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Daspo Urbano: Il caso Pisa

Intervista a Federico Giusti del sindacato generale di base

Pisa è diventata da tempo la città dei daspo

Molti si ricordano i daspo agli attivisti del movimento per la casa ai quali fu impedito l’accesso negli stadi a seguito di manifestazioni di protesta davanti al Comune. Un ricorso vinto al Tar ha smontato quei Daspo. Poi ci sono 150 daspo ai tifosi della curva, sicuramente sono di piu’ e molti di loro hanno solo la colpa di avere acceso un fumogeno, esibito uno striscione non gradito o sono andati in campo per prendere la maglia di un giocatore. Chi ha comprato partite, corrotto avversari o speculato puo’ invece sedere in tribuna con biglietti omaggio, ci pare evidente che siamo in presenza di trattementi diversificati a seconda dei soggetti sociali protagonisti. Una lavagna virtuale ha diviso i buoni dai cattivi e nella lista dei cattivi di coso writer, studenti, comportamenti deviati, occupanti di casa, lavoratori combattivi che non vogliono subire le regole imposte dai padroni

Io ricordo ancora l’insegnamento di Focault ma anche  di Pasolini, siamo di fronte a un potere che vuole dettare delle linee comportamentali, o sei dentro certi canoni o se invece assumi atteggiamenti conflittuali e ribelli devi essere bandito dalla città e dalla società civile. I daspo sono una autentica assurdità anche in termini giuridici, questi decreti penali di condanna hanno fino ad oggi colpito migliaia di uomini e donne, con la Minniti il numero dei destinatari sarà in vertiginoso aumento

Veniamo da una lunga stagione securitaria, ricordiamo, dieci anni fa, l’ordinanza antiborsoni costruita contro i venditori senegalesi al Duomo e smontata dopo un ricorso al Tar, le ordinanze per far chiudere entro una certa ora i supermarket della stazione impedendo la vendita di alcolici. Un atteggiamento folle, pensiamo ai Comuni che non prendono posizione contro l’ apertura 24 h degli ipermercati, fanno finta che non ci sia il continuo deteriorarsi delle condizioni di vita e di lavoro degli addetti nel commercio ma quando si tratta di prendere di mira i minimarket gestiti da migranti allora vengono meno al loro principio liberista delle aperture permanenti degli esercizi commerciali.

Cosa sta accadendo sotto la torre pendente?

Ad Agosto la Questura ha inviato una lettera al Sindaco Filippeschi invocando l’applicazione dei daspo in alcune aree cittadine, quelle di interesse commercial;, l’Amministrazione si è subito attivata e voleva far passare il recepimento dei daspo senza alcun passaggio in commissione consiliare. Hanno negato la audizione agli studenti universitari di sinistra per, ai giuristi che si occupano di immigrazione, ad Africa insieme. La rsu del comune è stata ascoltata e sui giornali locali leggiamo che si sono espressi contro, io ero a quella audizione e ho sentito parole di buon senso, di delegati che da anni sono anche agenti di Pm e hanno maturato sul campo esperienza da vendere ma invece non vengono ascoltati. Tutti sono dello stesso avviso, i Daspo non servono, il vero obiettivo è quindi un altro ossia cambiare il Regolamento di Polizia Municipale (quello vigente è del 1988) che prevedeva tante mansioni della Pm e una presenza sistematica nei quartieri. La riscrittura avverrà in ambito securitario, ai vigili di quartiere subentreranno magari le unità cinofile e i nuclei speciali antidegrado.

Il dibattito a Pisa è molto acceso?

Alcuni comitati cittadini invocano l’applicazione dei daspo in tutta la città, una posizione per altro già assunta dai Riformisti (che sono in Giunta con il pd ma con un candidato sindaco autonomo, si vota in primavera) dalle associazioni dei commercianti, dalla destra. Allo stesso tempo non hanno diritto di parola i comitati del cep, di gagno e di s.ermete legati alle realtà antagonisti e portatori di un’altra idea di città, protagonisti di iniziative e di lotte di segno opposto alla deriva securitaria, non hanno diritto di parola i migranti, l’Unione inquilini, i sindacati di base.

E’ sempre piu’ chiaro che la Minniti rappresenti una seria minaccia per le pubbliche libertà e anche per gli stessi diritti civili, meglio di noi ha descritto la situazione 20 anni fa Mike Davis quando parlava dello spazio urbano sottoposto a dispotici dispositivi, a controlli e sorveglianze, a telecamere disseminate in alcune aree dentro territori metropolitani divisi da una sottile linea: da una parte ordine, pulizia, dall’altra sporco, degrado, abusivi. Sulla stessa linea di Davis si muove Carmen Pisanello autrice di un bel libro appena pubblicato (in nome del decoro di Ombre corte). Quando si parla di decoro dovremmo azionare il cervello e allargare il discorso allo spazio pubblico, all’urbanistica, ai quartieri senza spazi sociali, alle aree abbandonate al vero degrado. Ci sono decine di capannoni a Ospedaletto, la zona industriale di Pisa, abbandonati o mai finiti di costruire, cantieri incompiuti, palazzi costruiti a metà, aziende che hanno chiuso e licenziato senza che il Comune facesse pagare loro le spese di bonifica o richiedesse indietro gli aiuti avuti dallo Stato, ci sono le case popolari di San Marco e di San Giusto fatiscenti, i cavalcavia non illuminati e senza spazio per il transito dei pedoni, questo degrado non interessa al Pd e alla amministrazione comunale. Poi c’è un utilizzo per l’ordine pubblico della Polizia Municipale, vogliono perfino i nuclei cinofili, una concentrazione di agenti nel centro storico quando i quartieri periferici sono abbandonati. I Daspo assecondano invece la cultura securitaria, abbandonano i quartieri periferici, poi ci si lamenta se arriva Casa Pound a distribuire i pacchi e a guadagnare consensi tra chi non sa piu’ affermare i reali diritti prendendosela con migranti e con chi sta peggio.

