I dati sensibili dei cittadini europei verranno trasferiti in Israele
- maggio 16, 2024
- in misure repressive
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Israele potrà trasferire nel suo paese i dati dei cittadini europei. Come se niente fosse, come non ci fosse un genocidio, come se fosse un paese sicuro dal punto di vista della privacy.
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“Facile e conveniente” – è così che l’Unione Europea ha definito la sua decisione di trasferire i dati sensibili dei cittadini europei in Israele. Come se niente fosse, come non ci fosse un genocidio, come se fosse un paese sicuro dal punto di vista della privacy. Come se sulla sorveglianza di massa non avesse costruito gli strumenti per le stragi a Gaza.
La notizia è di qualche tempo fa, ma si è saputa solo ora: la Commissione di Bruxelles ha dato via libera alla possibilità del trasferimento dei dati da e verso Israele e che ora potrebbero essere profilati, controllati, spiati da Tel Aviv.
Già nel 2011 Israele fu considerato paese non proprio sicuro e molti, anche fra i tecnici incaricati dalla Ue, suonarono un campanello di allarme, sostenendo che le leggi israeliane non garantivano la tutela della privacy. All’epoca, la Commissione si accontentò della promessa di Tel Aviv di adeguare qualche norma e ricevette la prima autorizzazione, in seguito non andata in porto.
Eppure, all’inizio di quest’anno (ma come detto, lo si è saputo solo ora), la Commissione ha di nuovo concesso il semaforo verde al trasferimento dei dati verso Israele. La Commissione Europea ha riconosciuto lo status «di adeguatezza», affermando così che Israele garantisce gli stessi standard del Gdpr.
“Questo riconoscimento elimina la necessità di meccanismi legali specifici per il trasferimento dei dati in Israele, come clausole contrattuali dettagliate. Di conseguenza, riduce i costi per le imprese e le organizzazioni in Israele, minimizza i rischi legali e crea un vantaggio competitivo per le aziende israeliane” – ha affermato il garante per la tutela della privacy del governo israeliano. In sostanza, ora la sorveglianza di massa passa per Tel Aviv.
Stavolta però rispetto a quel che è avvenuto tredici anni fa, è insorto il mondo delle associazioni e delle ong che difendono diritti umani e diritti digitali. Una lettera firmata dalla più autorevoli associazioni per i diritti umani e digitali – tra cui Amnesty International, AccessNow ed Edri – che assieme ad altre decine di gruppi hanno scritto una lettera aperta all’Europa, chiedendo di rivedere questo via libera per i motivi tecnici che sono gli stessi del 2011:
- in Israele non c’è nessuna norma che obblighi la trasparenza nell’uso dei dati;
- non esiste possibilità per un cittadino di un altro paese di ricorrere contro l’uso distorto dei suoi dati;
Ma oltre a tutto ciò, c’è quel che è avvenuto e sta avvenendo a Gaza dove ora si sa che le stragi dell’esercito israeliano sono state compiute e spesso guidate dall’intelligenza artificiale, istruita rubando i dati sensibili dei palestinesi. Vi è un immenso database all’origine delle stragi controllando, sorvegliando qualsiasi cosa, dai telefonini, alle tv, alle mail. Eppure l’Unione Europea ha dato il via libera al governo sionista di Tel Aviv di usare i dati sensibili dei cittadini europei, ignorando le denunce e le stesse leggi europee.
In Europa la materia dei dati sensibili è regolata da una serie di leggi, racchiuse nel Gdpr. Sono le norme più avanzate nel mondo che “garantirebbero” molte difese (tutela della privacy, contro i tentativi di profilazione, che assicurano un diritto di scelta delle persone sull’uso dei propri dati), se solo venissero applicate rapidamente ed in ogni loro parte. Ce n’è una che imporrebbe il giudizio automatico di «non adeguatezza» per gli Stati che prelevano dati da altri Paesi senza autorizzazione: i Territori Palestinesi Occupati, così come l’occupazione coloniale israeliana delle alture del Golan siriano, per la giurisprudenza internazionale non fanno parte del territorio di Israele. Questa Europa, ha dunque ignorato qualsiasi sua norma e in questi mesi, ha ignorato, una volta di più, qualsiasi obbligo morale.
Amnesty International, Statewatch, Access Now e diverse altre organizzazioni scrivono preoccupate alla Commissione Europea: “L’Unione europea ha scelto di consentire il trasferimento illimitato di dati a Israele. Le normative del paese relative all’ottenimento, al trattamento e al successivo trasferimento dei dati personali non sono però in linea con gli standard delineati nel Regolamento generale sulla protezione dei dati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE”.
Diversi i punti sollevati dalla lettera. In primis sorgono dubbi sull’attuale stato di diritto in Israele. Il genocidio in atto e le pressioni del governo Netanyahu mettono a repentaglio l’indipendenza della magistratura perché è stata sempre troppo ampia la discrezionalità assegnata all’esercito e alle forze di polizia, accentuata dal tentativo pre-7 ottobre 2023. “Temiamo che la Commissione non abbia sufficientemente tenuto conto di questi sviluppi” – scrivono le organizzazioni. In secondo luogo, la valutazione dell’Unione: “non tiene conto delle pratiche di sorveglianza di Israele, mostrando una comprensione imprecisa e limitata dei tipi di dati sulle comunicazioni – compresi i dati sulle comunicazioni tra individui nell’UE – che rientrano nei poteri di conservazione dei dati e di intercettazione legale di Israele”.
Ricordiamo infatti che le forze di sicurezza israeliane hanno un accesso illimitato ai dati biometrici nazionali: un database che contiene impronte digitali e dati facciali di circa 7 milioni di persone. Inoltre arrivano da Israele tutti gli strumenti di sorveglianza e spyware responsabili del tracciamento di giornalisti e politici. Dice Marwa Fatafta, che per AccessNow segue da anni le vicende in Medio Oriente: «I trasferimenti indiscriminati di dati personali da e verso i territori occupati sono stati determinanti per la costruzione dell’apparato di sorveglianza di massa, decisivi per la costruzione di database biometrici dei palestinesi e il loro utilizzo per liste di uccisioni generate dall’intelligenza artificiale a Gaza. Israele non può in alcun modo essere considerato un paradiso per la protezione dei dati».
Nel frattempo però, i cittadini europei potrebbero già essere profilati, controllati e spiati dal governo di Tel Aviv.
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