Aggredito e picchiato a sangue per aver staccato un manifesto contro il 25 aprile: il 22enne cormonese Patrick Dorella, figlio di Alessandro, maresciallo dei carabinieri di Dolegna, è finito all’ospedale. Cinque i giorni di prognosi per un trauma cranico-facciale, contusioni multiple, abrasioni al volto, ginocchio e gomito sinistri, ecchimosi e un’edema all’orbita destra, ma, secondo quanto ha riferito il medico che l’ha visitato, avrebbe potuto anche lasciarci la pelle.
Era la mezzanotte di lunedì. Patrick aveva deciso di fermarsi da un’amica, studentessa universitaria, a Trieste. È sceso per recuperare il portafogli e le sigarette dal cruscotto dell’auto, parcheggiata in via della Ginnastica, quando l’occhio è caduto su alcuni manifesti affissi lungo i muri in cui campeggiavano le scritte: “L’Italia degli ultimi combattenti. 25 aprile: l’Italia dei vigliacchi che diventano eroi”. Sotto, l’annuncio della contro-manifestazione, oggi alle Foibe di Basovizza e, in calce, la firma degli autori: Gruppo unione difesa (Gud), che proprio a Trieste ha una sede.
Il sangue “partigiano” di Patrick gli è ribollito nelle vene: suo nonno, Gastone, scomparso a gennaio, ha combattuto nella fila della Resistenza quando era poco più che ragazzo, mentre il bisnonno, Benedetto Giovanni, è morto nel 1937 per le conseguenze di un pestaggio perpetrato dalle camicie nere. Ferito dalla scritta che offendeva gli ideali della Liberazione, ma anche la stessa memoria dei parenti, Patrick si è «sentito in dovere di staccare i manifesti».
Aveva appena incominciato, quando è stato brutalmente assalito alle spalle da due energumeni con il volto coperto da un casco da motociclista e armati di cinghie. Al grido «Vigliacco, vigliacco!», sotto lo sguardo sbigottito dell’amica che gridava loro di smetterla, hanno atterrato con un pugno al mento il giovane cormonese, che ha sbattuto la testa contro un cassonetto e poi l’hanno colpito ripetutamente – perlomeno quindici volte – con calci e pugni e le cinghie, schiacciandogli la faccia sull’asfalto con gli anfibi per tenerlo fermo.
«Quando mi hanno mollato il primo cazzotto ho visto le stelle, sono proprio volato a terra. Sputavo sangue. Ho urlato loro – racconta quei terribili momenti Patrick – “lasciatemi vivere, non voglio morire! Vi prego, basta!”. Allora si sono fermati e sono scappati via. Mi sono rialzato, a fatica. Per fortuna non mi hanno spaccato i denti. Poi, insieme con la mia amica, sono andato, a piedi, fino all’ospedale Maggiore. Qui, dopo i controlli, hanno deciso di portarmi in ambulanza a Cattinara, dove sono stato trattenuto in osservazione per tutta la notte, sono stato dimesso stamattina (ieri, ndr). La dottoressa che mi ha visitato ha detto che se quei due avessero continuato a pestarmi ci sarei rimasto secco».
Sul caso sta indagando la Digos di Trieste: parecchi manifesti analoghi, tutti firmati dal Gud, sono stati affissi in città e uno veniva sfoggiato, ieri, sul profilo facebook del Gruppo. Altri scatti on line immortalano un corteo del Gud a base di saluti romani e una locandina dai contenuti offensivi che recita: «Quale altra nazione al mondo sarebbe capace di festeggiare ogni anno il massacro di 38.939 dei propri civili? Se festeggi il 25 aprile sei un po…».
fonte: Il Messaggero Veneto
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