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Cpr di Macomer: migrante malmenato e sedato

Jamal si è cucito la bocca in segno di protesta. Lascietcientrare: «Chiudere queste strutture detentive»

Giovedì scorso i reclusi nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Macomer, comune sardo in provincia di Nuoro, hanno protestato per le violenze della polizia contro Jamal, un migrante di origini marocchine. «Jamal si è cucito le labbra in segno di protesta – racconta Yasmine Accardo, della rete Lasciatecientrare, che ha potuto parlare con alcune delle persone trattenute nella struttura – Per questo è stato assalito e malmenato dalle forze dell’ordine. Quindi sedato. Ora sta male e non sappiamo dove si trovi». La notizia del ricovero in ospedale non è confermata.

Per il momento non si conoscono le ragioni alla base del gesto di protesta. All’interno del centro sono presenti alcune persone che hanno superato il periodo massimo di reclusione (180 giorni, che prima delle leggi Salvini erano 90), ma sono ancora in attesa del rilascio. Jamal sarebbe tra loro. Le scene di violenza contro di lui hanno provocato la reazione degli altri 23 reclusi, che si sono arrampicati sul tetto. La situazione si è calmata solo in serata.

«Rimangono stanchezza e depressione, soprattutto tra chi è trattenuto oltre il limite – continua Accardo – I Cpr continuano a rappresentare luoghi di trattamenti inumani e degradanti. Bisogna chiuderli subito». Il deputato leghista Eugenio Zoffoli ha annunciato di voler presentare un’interrogazione parlamentare alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese per avere chiarimenti sull’episodio.

Quello di Macomer è uno dei sei Cpr italiani rimasti attivi dopo la chiusura per lavori di Palazzo-San Gervasio. Secondo l’ultimo bollettino diffuso dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, al 29 maggio scorso erano 178 i reclusi all’interno di queste strutture. Si registra dunque un forte decremento nel periodo segnato dall’epidemia: il 12 marzo nei Cpr c’erano 425 persone.

Al momento sono occupati solo un terzo dei 525 posti disponibili. Secondo il Garante la riduzione dell’affollamento ha contribuito alla «diminuzione delle tensioni». Il governo italiano ha scelto di non svuotare completamente i centri nonostante il blocco dei rimpatri a cui la detenzione amministrativa dovrebbe essere finalizzata.

Giansandro Merli

da il manifesto