La sinistra da tempo non è piu’ presente nei quartieri

Un altro annoso problema, lo stato dice alla popolazione che ha bisogno di protezione dalla piccola criminalità, anzi hanno demandato ai sindaci questo ruolo. Eppure quando i cittadini chiedono sicurezza sociale, reddito, case popolari, spazi in comune non arrivano risposte. In giro io vedo innumerevoli richieste non accolte, i media giocano sporco e allora sembra che la sola richiesta sia quella di protezione dalla microcriminalità.

Ho letto nel corso degli anni tante lamentele verso gli studenti e la loro movida. Ma cosa fa il Comune per gli studenti che sono quasi un terzo della popolazione pisana? E’ possibile che in una città di 100 mila abitanti a mala pena ci siano oltre 4000 case sfitte e altrettante affittate al nero. Non sarebbe compito della Pm scovare gli affitti in nero o multare quegli esercizi commerciali che raddoppiano i prezzi con i turisti?

In provincia di Pisa si sono persi migliaia di posti di lavoro, ci sono tantissimi precari, molti studenti lavorano al nero, gli artigiani sono scappati via dal centro storico e le amministrazioni del Pd non hanno fatto nulla per trattenerli, ci sono decine di locali nati in pochi mesi, locali che hanno avuto i permessi dal Comune

Ci sono spese effimere, basti ricordare quelle del Giugno Pisano o quasi 200 mila euro per gli alberi di Natale per abbellire il centro cittadino . Poi ci sono spazi pubblici come Leopolda e Sms inutilizzati, potrebbero ospitare tante iniziative degli studenti, pensiamo ad iniziative in cogestione anche con il mondo delle associazioni, di sicuro ci sarebbero alternative valide alla movida in piazza dei cavalieri .

Prendiamo ad esempio il quartiere della stazione , secondo noi basterebbe coinvolgere le realtà migranti dentro un progetto condiviso contro il cosiddetto degrado, basterebbe requisire un centinaio di appartamenti vuoti destinandoli alla emergenza abitativa, basterebbe pedonalizzare alcune vie e dare dei prestiti agli artigiani per affitti calmierati di fondi , sono solo proposte che partono da una idea diversa della città, diversa dalle grandi opere immobiliari o dalle inutili opere come il people mover costato tanti soldi e di cui si servono in pochissimi, con il rischio che questa spesa venga tra alcuni anni scaricata sui cittadini pisani se la azienda, che ha in gestione in trenino , non dovesse avere gli introiti promessi (lo abbiamo letto sulla stampa)

In molte interviste ai politici e locali leggiamo di un ritorno alla normalità , di politici che devono scendere al livello dei cittadini e dei loro problemi reali

Non pensiamo che cio’ accada, infatti nessuno parla del continuo aumento dell’età pensionabile che taglia fuori i giovani dal lavoro, di Industria 4.0 che darà tanti soldi alle imprese ma allo stesso tempo tagliando migliaia, milioni per alcuni esperti, di posti di lavoro. Abbiamo timore di una società che alimenta la paura, la rassegnazione e la subalternità delle masse subalterne, che racconta ai cittadini della urgenza di limitare il diritto di sciopero. Pensiamo al servizi pubblico, ci sono sempre meno bus verso le periferie e la provincia, siamo costretti ad usare il mezzo privato e arrivati in città non c’è un parcheggio che non sia gratuito .LA loro normalità per noi è solo sopruso E’ normale aspettare mesi per una ecografia? E’ normale che studenti lavorino gratuitamente dentro quella economia della promessa che forse un giorno riserverà qualche contratto precario? E’ normale lavorare fino a 70 anni per poi prendere una pensione da fame? E’ normale tacere sulla distruzione dei diritti civili in Libia nei campi di detenzione dei migranti finanziati con i soldi italiani? E’ normale che dopo 10 anni di blocco dei contratti gli aumenti saranno inferiori a 50 euro netti? E’ normale che non esistano piu’ il diritto allo studio e alla salute? E’ normale che con la soppressione delle province siano venuti meno tanti progetti di formazione destinati agli studenti che avevano abbandonato le scuole, a migranti in cerca di una professionalità che permetta loro di guadagnarsi onestamente il pane sostenendo magari le loro famiglie lontane? Dobbiamo rovesciare la idea di normalità che ogni giorno viene imposta dai media, la socialità vissuta solo dentro i luoghi del consumo, i cittadini trasformati in utenti, i lavoratori in una massa silenziosa e passiva disposta a subire di tutto con il ricatto del licenziamento facile reso possibile dal jobs act.

La nostra ricetta è un’altra, la rivendicazione dello spazio pubblico in comune fuori dalle logiche di mercificazione, la città con politiche urbanistiche decise dai cittadini, servizi reali per la popolazione e modelli di cogestione.