Il 15 gennaio del 2009 una “mareggiata” ha travolto l’università della Calabria. Gli studenti insieme ad alcuni attivisti di movimento hanno ripreso la parola hanno deciso di manifestare la loro rabbia e la loro indignazione rispetto a quello che stava avvenendo dentro l’aula magna. Trecento tra studenti, ricercatori, docenti, precari e attivisti politici volevano contestare l’enorme teatrino mediatico messo in piedi dal magnifico, dalla sua corte accademica e dal solito carrozzone politico-istituzionale, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico presenziata dalla figura del capo dello stato, Giorgio Napolitano. Ribadiamo oggi quel che affermavamo già allora: non c’era nulla da inaugurare viste che era ed è tuttora in atto lo smantellamento dell’università e della ricerca libera, mirato di fatto ad impedire la formazione di coscienze critiche. Denunciamo ancora una volta i gravi fatti avvenuti quella mattina: lo stato di militarizzazione ingiustificato sotto il quale è stato posto l’intero ateneo; l’ aggressione messa in atto da parte delle forse dell’ordine presenti (polizia, carabinieri, guardia di finanza, corpo forestale dello stato, polizia provinciale, vigili urbani e guardie giurate; addirittura cecchini posti sui cubi) ai danni dei manifestanti che chiedevano di esprimere il proprio dissenso, negli stessi luoghi che frequentano quotidianamente. Suddetti luoghi, in assenza di ordinanza restrittiva, erano come ogni mattina accessibili e frequentati da tutti. La situazione si aggravò improvvisamente quando un primo gruppo studenti, percorrendo il ponte nel tentativo di esprimere il diffuso dissenso rispetto a ciò che stava succedendo, venne aggredito, bloccato e spinto indietro dalle forze dell’ordine, impedendo loro l’esercizio di due diritti sacrosanti, (libera circolazione e libero dissenso).Nel frattempo ad un secondo gruppo di studenti veniva impedito il passaggio sul ponte per raggiungere il luogo scelto per il sit-in, attraverso minacce ed intimidazioni.Ad oltre quattro mesi di distanza dai gravi fatti sopra citati è avvenuta una nuova puntata di questa incredibile commedia: gli organi di polizia e le istituzioni hanno nuovamente aggredito il movimento facendo pervenire cinque denunce ad altrettanti manifestanti. Le accuse che vengono mosse sono quelle di resistenza e aggressione a pubblico ufficiale, e radunata sediziosa. L’impianto accusatorio per chi ha vissuto quelle giornate è semplicemente ridicolo; oltre che per l’inesistenza dei reati contestati anche perché, ancora una volta, vengono utilizzati, a scopo repressivo, reati risalenti al periodo fascista, (regio decreto 18 del diciotto giugno 1931; 655 c.p. “radunata sediziosa”). Non è accettabile che la classe dirigente di un paese che si vuole fondando dall’antifascismo, utilizzi per conservare e riprodurre il potere metodi e leggi risalenti al ventennio.Scriviamo quanto è successo non per esprimere vittimismo. Sappiamo che il nostro agire politico produce conflitto sociale e perciò genera repressione; ma questo non ci spaventa. Scriviamo ciò per ristabilire la verità sui fatti, perché vogliamo essere noi e raccontare le nostre storie, e non altri. Tutto questo va inserito in un contesto nazionale fatto di criminalizzazione del dissenso, demonizzazione e ghettizzazione del diverso. Contesto a cui l’onda si è sempre opposta, contrapponendogli la volontà di produrre sapere libero e critico, indispensabile per il cambiamento. Ci appelliamo perciò alla mobilitazione ed alla solidarietà di tutti e tutte per lottare contro questo ennesimo tentativo di reprimere il dissenso di chi non ha paura di sognare.
A questo fine, ritroviamoci giovedì 28 all’assemblea di ateneo.
La vostra repressione non fermerà la nostra passione.
Onda Calabra
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bravi.