Sono quasi duecento i guerriglieri maoisti (veri o presunti) uccisi dall’inizio dell’anno in India. Ben 36 soltanto con l’ultima operazione delle forze di sicurezza nello Stato di Chhattisgarh. Tra “cacciatori di taglie” e operazioni speciali, rastrellamenti e perquisizioni, la “guerra a bassa intensità” non sembra doversi arrestare
di Gianni Sartori
Quella del 4 settembre nei distretti di Narayanpur e Dantewada (Stato di Chhattisgarh), risulta essere una delle maggiori operazioni anti-guerriglia degli ultimi tempi.
I maoisti sono stati colpiti da una coalizione di forze di sicurezza composta da DRG (Guardia di riserva di distretto), STF (Forze speciali) e polizia di Stato. Sul terreno sono rimasti 36 naxaliti (31 secondo AL JAZEERA), definizione complessiva di varie sigle della sinistra rivoluzionaria indiana (in riferimento alla rivolta del marzo 1967 nel villaggio di Naxalbari nel Bengala Occidentale, quando un centinaio di contadini armati di archi e frecce avevano scacciato i latifondisti).
Iniziato verso le ore 13, lo scontro a fuoco del 4 settembre tra i militari e un gruppo di circa 50 guerriglieri si è svolto nella foresta di Abhujmaad, tra i villaggi di Thulthuli e Nendur. Nella prima fase sarebbero morti una trentina di maoisti, altri corpi venivano poi ritrovati nella mattinata del 5 ottobre. Si ritiene che le vittime appartenessero al PLGA (People’s Liberation Guerrilla Army). Oltre a un deposito di armi, sono stai recuperati alcuni AK- 47 e un fucile a caricamento automatico SLR.
Risalivano al 1 ottobre le numerose perquisizioni effettuate dalla NIA (Agenzia investigativa nazionale) e dalla Special Task Force (STF) in dodici località del Bengala occidentale (tra cui la capitale Kolkata- Calcutta) nel quadro di un’indagine per presunti finanziamenti al Partito Comunista d’India (maoista), organizzazione in clandestinità. Perquisite le abitazioni di presunti maoisti a Netaji Nagar (Kolkata), Panihati, Barrackpore, Sodepur, Asansol etc. Perquisita anche la casa di Sudipta Paul nel quartiere Dishergarh di Asansol (distretto di Bardhaman). Tra le persone inquisite, due donne che in precedenza collaboravano con alcune ONG.
D’altra parte era evidente che la situazione nel subcontinente indiano rimaneva incandescente. Per quanto “a bassa intensità” quella che si svolge da decenni nel “corridoio rosso” è pur sempre una guerra.
Tra gli eventi degli ultimi mesi, uno dei più eclatanti probabilmente riguarda l’attacco portato dai maoisti il 23 settembre contro un campo dell’anti-guerriglia a Pusuguppa, un villaggio che sorge nei pressi della foresta nel Cherla mandal (Stato del Telangana).
I maoisti avevano impiegato fucili artigianali in grado, se pur rudimentalmente, di sparare granate (ma in parte queste non sarebbero esplose).
Come conseguenza si assisteva all’intensificarsi dei rastrellamenti operati da polizia e paramilitari della CRPF nelle aree forestali di frontiera tra Telangana e Chhattisgarh.
Sempre il 23 settembre, altri tre presunti guerriglieri perdevano la vita nelle foreste di Abujhmarh (distretto di Narayanpur, alla frontiera tra Chhattisgarh Maharashtra), una giungla fitta di seimila chilometri quadrati rimasta, se pur relativamente, incontaminata.
Uno dei maoisti uccisi sarebbe stato identificato come “Rupesh”, esponente del comitato speciale della zona di Dandakaranya (DKSZC) oltre che comandante delle attività maoiste nel distretto di Gadchiroli (Stato del Maharashtra). Sulla sua testa pendeva una taglia di 25 milioni di euro.
Un altro dei caduti veniva poi identificato come “Jagdish” (taglia da 16 milioni di euro).
Due giorni dopo, il 25 settembre, un presunto informatore della polizia, Soyam Pandu, veniva giustiziato dai maoisti nel villaggio di Bhandarpadar (distretto di Sukmas, Stato del Bastar).
All’inizio del mese, l’8 settembre (sempre nel Chhattisgarh) la Central Reserve Police Force (CRPF, specializzata nella lotta all’insurrezione naxalita) annunciava di disporre di quattro battaglioni (159, 218, 214 e 22°, ciascuno corrisponde a un migliaio di agenti) sul piede di guerra per l’ennesima operazione anti-guerriglia. Parte delle milizie impiegate provengono da altre zone dell’India ritenute meno esposte al conflitto. Come confermerebbe il recente ritiro di parte delle forze di sicurezza dal Jharkhand (tre battaglioni ritirati) e dal Bihar (un battaglione)
In precedenza, il 3 settembre, erano stati uccisi dalla polizia altri nove maoisti. Così come era già accaduto verso la metà di luglio quando una dozzina di guerriglieri erano caduti in combattimento nella regione di Gadchiroli. Uno stillicidio infinito.
Alla fine di agosto, il 31, veniva arrestato Ajay Singhal (Aman), abitante a Sahibzada Ajit Singh Nagar (SAS Nagar, già Mohali), accusato di essere implicato sia nel reclutamento di combattenti, sia nella raccolta fondi per il PCI (maoista). Sospettato anche in quanto membro del comitato organizzativo del PCI (maoista) di Haryana. Oltre che responsabile delle attività clandestine negli Stati di Punjab, Haryana, Delhi, Uttar Pradesh, Uttarakhand e Himachal Pradesh. Recentemente Ajay Singhal, stando alle accuse della NIA (Agenzia Investigativa Nazionale), si sarebbe recato in Jharkhand e in Bihar per recuperare i fondi raccolti da Pramod Mishra (Vanbihari, membro del comitato centrale del partito) e da Sandeep Yadav (segretario del Bihar-Jharkhand Special Area Committee). Due settimane prima, a Thevakkal (Stato del Kerala) la NIA aveva perquisito l’abitazione (dopo averne forzato la porta alle sei del mattino) di Konnath Muralidharan (Ajith).
Frutto della perquisizione: un computer, un telefono, alcune chiavette USB e un gran numero di documenti e vecchi giornali (descritti come “stampa illegale”, ma in realtà pubblicati e distribuiti alla luce del sole).
Già imprigionato nel 1967 per due anni, Konnath Muralidharan tornava in carcere per altri quattro nel 2015. Sempre per presunti legami con la guerriglia naxalita.
Complessivamente si calcola dall’inizio dell’anno sono stati uccisi almeno 185 maoisti.
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