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Dalla A alla Z, l’anno difficile delle carceri

Dalla “A” di Antigone alla “Z” di Zaki (Patrick) passando per la “E” di ergastolo, la “S” di sovraffollamento o la “T” di Tortura

di Patrizio Gonnella – presidente di Antigone

Quella di Antigone, nella versione sofoclea, è la lotta della giustizia contro la legge, della fraternità contro il potere. Portare un nome tragico è una grande responsabilità. Il 2022 è stato l’anno in cui è iniziato il più grande processo in Europa per tortura, anche a seguito di un esposto di Antigone presentato nel 2020 per le violenze a Santa Maria Capua Vetere. Il 2022 è stato anche l’anno delle cento visite fatte in carcere.

Beccaria. Sul finire dell’anno sette ragazzini sono scappati dall’istituto penale per minori Beccaria di Milano. Erano imputati per reati di strada. Si è scatenato un assurdo putiferio mediatico e politico come se fossero sette serial killer. Nel frattempo sono stati tutti ripresi. Non erano una minaccia alla sicurezza dello Stato. Chissà cosa avrebbe detto l’illustre Cesare se avesse saputo che un carcere per ragazzi avrebbe portato il suo nome.

Custodia. cautelare Un terzo dei detenuti è in custodia cautelare. Molti di loro sono poveri, immigrati, tossicodipendenti, segno di una giustizia classista inclemente verso chi non ha risorse per una buona difesa tecnica.

Dap. Il 2022 ha visto al vertice dell’amministrazione penitenziaria Carlo Renoldi e Carmelo Cantone. Un magistrato e un dirigente di grande valore. Il ministro Carlo Nordio ha nominato un nuovo capo Dap, il giudice Giovanni Russo a cui auguriamo buon lavoro.

Ergastolo. Il Parlamento, su impulso del Governo, ha approvato nuove norme sull’ergastolo ostativo, ossia senza speranza di uscita. Una legge che chiude rispetto alle aperture della Corte Costituzionale. Una occasione persa. Nel 2023 la Cassazione dovrà valutare se sono venuti meno i motivi di illegittimità costituzionale.

Fermo. Il sistema carcerario è immobile, fermo a qualche decennio fa. La tecnologia stenta a farvi ingresso. I detenuti non hanno ancora accesso a mail (se non a pagamento) ed internet.

Garantismo. Essere garantisti significa costruire garanzie universali, sostanziali e procedurali. Per tutti, italiani e stranieri, ricchi e poveri, nessuno escluso.

Hotel. Le carceri non sono hotel a cinque stelle. Basta visitare un carcere metropolitano affollato per rendersene conto.
Indulto Il papa ha sollecitato gli Stati, senza risposta, ad approvare un provvedimento di clemenza.

Lavoro. Sono stati aumentati i fondi per il lavoro penitenziario. Sarebbe importante se nel 2023 il mondo dell’impresa e quello della giustizia usassero tutti gli euro a disposizione. Nel 2022 i detenuti impegnati in attività produttive sono stati una minoranza.

Morti. Dall’inizio dell’anno si sono suicidati 83 detenuti. Mai così tanti negli ultimi decenni. Sono il segno di un sistema che alimenta disperazione, solitudine, abbandono. Sarebbe importante se la vita in carcere si riempisse di vita e se ai detenuti fosse data la possibilità di telefonare più frequentemente ai loro cari. Oggi un detenuto, di norma, può telefonare una volta a settimana per soli dieci minuti.

Notte. Durante l’emergenza Covid ai detenuti semiliberi – circa 700 – era stato consentito di dormire nelle loro case, visto che di giorno erano fuori dall’istituto. La norma non è stata prorogata e dal 2023 rientreranno in carcere di notte. Un’inutile cattiveria.

Ong. A fine anno è arrivato anche il decreto di criminalizzazione delle Ong. Esso è il segno di un potere punitivo che esonda da ogni solco di ragionevolezza.

Polizia penitenziaria. Da un lato ci sono un paio di centinaia di poliziotti sotto processo per tortura, dall’altro migliaia di agenti che operano nel solco della correttezza. La qualità della vita dentro le carceri passa anche dalla gratificazione di chi opera nel segno della legalità costituzionale.

Quarantuno bis. Il regime 41-bis applicato all’anarchico Alfredo Cospito è una esagerazione. Uno stato forte e autorevole ascolta le ragioni di chi protesta con lo sciopero della fame.

Rave. Il Governo vuole mettere in galera i promotori e i partecipanti ai rave parties. Non proprio un’idea garantista e rispettosa degli stili di vita giovanili.

Sovraffollamento. Ci sono circa 8-10 mila persone in più rispetto alla capienza regolamentare delle carceri. Il tema delle droghe, che produce un terzo dei detenuti, non si può però toccare.

Tortura. Nel 2022 sono iniziati i processi per le torture nelle carceri di Santa Maria Capua Vetere, Torino, San Gimignano. Speriamo il 2023 sia l’anno entro cui si chiudano.

Università. Sono più di mille i detenuti iscritti alle Università. Non sempre sono messi nelle condizioni di studiare adeguatamente.

Volontari. C’è una bella anomalia italiana, quella del volontariato. Non sempre ben sopportato dalle autorità penitenziarie. Essenziale per assicurare il rispetto dei fini costituzionali della pena.

