“Trattamento inumano, pestaggi selvaggi e un caso di violenza sessuale”: sono queste le gravi violazioni nei confronti dei migranti che avrebbe commesso la polizia croata. A denunciare i fatti il britannico The Guardian sulla scorta della documentazione raccolta dal Danish Refugee Council.
E’ passata senza far rumore l’ennesima, rivoltante denuncia di violenze commesse dalla polizia croata nei confronti di migranti e rifugiati. A fine ottobre, il quotidiano britannico The Guardian ha pubblicato nuove foto e testimonianze raccolte al confine tra Croazia e Bosnia Erzegovina, indicando per la prima volta anche delle aggressioni a sfondo sessuale. Come in passato, il ministero dell’Interno di Zagabria si è limitato a negare ogni coinvolgimento, assicurando che le indagini interne non hanno portato ad alcun riscontro. Ma le rilevazioni del Guardian, che si basano sulla documentazione raccolta dal Danish Refugee Council (DRC) tra il 12 e il 16 ottobre, dipingono ancora una volta la cupa realtà quotidiana con cui convivono migliaia di persone bloccate alle frontiere esterne dell’Unione europea ed in particolare lungo quelle che si snodano nei pressi della cosiddetta rotta balcanica. Una realtà che la Commissione europea ignora ormai da quattro anni.
L’orrore al confine croato-bosniaco
“Nel giro di una settimana, più di 75 persone hanno denunciato in maniera indipendente dei casi di trattamento inumano, pestaggi selvaggi e, in un’occasione, anche di violenza sessuale”, ha riferito al giornale londinese la segretaria generale del DRC, Charlotte Slente. Per chi segue le attività e la comunicazione delle varie ONG attive alla frontiera meridionale della Croazia si tratta purtroppo di storie già sentite, ma dalle quali emerge un livello di sadismo crescente. “Il 12 ottobre, cinque afghani, di cui due minori, hanno attraversato il confine croato nei pressi del villaggio [bosniaco, ndr.] di Šturlić”, racconta il Guardian. Quello stesso giorno, quattro di loro vengono arrestati da degli agenti in uniforme a Novo Selo (Croazia), mentre uno riesce a scappare. I migranti raccontano poi di essere stati trasferiti in una località ignota e affidati a dieci uomini vestiti di nero, armati di bastoni e protetti da passamontagna. Una pratica già menzionata da altri richiedenti asilo in passato.
Derubati, costretti a spogliarsi e a sdraiarsi a terra, i quattro afghani vengono allora selvaggiamente picchiati. “Un uomo in nero stava in piedi sulle mani della vittima, per bloccare ogni movimento, mentre anche le gambe venivano immobilizzate”, riepiloga il Danish Refugee Council. I segni di frustate, calci, pugni e bastonate raccontano quello che succede in seguito, trovando riscontro anche nei referti medici dei dottori che recuperano i migranti di ritorno in Bosnia Erzegovina. Mustafa Hodžić, un medico di Velika Kladuša intervistato dal Guardian, conferma la violenza sessuale subita da uno degli afghani. “Non ho mai visto niente del genere e non è la prima volta che vedo segni di violenza sessuali sui migranti”, ha dichiarato Hodžić. La vittima è stata violentata con un ramo. Una tortura ripetuta anche qualche giorno più tardi su un altro malcapitato, questa volta proveniente dal Bangladesh e fermato assieme ad altri 23 compagni di viaggio nei boschi al confine croato-bosniaco.
Denunce che coincidono
Non si tratta, come si diceva, della prima volta in cui diverse testimonianze incriminano la polizia croata. Nel suo articolo, il Guardian cita altri resoconti che parlano di pestaggi in un garage, dopo il tradizionale passaggio di consegne dalla polizia agli uomini in nero e a volto coperto, mentre in passato, ci sono state le denunce di Amnesty International, del Centro Studi per la Pace (CMS) di Zagabria o ancora dell’associazione bosniaca No Name Kitchen. In questo articolo, pubblicato a giugno, abbiamo ripercorso gli ultimi quattro anni di violenze al confine croato-bosniaco, evidenziando anche le difficoltà che la stessa Ombudswoman croata ha incontrato di recente nella sua attività di verifica delle accuse rivolte ai poliziotti. “Quando ci presentiamo in una stazione di polizia per una visita a sorpresa, non ci viene dato accesso ai dati. Non possiamo consultare i database, cosa che potevamo fare fino al giugno del 2018 e non possiamo ottenere oggetti da ispezionare, cosa che prima era possibile. Al tempo stesso, quando ci presentiamo per fare delle ricerche non legate alle migrazioni, ci viene concesso l’accesso ai dati”, ha riferito a Obct quest’estate Ana Tretnjak, la portavoce dell’Ombudswoman croata.
A luglio, il CMS ha depositato una nuova denuncia contro la polizia croata, mentre nei mesi scorsi si sono ripetuti gli appelli alla Commissione europea affinché faccia luce sul comportamento delle forze dell’ordine in Croazia. Dopo l’intervento della Commissaria del Consiglio d’Europa per i Diritti Umani, Dunja Mijatović , che a fine ottobre ha chiesto alle autorità di Zagabria di punire gli agenti colpevoli di violenze, si è espressa anche la Commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, che su Twitter ha assicurato che l’esecutivo europeo prenderà “molto sul serio ” le accuse rivolte alla polizia croata (qui la sua intervista alla TV regionale N1 ). Ma non è la prima volta che da Bruxelles arrivano degli annunci senza seguito. Già a metà giugno la Commissione aveva promesso una missione di controllo in Croazia , che ad oggi non ha prodotto risultati. Ora, con il procedere della pandemia che travolge l’Europa e con l’opinione pubblica scossa dai recenti attentati in Francia e in Austria, c’è il rischio che la violenza quotidiana al confine croato-bosniaco continui nell’indifferenza generale.
Giovanni Vale