Controllo Sociale: Le intercettazioni ci sono costate 1,5 miliardi
Ottocentoventisettemila intercettazioni in sei anni, per una spesa di quasi un miliardo e 400mila euro: è questo il dato che emerge dal report “Il Grande Orecchio della giustizia in Italia”, stilato da Demoskopika, che ha analizzato i numeri degli anni 2009-2014.
Negli ultimi sei anni, dal 2009 al 2014, il numero dei bersagli, come vengono chiamate in gergo le utenze controllate, ha superato significativamente la soglia degli 800 mila casi con un incremento, nel periodo considerato, pari al 4,1 per cento. Un Grande Orecchio messo in campo dalla giustizia italiana che avrebbe, nel periodo considerato, posto in ascolto circa 3 milioni di italiani con una stima media annuale che coinvolgerebbe almeno 490 mila individui. Un “mercato dell’ascolto” ottenuto calcolando che per ciascuna persona che si vuole intercettare necessita mettere sotto controllo un numero di 5 telefoni (bersagli) e ipotizzando che ogni persona intercettata parli con almeno altre 20 persone nell’arco del periodo nel quale le conversazioni sono “ascoltate”.
Ammontano a 1.358 milioni di euro, inoltre, i costi complessivi realizzati per effettuare le intercettazioni, messe in campo dallo Stato per contrastare prioritariamente crimine organizzato e malcostume. Campania, Lombardia, Sicilia, Lazio e Calabria risultano le realtà territoriali maggiormente spiate con all’attivo oltre 450 mila intercettazioni telefoniche autorizzate. Ben 9 su 26 i distretti “più caldi”, dove si è concentrato il 70 per cento del dato complessivo delle intercettazioni: Napoli, Roma, Milano, Palermo, Reggio Calabria, Torino, Firenze, Bologna e Catania. Oltre 4 mila, inoltre, le utenze controllate per indagini relative a reati di terrorismo internazionale e interno. Le procure della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, infine, hanno all’attivo anche 2.155 intercettazioni. è quanto emerge dalla Nota scientifica “Il Grande Orecchio della giustizia in Italia. Intercettazioni e costi nei distretti italiani” realizzata dall’istituto Demoskopika che ha analizzato i dati del Ministero della Giustizia nel quinquennio 2009-2013.
«Le intercettazioni – dichiara il presidente dell’Istituto Demoskopika, Raffaele Rio – rappresentano uno strumento insostituibile di indagine, fondamentale per contrastare la criminalità organizzata in un territorio che ha dato i natali ad un sodalizio criminale, quale la ‘ndrangheta, il cui giro d’affari criminale rappresenta circa il 9 per cento del Pil italiano. È altrettanto vero, però, – prosegue Raffaele Rio – che i costi sono attualmente significativamente elevati. Sarebbe auspicabile accelerare l’attuazione normativa per attuare una riduzione delle spese, per ridurre le attuali differenze di costo ad intercettazione per ciascuna procura, per venire incontro ai bilanci dei tribunali sempre più in rosso e alle difficoltà dei magistrati a volte costretti ad anticipare i costi del carburante delle macchine di servizio. Risultati da raggiungere, in una fase transitoria, – precisa il presidente dell’Istituto Demoskopika – attraverso la revisione dei prezzi e l’adozione di un tariffario per prestazioni in base al costo medio per poi, successivamente, approdare alla realizzazione concreta di un sistema unico nazionale delle intercettazioni che nella sostanza riguarderebbe la messa in campo di una stazione unica appaltante con un prezzo uguale per tutte le procure».
