base a una norma fascista; ebbene anche ora l’arroganza dello stato contro la voce, la figura e la storia di Eddi è sintomo di una specie di paura.

Non perché sia violenta, ma perché non si è piegata; non perché sia pericolosa per la società – ovvero per tutt* noi! – ma perché denuncia il pericolo di restare in silenzio; non perché sia una criminale, ma perché afferma che non si deve restare passivi – a costo di pagare un prezzo – di fronte ai crimini veri, reali e gravissimi del nostro tempo.

Ora più che mai Eddi non deve essere lasciata sola da chi in questo paese ama la libertà.

Davide Grasso

da facebook