Menu

Da Nuoro, 18 ottobre 2012

Gent. mo Signor Pontillo,
mettiamo da parte i titoli accademici e, se lo desidera, nella prossima potremmo darci del tu.
Ritengo che il titolo accademico, in alcuni casi, serva a ben poco e vi sono persone, come lei, che si distinguono per azioni sociali di lodevole ammirazione più d’ogni altra persona intellettuale o politica che non perde occasione mediatica a pubblicizzare ignobilmente solo se stesso.
Ho ricevuto la sua lettera e mi ha fatto molto piacere leggerla nei vari passaggi citati in relazione alla dispotica decisione presa dal DAP per sciogliere un gruppo di persone-detenute che esprimevano bene un pensiero giuridico e civile contro l’obbrobrio di una pena che è volta solo alla vendetta di uno Stato che si ritiene [in]civile.
Grazie per aver girato la mia lettera all’Osservatorio sulla repressione, all’Ufficio del Presidente delle Camere penali, a radio di movimento che si occupano di carcere.
Ritengo Signor Pontillo che il DAP nel commettere un illecito giuridico ha anche leso i diritti soggettivi che riguardano danno morali subiti dai nostri stessi familiari, che più di noi scontano “forzatamente” una pena senza aver commesso nessun delitto.
E’ ora di urlare contro questi trasferimenti dispotici e illegittimi. In questo modo lo Stato si dimostra criminogeno, incuranete del percorso trattamentale intrapreso da un detenuto, dell’interruzione dei rapporti familiari che non possono essere compressi del tutto, del lavoro dell’equipe di esperti che sono preposti all’osservazione e al trattamento, degli studi avviati dal detenuto e repentimanete interrotti per delle decisioni burocratiche prese in violazione dei criteri stabiliti dalla legge penitenziaria.
Lo Stato in alcuni convegni predica bene ma…-nei fatti- razzola male, ed allora vorrei rivolgere una domanda a questi signori del DAP: “perchè ci trattate in questo modo? Forse perchè siamo stati condannati, magari da diversi decenni, per una determinata tipologia di reati e, quindi, per voi non abbiamo più diritti, non abbiamo più dignità, e potete trattarci come dei pacchi postali, come delle mere pratiche da evadere ogni qual volta vi pare e piace? E’ per voi questo uno Stato democratico e civile in cui vige giustizia e non vendetta? Perchè per noi detenuti, sconosceTe il principio dell’uguaglianza e praticaTe solo quello della discriminazione e della disparità”.
Per quanto concerne, invece, la deroga al principio della territorializzazione della pena, giustidicato (convenientemente) dalla pericolosità soggettiva e sociale di quei condannati facenti parte di organizzazioni criminali di tipo mafioso, la ritengo solo un pretesto. Il lucro e lo sperpero di soldi pubblici sui trasferimenti e sulle continue traduzioni disposte dal Ministero, dal nord al sud Italia e viceversa, è inimmaginabile. Tutti questi soldi pubblici si potrebbero risparmiare, se solo venisse attuata una buona vigilanza/sorveglianza e sicurezza in carceri anche prossimi alle regioni di residenza, senza il bisogno che un detenuto espii la propria pena a centinaia e centinaia di chilometri di distanza. Lo Stato così non affligge e tortura psicologicamente solo il detenuto, ma anche i suoi familiari, con danni irreversibili (salute, rapporti familiari, separazioni di coppie, etc.).
La pena, così intesa, non può non ritenersi inumana e degradante, in spregio all’art.27 della stessa Costituzione.
Per questo non si può rimanere silenti e indifferenti di fronte a simili sciatterie ma bisogna renderle pubbliche, parlarne e… chi non fosse d’accordo con le mie affermazioni accetto certamente un civile confronto e scambio.

Leave a Comment

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>