Intercettazioni: 827 mila bersagli in sei anni. Dal 2009 al 2014 il numero delle intercettazioni autorizzato dalle procure italiane è stato pari a 826.717, con un incremento del 4,1 per cento, passando dalle 132.166 intercettazioni del 2009 alle 137.616 del 2014. Come era prevedibile per competenza territoriale e per permeabilità al crimine organizzato, ben 7 bersagli su 10 sono concentrati principalmente in nove distretti: Napoli con 127.240 intercettazioni pari al 15,4% sul dato complessivo di 827 mila casi tra il 2009 e il 2014, Roma con 85.544 intercettazioni (10,3%), Milano con 85.008 “osservazioni telefoniche e ambientali” (10,3%), Palermo con 54.346 bersagli (6,6%), Reggio Calabria con 52.340 bersagli (6,3%), Torino con 45.759 bersagli (5,5%), Firenze con 40.863 bersagli (4,9%), Bologna con 40.200 bersagli (4,9%) e Catania con 34.678 bersagli (4,2%).
Significativi anche i valori assoluti registrati per i distretti di Bari con 25.580 “osservazioni telefoniche e ambientali” pari al 3,1% del dato italiano, Venezia con 25.199 bersagli (3,0%), Genova con 25.118 bersagli (3,0%). A seguire le procure operanti nei distretti di Catanzaro con 22.005 intercettazioni (2,7%), Brescia con 21.716 casi (2,6%), Cagliari con 21.553 casi (2,6%), Lecce con 19.481 casi (2,4%), Trieste con 14.715 casi (1,8%), Perugia con 12.398 casi (1,5%), Ancona con 12.222 casi (1,5%), L’Aquila con 11.526 casi (1,4%) e Salerno con 10.626 casi (1,3%).
In coda, si collocano le intercettazioni telefoniche e ambientali, autorizzate dalle procure attive nei distretti di Caltanissetta 10.314 bersagli pari all’1,2% del totale nazionale, Messina con 9.585 bersagli (1,2%), Potenza con 4.466 bersagli (0,5%) e, infine, il distretto di Campobasso con 2.765 bersagli (0,3%).
Ascolto: cinque regioni nella “top five” della mappa degli “spiati”. Sono Campania, Lombardia, Sicilia, Lazio e Calabria le realtà territoriali maggiormente spiate con all’attivo oltre 450 mila intercettazioni telefoniche autorizzate che avrebbero “spiato” circa 1,8 milioni di persone dal 2009 al 2014: 490 mila persone in Campania, 395 mila persone in Lombardia, 360 mila persone in Sicilia, 305 mila persone nel Lazio e 250 mila persone in Calabria.
A seguire il numero delle intercettazioni autorizzato dalle procure attive nel territorio italiano avrebbero ascoltato le conversazioni di 170 mila individui in Piemonte, 160 mila in Puglia, 150 mila in Toscana, 145 mila in Emilia Romagna. E, ancora, 90 mila persone sia in Veneto che in Liguria, 75 mila in Sardegna, 55 mila in Friuli Venezia Giulia, 50 mila in Umbria, 48 mila nelle Marche, 45 mila in Trentino Alto Adige e 40 mila in Abruzzo. In coda, il Grande Orecchio avrebbe intercettato le conversazioni di 16 mila individui in Basilicata e 8 mila individui in Molise.
Terrorismo: oltre 4 mila “bersagli” in Italia, boom in Lombardia con 1 intercettazione su 2. Dal 2009 al 2014, il numero dei bersagli autorizzati dalle procure italiane per indagini relative a reati di terrorismo internazionale e interno è stato pari a 4.050 casi con un incremento del 30,4% nell’ultimo biennio di riferimento: si passa, infatti, dalle 481 intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche ed informatiche del 2013 ai 627 bersagli del 2014. L’analisi delle intercettazioni mostra, inoltre, un andamento altalenante: il 2012 è stato l’anno con il maggior numero di utenze controllate pari a 871, mentre il 2013 l’anno “meno sensibile” all’ascolto da parte delle procure italiane per indagini in materia di terrorismo.
A livello territoriale, l’analisi dell’attività autorizzata dalle procure italiane per indagini relative a reati di terrorismo evidenzia che in Lombardia si è concentrata una intercettazione su due avvenuta in Italia dal 2009 al 2014: ben 1.004 bersagli autorizzati dalle sezioni terrorismo delle procure operanti nei distretti giudiziari di Milano e Brescia.
