DDL Tortura: “Una legge gradita al partito della polizia”
- maggio 12, 2015
- in malapolizia, tortura
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I vertici delle forze dell’ordine “temono” il pur ammorbidito ddl sulla tortura. A dirlo oggi in Commissione Giustizia il capo della Polizia e comandanti dei Carabinieri e della Guardia di finanza che parlano del rischio di “essere criminalizzati con denunce strumentali”. Il centro delle critiche è la trasformazione che dal Senato alla Camera ha subito il reato: nel testo originario era un un reato comune con un’aggravante per i pubblici ufficiali; la disciplina introdotta dalla Camera invece riguarda quasi solo i pubblici ufficiali, come accade in gran parte dei paesi del mondo.
Ne parliamo con Lorenzo Guadagnucci, giornalista professionista, è uno dei fondatori del Comitato Verità e Giustizia per Genova. Ha scritto fra l’altro “Noi della Diaz” (Altreconomia 2002 e 2008), “La seduzione autoritaria. Diritti civili e repressione del dissenso in Italia” (Nonluoghi 2005), “L’eclisse della democrazia. Le verità na scoste sul G8 2001 a Genova” (con Vittorio Agnoletto, Feltrinelli 2011). Ascolta
COMUNICATO STAMPA ALTRECONOMIA
La legge sulla tortura approvata il 9 aprile scorso dalla Camera è gradita al “partito della polizia” (la definizione è di Marco Preve). È netta la valutazione che Lorenzo Guadagnucci, giornalista, vittima dell’irruzione poliziesca alla scuola Diaz-Pertini di Genova nel luglio 2001 e autore per Altreconomia di “sTortura”, ha riproposto lunedì 11 maggio durante il convegno milanese “Dal sangue della Diaz al reato di tortura?”. Con lui al tavolo sono intervenuti anche Valerio Onida, presidente emerito della Consulta, Enrico Zucca, sostituto procuratore a Genova e pm al processo Diaz e l’ex portavoce del Genoa Social Forum Vittorio Agnoletto.
L’iter al Senato entra nel vivo oggi, martedì 12 maggio, ma il provvedimento approvato dopo l’inequivocabile sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sui fatti della Diaz dell’aprile scorso rischia di non essere applicabile a fatti analoghi alla “macelleria messicana” del G8.
Un potenziale epilogo paradossale che Guadagnucci ha addebitato non solo all’ingiustificato timore patito dalla politica nei confronti dei corpi delle forze dell’ordine -prova ne sono state le audizioni svolte in Parlamento, che non hanno mai dato spazio alle vittime o ai legali delle vittime- ma anche alle organizzazioni della società civile, intrappolate nel compromesso ricattatorio del “meglio di niente”.
“No, è meglio niente”, ha detto Guadagnucci, lanciando anche un appello pubblico per cercare di riaprire la discussione parlamentare nel merito: troppe le manchevolezze del testo della Camera, che si discosta profondamente dalla Convenzione Onu cui invece avrebbe dovuto rifarsi. Su tutte, la natura generica del reato e la cattiva qualificazione della condotta.
“Occorre chiamare le cose con il loro nome” ha affermato poi il pm Zucca, richiamando l’attenzione sulla recente dichiarazione di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, che si è spinto a dirsi “indignato dopo la sentenza della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo”, aggiungendo che “i fatti della Diaz sono vergognosi, ma le indagini su quei fatti hanno consentito di individuare le responsabilità, anche dei vertici, senza bisogno del reato di tortura”. Parole “inquietanti” secondo Agnoletto che sono in netto contrasto con quelle evidenze fotografate e sanzionate -all’unanimità- dalla Corte europea.
E se Zucca è giunto ad affermare che questo reato di tortura, così come è impostato, con tutti quei distinguo finalizzati a “non spaventare la polizia”, porta a non spaventare nemmeno le parti insane della Polizia -quando invece dovrebbe farlo, come indica la sentenza della Cedu e nonostante Cantone-, la discussione al Senato, in commissione Giustizia -il relatore è Buemi-, va in tutt’altra direzione. E cioè di una censura al testo della Camera perché ritenuto punitivo nei confronti della divisa.
Come detto, oggi partiranno le prime audizioni informali volute dal presidente della commissione Giustizia Nitto Palma (Forza Italia). Anche in questo caso, l’ordine prioritario delle voci da raccogliere non pare cambiato: il capo della Polizia, il comandante generale dell’arma dei carabinieri, il capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il comandante generale della Guardia di finanza, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati e il presidente dell’Unione camere penali. Nessuna ombra della Diaz, com’è stato per la Camera.
Il rischio è che l’ennesimo rallentamento porti con sé un frutto avvelenato. E cioè una svolta decisionista che conduca all’approvazione di una legge “sbagliata” e “dannosa” (Guadagnucci). Lontana da Strasburgo e vicina al partito della polizia.
“sTortura”, scrive Guadagnucci, “non ha altra ambizione se non mettere in fila, come in una pagina di appunti, le persuasioni (e alcuni propositi) maturati negli anni, dal G8 di Genova in poi, attraverso l’impegno per l’affermazione dei diritti umani e delle libertà civili, un impegno che si è nutrito del confronto con numerose persone e organizzazioni alle quali andrebbe chiesto, a questo punto, di fare un deciso passo avanti e di scuotere istituzioni che paiono stordite dalla propria pluriennale ignavia”.
Nel suo saggio, Guadagnucci riflette intorno ai limiti della legge sulla tortura approvata frettolosamente due giorni dopo la Sentenza di Strasburgo dalla Camera dei deputati, e attualmente in discussione in commissione Giustizia al Senato. Dalle pagine del pamphlet, Guadagnucci rilancia l’esigenza un’inchiesta parlamentare sullo stato di salute democratica delle nostre forze dell’ordine, delle quali -spiega- “sappiamo pochissimo, come ha dimostrato la vicenda dell’agente Fabio Tortosa e della sua rivelatrice ‘rivendicazione’ via Facebook dell’impresa compiuta nel 2001 alla Diaz”.
“sTortura”, 64 pagine, liberamente scaricabile dal nostro sito (clicca qui)