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Continua lo sciopero della fame di Anna e Silvia, detenute nella sezione di alta sicurezza ( As2) del carcere de L’Aquila

Detenute nell’alta sicurezza all’Aquila protestano per il regime simile al 41 bis. Sono anche costrette a vivere in una cella di 50 mq insieme con una donna condannata per terrorismo islamico

Sono oramai 23 giorni che le due detenute anarchiche Anna Beniamino e Silvia Ruggeri non mangiano più per chiedere la soppressione delle rigide regole, le quali teoricamente dovrebbero essere applicate solo per chi è al carcere duro. Le due donne, infatti, non sono recluse al 41 bis, ma nella sezione di alta sicurezza ( As2) del carcere de L’Aquila. Una sezione, piccola quanto un appartamentino, che un tempo venne utilizzata per le donne al 41 bis, poi chiusa negli anni 80 proprio per la sua struttura del tutto inadeguata per far rispettare la dignità, minima, dei detenuti. C’è ad esempio Anna, detenuta in custodia cautelare dal 6 settembre 2016, che è stata trasferita il 6 aprile 2019 nella sezione AS2 del carcere de L’Aquila. È una sezione piccola, di circa 50 mq e con lei e Silvia, vi è reclusa anche una donna condannata per terrorismo islamico.

Una convivenza forzata, che unisce due detenute anarchiche con una ritenuta appartenente al radicalismo di tipo islamista. Ciò appare, agli occhi delle due detenute, come una ulteriore vessazione, perché va contro le disposizioni dell’ordinamento penitenziario e le numerose circolari del Dipartimento sulla collocazione dei detenuti in base a criteri di omogeneità, al fine di evitare influenze nocive, ma anche possibili scontri date le posizioni politiche e culturali completamente contrastanti ed incompatibili. «Dal primo giorno – si legge nel reclamo presentato da Caterina Calia, l’avvocata di Anna Beniamino – è stato chiaro come in tale istituto non vigessero le stesse regole che invece venivano applicate nelle sezioni AS2 di Latina e Rebibbia dove la predetta è stata ristretta per due anni e mezzo senza incorrere in un solo rapporto disciplinare». Ma quali regole ci sono, tanto da incidere – come denuncia l’avvocata Calia – «su diritti fondamentali, quale quello alla salute e ad una detenzione dignitosa e rispettosa dei diritti delle persone private della libertà, finendo per svuotare di senso e contenuto i diritti che apparentemente vengono rispettati, quale quello dell’accesso all’aria o alla cosiddetta saletta della socialità» ?

È consentito detenere in cella solo quattro libri e tre riviste oltre eventualmente a Corano o Bibbia; così com’è consentito un numero predeterminato di capi di biancheria e abbigliamento nonché di utensili per cucina nello stesso numero previsto per il 41 bis ( una pentola, un bollilatte, un coperchio in lega leggera ed una padella) con conteggio bisettimanale degli stessi e confronto con l’elenco stilato all’ingresso. È vietato scambiare una maglietta, un libro o altri oggetti di modicissimo valore, tanto meno regalarli anche previa domandina. È vietato portare all’aria o nella saletta “socialità” qualsiasi oggetto all’infuori dell’acqua, del tabacco e dell’accendino: niente libri, carta, penna, asciugamani o tappetino ( questi ultimi previsti addirittura dalla circolare Dap per i detenuti in 41 bis). C’è il divieto di detenere la radiolina ( peraltro acquistata dentro al carcere di Rebibbia) con modulazione di frequenza FM, ammessa invece in tutte le sezioni AS2 ( come per il regime del 41 bis in cui è consentita solo la radio senza modulazione di frequenza). Vietato anche utilizzare lettori per Cd musicali, e quindi di ascoltare la musica che si vuole. Come se non bastasse c’è il divieto di acquistare una sveglia e con l’assenza di un orologio dentro la sezione, di fatto, c’è l’impossibilità di conoscere l’orario.

Ma le restrizioni non finiscono qui. C’è anche una forte presenza di controllo, molto invasiva. Una presenza fissa di due agenti anche quando si svolgono i colloqui con medico, infermiere o educatore. Vengono effettuate 15- 16 perquisizioni con metaldetector ogni giorno, ossia ogni qualvolta escono e rientrano in cella, anche nei casi in cui non c’è alcun contatto con le altre ristrette, ad esempio quando varcano di mezzo passo il cancello della cella per prelevare il vitto dal carrello alla presenza di due/ tre agenti o quando, con le medesime modalità, vengono accompagnate in doccia. E a tal proposito, l’accesso in doccia è consentito solo ad orario predeterminato, il quale combacia con la prima ora d’aria della mattina: le detenute sono così costrette a scegliere se fare l’ora d’ aria o la doccia, non essendo consentito accedere all’aria 20 minuti dopo l’orario previsto. Anna e Silvia, come detto, sono in sciopero dalla fame dal 29 maggio per chiedere la fine di questo trattamento simile ai reclusi del 41 bis. Che senso ha un trattamento del genere che è riservato addirittura nelle cosiddette aree riservate del 41 bis ( più volte stigmatizzate dal garante nazionale delle persone private della libertà), quando, sulla carta, l’alta sicurezza non può significare diversità del trattamento penitenziario rispetto al resto della popolazione detenuta?

Damiano Aliprandi
da il dubbio