In testa, tra le procure più attive “nell’ascolto”, il distretto giudiziario di Roma con ben 834 bersagli autorizzati pari al 20,6% del dato italiano. A seguire Milano con 764 bersagli (18,9%), Napoli con 549 bersagli (13,6%), Genova con 247 bersagli (6,1%), Brescia con 240 bersagli (5,9%), Torino con 236 bersagli (5,8%), Cagliari con 195 bersagli (4,8%), Venezia con 191 bersagli (4,7%), Bologna con 179 bersagli (4,4%), Trento con 168 bersagli (4,1%), Perugia con 116 bersagli (2,9%), Lecce con 84 bersagli (2,1%), Bari con 77 bersagli (1,9%), L’Aquila con 60 bersagli (1,5%). In coda, sempre per numero di intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche ed informatiche si collocano i distretti giudiziari di Trieste con 38 utenze (0,9%), Ancona con 36 bersagli (0,9%), Palermo con 20 bersagli (0,5%), Firenze con 13 bersagli (0,3%) e, infine, Caltanissetta con appena 3 bersagli (0,1%).
Costi: 1.358 milioni di euro per intercettazioni. Contrazione costante della spesa. Per ascoltare le conversazioni telefoniche e non solo, in Italia sono stati spesi mediamente circa 226 milioni di euro all’anno. Analizzando l’andamento dei costi delle intercettazioni, si va dai 255 milioni di euro del 2009 ai 206 milioni di euro del 2014. Tirando le somme delle procure generali presso le Corti di appello e le procure presso i tribunali operanti in Italia, nel quinquennio 2009 – 2014, lo Stato ha impiegato risorse economiche in fatture emesse per le intercettazioni, acquisizione dei tabulati e noleggio di apparati per poco meno 1.358 milioni di euro con una contrazione delle spese pari al 19,3 per cento.
Dall’analisi del trend dei costi si evidenzia, inoltre, una progressiva riduzione delle spese nell’arco temporale osservato per un totale di quasi 50 milioni di euro: 255 milioni di euro nel 2009, 237 milioni di euro nel 2010, 226 milioni di euro nel 2011, 218 milioni di euro nel 2012, 215 milioni di euro nel 2013 e, infine, 205 milioni di euro nel 2014.
Il primato delle somme, in valore assoluto, messe in campo dagli uffici giudiziari italiani per fronteggiare criminalità e malcostume, spetta prioritariamente ai distretti di Palermo con 228,9 milioni di euro pari al 16,9 per cento sull’ammontare complessivo delle spese sostenute in Italia, Milano con 182 milioni di euro (13,4%), Reggio Calabria con 171,2 milioni di euro (12,6%) e Napoli con 155,3 milioni di euro (11,4%).
Seguono gli uffici giudiziari dei distretti di Catania con costi generati per l’attività di intercettazione pari a 66,2 milioni di euro (4,9%), Catanzaro con 58,3 milioni di euro (4,3%), Torino con circa 50,6 milioni di euro (3,7%), Cagliari con 39,6 milioni di euro (2,9%), Caltanissetta con 39,5 milioni di euro (2,9%), Venezia con 39,4 milioni di euro (2,9%), Firenze con 38,9 milioni di euro (2,9%), Roma con 37,9 milioni di euro (2,8%), Bologna con 33,6 milioni di euro (2,5%), Brescia con 30 milioni di euro (2,2%), Bari con 28,1 milioni di euro (2,1%), Genova con 24,8 milioni di euro (1,8%), Trieste con 24,2 milioni di euro (1,8%), Lecce con 21,7 milioni di euro (1,6%), Trento con 16,6 milioni di euro (1,2%) e Messina con 16,3 milioni di euro (1,2%).
In coda si collocano le procure di L’Aquila con 13 milioni di euro (1,0%), Salerno con 11,8 milioni di euro (0,9%), Ancona con 11,6 milioni di euro (0,9%), Perugia con 10,2 milioni di euro (0,7%), Potenza con 5,7milioni di euro (0,4%) e Campobasso con poco più di 2 milioni di euro (0,2%).
da Demoskopika