Da qualche tempo si susseguono le manifestazioni, le occupazioni (della sede romana di Amnesty international) e perfino un’interrogazione parlamentare (a firma Peppe de Cristofaro, SI) e alcuni appelli di penalisti e giuristi a favore di un detenuto condannato all’ergastolo ostativo che da sei mesi e mezzo è sottoposto, nel carcere di Bancali (Sassari), anche al regime duro del cosiddetto 41 bis, e che per questo dal 30 ottobre scorso è in sciopero della fame: si tratta di Alfredo Cospito, un anarchico condannato nel 2014 a dieci anni e otto mesi di reclusione per aver gambizzato nel maggio del 2012 a Genova Roberto Adinolfi, Ad di Ansaldo nucleare, azione rivendicata dalla sigla «Nucleo Olga Fai-Fri», che sta per Federazione anarchica informale – Fronte Rivoluzionario Internazionale, e processato successivamente anche per gli attentati dinamitardi alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano avvenuti nel giugno 2006 in orario notturno e senza causare né morti né feriti. A conclusione del processo «Scripta Manent», Cospito fu ritenuto «capo e organizzatore di un’associazione con finalità di terrorismo», la Fai-Fri appunto, e condannato inizialmente a 20 anni di carcere ma poi la Cassazione riqualificò l’accusa di strage contro la pubblica incolumità in strage contro la sicurezza dello Stato – art. 285 del codice penale -, reato che prevede l’ergastolo, anche ostativo, pur in assenza di vittime.
PROTESTE E AZIONI (svoltesi soprattutto a Roma e a Torino) – dicevamo – che supportano la causa politica di Cospito, classe 1967, nato a Pescara e residente a Torino, che per via dello sciopero della fame ha perso più di 20 chili e sta mettendo a rischio la propria salute. Sabato scorso anche il Garante nazionale del detenuti Mauro Palma è andato a Bancali per fare visita all’anarchico: si è intrattenuto con lui in colloquio riservato per oltre un’ora e si è informato con il magistrato di sorveglianza, la direttrice e il personale penitenziario sulle sue condizioni di salute. In attesa che il primo dicembre prossimo il Tribunale di Sorveglianza di Roma tratti il reclamo al 41 bis proposto dai difensori di Cospito, gli avvocati Flavio Rossi Albertini e Maria Teresa Pintus, che si oppongono alle motivazioni con le quali l’allora ministra di Giustizia Marta Cartabia, d’accordo con il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, ha deciso di sottoporre il detenuto al carcere duro. Vedremo tra poco quali sono queste motivazioni.
Ora però la decisione spetta addirittura non più alla ministra la cui riforma garantista è stata bloccata dal governo Meloni, ma all’attuale Guardasigilli Carlo Nordio. Dovrebbe essere lui a decidere che non è giusto sottoporre Alfredo Cospito ad un regime che pretende di isolare dall’esterno e dagli altri detenuti il condannato sottoponendolo a pene accessorie di dubbia costituzionalità al fine di interrompere il rapporto con l’organizzazione criminale, terroristica o eversiva di appartenenza. Dovrebbe essere Nordio – che ha riproposto un testo di riforma dell’ergastolo ostativo di segno opposto alle richieste della Corte costituzionale – a dire che aveva torto la ministra Cartabia quando sosteneva che Cospito ha mantenuto collegamenti con la Federazione anarchica informale. Aveva torto semplicemente perché quell’organizzazione non esiste più o non è mai esistita, come ribattono sostanzialmente i suoi avvocati. Oppure dovrebbe riconoscere che la fattispecie di reato di cui è stato accusato Cospito «non è stata contestata nemmeno agli autori degli attentati che uccisero i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino», secondo la linea difensiva. Dovrebbe, ma non sarà facile.
SECONDO IL DECRETO di applicazione del 41 bis firmato da Cartabia, Cospito è «in grado di mantenere contatti con esponenti tuttora liberi dell’organizzazione eversiva di appartenenza», e «l’associazione eversiva, alla quale il predetto detenuto appartiene, è tuttora operante sul territorio e in particolare risulta dedita alla commissione di gravi delitti».
IN TUTTI QUESTI ANNI, prima di essere sottoposto al 41 bis, infatti – ed è la “ragione” anche dell’ostatività dell’ergastolo – Cospito, che non si è mai pentito, ha mantenuto una fitta corrispondenza con altri anarchici, ha scritto due libri e numerosi articoli su riviste di movimento. «Un’attività interamente pubblica che viene dallo stesso apertamente diffusa all’esterno, ovvero inviata alle assemblee o ai giornali anarchici, e che viene poi a sua volta altrettanto pubblicamente divulgata da questi ultimi attraverso il web, nei notori siti d’area ovvero di controinformazione», sottolineano i legali che negano perciò che ci fosse da parte di Cospito qualsiasi intento «istigatorio», come interpretato dalla ministra, mentre invece si tratterebbe di «mero proselitismo». Inoltre, secondo la linea difensiva, da un lato mancano «elementi sulla scorta dei quali fondatamente ritenere che la “Fai – associazione” sia attualmente operativa», essendo passati 16 anni dagli attentati dinamitardi per i quali Cospito è stato condannato, e dall’altro è «notorio che il movimento anarchico rifugge in radice qualsiasi struttura gerarchica e/o forma organizzata, tanto da far emergere il serio sospetto che con il decreto ministeriale si voglia impedire l’interlocuzione politica di un militante politico con la sua area di appartenenza piuttosto che la relazione di un associato con i sodali in libertà».
PURTROPPO PERÒ anche nel nome di Cospito, insieme ad altri «detenuti politici», sarebbe stato rivendicato un attentato dinamitardo (anche questo senza vittime né feriti) compiuto nel 2016 a Brescia, alla Scuola di polizia, e firmato da una sigla fino ad allora sconosciuta: «Acca», aderente alla campagna «per un Dicembre nero». Una frase, quest’ultima, con la quale vengono firmate da anni – almeno dal 2014 – le azioni incendiarie di «Anarchia combattiva/Fai-Fri», la «croce nera» anarchica insurrezionalista nata nelle carceri greche che combatte – soprattutto in Grecia – «contro il mondo del Potere» e per la liberazione dei «prigionieri politici».
Alfredo Cospito – diciamolo chiaramente – non è in nessun modo riconducibile a queste azioni. E se malgrado il 41 bis le mafie non sono state sconfitte, ancora meno il carcere duro potrà nei confronti di un arcipelago così frastagliato come quello anarchico.
da il manifesto