“Mi spiace sia morto a 16 anni, ma ci si ferma agli stop”. Un ragazzo di 16 anni è stato ammazzato. Ha commesso un reato? viaggiava su un motorino rubato in tre senza casco, era di un sobborgo napoletano, non si è fermato ad uno stop ed è fuggito? Questo non conta. Conta che è stato ammazzato. È morto, la sua vita ha avuto termine con un colpo di pistola al cuore. Questo conta. I commenti che ho letto sul web sono inquietanti: “Se l’è andata a cercare”. Questa mentalità presuppone che viviamo nello stesso far west che tanto si critica: vogliamo un paese dove se vai contro la legge ti sparano senza neppure farti un processo? Come si può rispondere con un: “Non era un angelo”?
Fosse stato anche il peggiore dei delinquenti, era disarmato, aveva 16 anni, come potete giustificare o trovare alibi al fatto che sia morto? Psicologicamente il bisogno di autorità nasce dalla paura di non saper gestire la realtà complessa che ci circonda. La paura non elaborata, porta individui disorientati ad aggrapparsi con disperazione alla legge della forza e della repressione selvaggia di tutto ciò che non è conforme. Il diverso e l’irregolare diventano il pericolo numero uno, da eliminare anche fisicamente o almeno dalla propria vista. Eppure la complessità esiste, e se ognuno di noi si lasciasse andare alla legge selvaggia del taglione, finiremmo sterminati.
Il principio di realtà, l’elaborazione intellettuale degli istinti primari, aiutano gli incoscienti e chi è vittima di impulsi barbarici, ad entrare nel consesso umano. Ma non è solo il lume della ragione che può aiutarci. Esiste una parola: “compassione”. La compassione deriva da Cum Patior: soffro insieme a qualcuno, mi metto in contatto empatico con l’altro. Non è pietismo: è alla base dell’essere umani. Partecipare al dolore altrui ci permette di di incontrare l’altro in un territorio comune e di creare un Noi. Solo una persona cinica o anaffettiva può mettere in secondo piano una giovane vita umana, rispetto all’obbedienza ad uno stop. Ci disgustiamo per le esecuzioni del Califfato islamico senza renderci conto che i terroristi usano la stessa giustificazione alla violenza: “Occidentali, ve la siete cercata”. No, partiamo da un dato di fatto: per nessuna ragione un essere umano merita una punizione come la morte o la tortura per un crimine. Qui non è in ballo il discorso sul futuro processo che ci sarà, è in ballo la reazione psicologica di molti utenti sul web.
Se si devono stabilire delle colpe, che esse ricadano su cosa ha prodotto l’indifferenza e il cinismo dell’uomo post moderno. Interroghiamoci seriamente su come è possibile che un essere umano adulto possa scrivere: “Se quel ragazzino viaggiava con un motorino rubato, bene hanno fatto a sparargli”. Personalmente ho molta più paura di una persona che dice queste cose che di un ragazzino che ruba un motorino. Lasciamo ad altri riflessioni sociologiche sulle periferie e sulle cause della ” devianza”. Credete che ai Parioli a Roma i ragazzini siano tutti casa e chiesa? E come mai se muore un napoletano di un sobborgo ci si scandalizza di meno rispetto alla morte di un ragazzo di un contesto “bene”? Per lo stesso motivo per cui un bambino morto di Gaza fa meno scalpore di un morto Israeliano. Perché, come diceva Chomsky, ci sono vittime ” indegne di compassione”. Ed io mi chiedo se questo è un uomo.
P.S. “Ma a 16 anni frequentava pregiudicati e latitanti”. In posti disagiati è più facile incontrare e frequentare pregiudicati o piccoli grandi delinquentelli che spesso delinquono proprio per il contesto e il degrado. Come in politica, anzi peggio perché lì hanno rubato non per esigenza a per voracità egoista. Vedi alla voce Berlusconi, Dell’Utri. Questi ultimi non sono stati freddati per strada, ma uno fa pure le riforme costituzionali.
Barbara Collevecchio da huffingtonpost