Zaki. Patrick è ancora in Egitto in attesa del processo. Ha trascorso troppo tempo in carcere. Speriamo il 2023 sia l’anno del suo rientro a Bologna.

da il manifesto

Antigone: “Il 2022, l’anno dei suicidi, ci dice della necessità di riformare il sistema”

Il 2022 sta volgendo al termine è per il carcere verrà ricordato come l’anno dei suicidi. Sono stati ben 84 quelli avvenuti negli istituti di pena italiani. Uno ogni 5 giorni. In carcere, quest’anno, ci si è tolto la vita circa 20 volte in più di quanto non avviene nel mondo libero. Un detenuto ogni 670 presenti si è ucciso. Il precedente primato negativo era del 2009, quando in totale furono 72. Ma all’epoca i detenuti presenti erano oltre 61.000, 5.000 in più di oggi.

“All’epoca – ricorda Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – eravamo alla vigilia del periodo che portò poi l’Italia alla condanna della Corte Europea dei Diritti Umani per violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea, per il trattamento inumano e degradante. Alcune iniziative parlamentari furono prese. Non vedere negli 84 suicidi di quest’anno un segnale altrettanto preoccupante delle condizioni in cui versano le carceri del paese è ingiustificabile”.
Il sovraffollamento, dopo la deflazione delle presenze a seguito della pandemia, sta tornando a livelli preoccupanti. I detenuti sono quasi 57.000. I posti regolamentari sono 51.000, anche se sappiamo che di quelli conteggiati circa 4.000 sono indisponibili. Possiamo dire, quindi, che ad oggi ci sono nelle carceri italiane circa 9.000 persone in più rispetto alla capienza regolamentare. Questo significa aggiungere letti in celle non pensate per ospitare quel numero di detenuti. Delle 99 carceri visitate nel corso del 2022 dall’Osservatorio di Antigone, nel 39% degli istituti sono state trovate celle dove il parametro minimo dei 3 mq di superficie calpestabile a testa non era rispettato. “Entrare anche solo pochi minuti in una cella dove non c’è neanche questo spazio minimo è un’esperienza claustrofobica – sottolinea Gonnella. Specie laddove le celle vengono condivise da 5-6 persone. Viverci quotidianamente rende la detenzione ulteriormente gravosa”. Gravosa anche a fronte del fatto che nel 44% delle carceri Antigone ha rilevato celle senza acqua calda, nel 56% celle senza doccia (che sarebbero dovute non esistere più dal 2005), nel 10% c’erano celle in cui non funzionava il riscaldamento, e in ben 6 istituti (9%) c’era celle in cui il wc non era in un ambiente separato dal resto della cella da una porta.

Sono insufficienti le opportunità lavorative, di studio, di svolgimento di attività. Tutti fattori fondamentali nel percorso di reinserimento sociale delle persone detenute. E, infatti, nelle carceri il lavoro continua a essere scarso. Sempre relativamente ai dati rilevati nelle 99 visite dell’Osservatorio, solo il 30% dei presenti lavoravano e, di questi, solo il 4,4% per datori di lavoro esterni. In media il 7,3% dei presenti partecipava a corsi di formazione professionale ed il 28% a corsi scolastici.

Lo stato di salute dei detenuti è anch’esso un problema che va preso in seria considerazione. La pandemia ha avuto un impatto drammatico sulla salute mentale di tutti. Il riconoscimento di ciò, attraverso la previsione del bonus psicologico, rende questo fatto evidente. Chi entra in carcere, oggi, è ancora più fragile di quanto non avvenisse in passato. Eppure, proprio in carcere, la tutela della salute mentale non ha subito interventi incrementali. All’8,7% dei detenuti era stata diagnosticata una patologia psichiatrica grave, il 18,6% assumeva regolarmente stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi e ben il 42,4% sedativi o ipnotici ed il 18,9% erano tossicodipendenti in trattamento. A fronte di questo c’erano 8,3 ore la settimana di copertura psichiatrica ogni 100 detenuti e 17,2 ore la settimana di servizio psicologico.

Ulteriore problema è quello che riguarda il personale. Se per quanto riguarda la polizia penitenziaria ci sono, in media, 1,8 detenuti per ogni agente, il dato dei funzionari giuridico-pedagogici (educatori) è preoccupante, con un operatore per 93 detenuti, mentre solo il 57% degli istituti aveva un “proprio” direttore, incaricato a tempo pieno.

“Da questi dati – spiega Patrizio Gonnella – si comprende come il carcere abbia necessità di interventi di riforma profondi. Occorre innanzitutto incrementare le misure alternative alla detenzione. Ci sono migliaia di persone che potrebbero scontare la loro pena fuori dagli istituti di pena e persone che, per il reato commesso e la loro condizione personale – tossicodipendenza, disturbi psichiatrici – andrebbero presi in carico dalle strutture del territorio, evitando di trasformare le carceri in un luogo dove si rinchiudono le persone che non si è in grado di gestire fuori. Questo aiuterebbe anche il lavoro del personale, che andrebbe incrementato in tutte le funzioni e gratificato dal punto di vista sociale ed economico per il lavoro complesso e difficile che si trova a svolgere. Andrebbe poi modernizzata la vita interna, garantendo maggiori collegamenti, anche elettronici, con il mondo esterno. Quello all’affettività è un diritto che deve diventare centrale nel sistema penitenziario italiano fermo, da questo punto di vista, a disposizioni di oltre 40 anni fa.
Una direzione da intraprendere era stata indicata dalla Commissione per l’Innovazione del Sistema penitenziario guidata dal Prof. Marco Ruotolo. Quelle proposte sono a disposizione della politica, pronte ad essere rese operative” conclude il presidente di Antigone.

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