«Che ci siano dei quattrini pubblici gestiti da chi occupò dei locali è una cosa bizzarra»: si tratta di uno dei tanti attacchi che il ministro Matteo Salvini ha rivolto ai ragazzi dell’Ex Canapificio di Caserta. Il titolare del Viminale non si è preso la briga di verificare che l’associazione ha un regolare contratto di comodato d’uso stipulato con la regione Campania. «I quattrini» derivano dall’aver vinto un bando pubblico per la gestione dello Sprar da 200 persone che è un modello in Italia. L’Ex Canapificio realizza «percorsi di inclusione sociale bilaterale»: i ragazzi prendono la licenza media e chi vuole prosegue gli studi, fanno tirocini formativi (il 20% ottiene un contratto a tempo indeterminato, la media italiana è del 6), gestiscono il Pedibus cioè accompagnano a piedi i bambini a scuola facendo lezioni di educazione civica. Il pomeriggio tengono corsi di inglese e francese gratuiti per le famiglie che non possono pagare il doposcuola, si occupano degli spazi pubblici abbandonati. Mimma D’Amico, a nome dell’Ex Canapificio, aveva chiesto a Salvini di non cancellare il permesso di soggiorno per motivi umanitari: «Sarà il caos in molte città».
D’Amico, come giudicate il dl Sicurezza?
Siamo abituati all’equazione immigrazione uguale problema di pubblica sicurezza, un’impostazione che il decreto voluto da Salvini cristallizza nella legge più razzista degli ultimi quindici anni. Ad esempio, prevedere l’espulsione per chi non ha il permesso di soggiorno come un automatismo, è un principio che c’era già nella Bossi-Fini che prevedeva l’espulsione con la cessazione del contratto di lavoro. Abbiamo già visto i centri di detenzione, a cui di volta in volta viene cambiato solo il nome, il trattenimento per l’identificazione fino a 180 giorni. Insomma nel dl Sicurezza ci sono principi vecchi, ma peggiorati. L’esperienza ci ha insegnato che questi strumenti creano solo disagio e paura tra i migranti accanto a un crescente senso di insicurezza nella popolazione.
Quali sono gli elementi che vi preoccupano di più?
Fino a oggi prefetture, comuni, Asl operavano sulla parte straordinaria dell’accoglienza avendo come orizzonte di riferimento gli Sprar. Adesso il sistema si scinde in due, quello che era straordinario, il Cas, prende il sopravvento offrendo per altro un’accoglienza ridotta al minimo. Così persino chi è vulnerabile finirà negli hotspot per mesi e poi nei Cas. L’Anci ha stimato che sui comuni ricadranno più di 200milioni di costi: i migranti, infatti, non spariscono ma verranno catapultati sui servizi sociali, senza alcun rimborso da parte dello stato per le amministrazioni locali.
Cosa succederà in Campania?
Tra Caserta, Castel Volturno e Napoli le comunità migranti sono già adesso disorientate. Gli sforzi fatti per la loro emersione verranno vanificati, aumenterà la sfruttamento lavorativo, tempo un paio di mesi e avremo una bomba sociale da gestire. Chi aveva il permesso umanitario aveva il tempo per cercare di regolarizzare la propria posizione, passare da un lavoro in nero al contratto. Adesso ricadrà quasi certamente in circuiti illegali. Per Castel Volturno (dove vivono 15mila migranti irregolari, ndr) avevamo chiesto fondi per l’integrazione: 4 milioni per borse lavoro, corsi di italiano e accompagnamento all’affitto. Il governo va in direzione opposta. Siccome i rimpatri nei fatti non avvengono, neppure quelli volontari, la conseguenza sarà che le forze dell’ordine dovranno fare controlli amministrativi persona per persona, un grande dispendio di uomini e mezzi economici sottratti al contrasto alla camorra, al traffico di droga e alla tratta di esseri umani. Anche questa è una cosa già vista.
Salvini vi ha definito «estremisti di sinistra che fanno business con gli stranieri».
Abbiamo invitato il ministro a Caserta a verificare di persona ma non è mai venuto. Invece di fare accuse senza fondamento, dovrebbe darci un premio per aver pensato prima agli italiani, come piace alla Lega. Grazie a come abbiamo condotto il nostro progetto Sprar, il comune di Caserta ha ricevuto dal Viminale la premialità prevista dalle norme (ma che il governo gialloverde ha cancellato) di 165mila euro. Due settimane fa i migranti hanno scritto una lettera aperta proponendo che il premio venisse utilizzato per coprire i costi dei buoni libro che gli studenti di Caserta non avevano avuto per mancanza di fondi (due anni arretrati) da parte del comune, che è in dissesto. Così 1.300 alunni hanno ottenuto il contributo.
Cosa avrebbe dovuto fare il governo?
È stata già depositata in parlamento la legge di iniziativa popolare «Ero straniero», 90mila firme raccolte, per superare la Bossi-Fini e istituire l’accoglienza diffusa, sul modello Sprar, con canali di ingresso regolari. Quello che hanno approvato, invece, produrrà solo insicurezza.
Adriana Pollice
da il manifesto
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E adesso l’attacco alle rimesse dei migranti
Abolire la protezione umanitaria e imporre illegittimamente una stretta sul diritto d’asilo, provocherà un aumento delle persone senza documenti e della manodopera alla criminalità. Anche la tassa extra sul Money transfer arricchirà il circuito illegale
Le sorprese non mancano, con questo governo, e la sensazione è che si faccia a gara a piazzare quanti più ostacoli possibili per i cittadini stranieri che vivono nel nostro Paese e sempre più iniqui. Nelle scorse settimane tra i commenti allarmati sulle modifiche introdotte dal decreto «sicurezza», non si era mancato di sottolineare uno dei tanti interventi ingiusti, quello sulla richiesta della cittadinanza italiana: l’aumento da 200 a 250 euro del contributo obbligatorio da pagare per presentare la domanda e il prolungamento dei tempi per ottenere una risposta da 24 a 48 mesi. Modifiche incomprensibili soprattutto agli occhi delle migliaia di cittadini stranieri regolarissimi i quali, dopo aver aspettato almeno dieci anni per poter finalmente accedere al percorso di cittadinanza e vedersi riconoscere diritti e opportunità, si ritrovano ora beffati e costretti a superare nuovi ostacoli che di fatto «impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese», tanto per ricordare l’art. 3 della nostra Costituzione.
Adesso, si è andati oltre: un emendamento della Lega al decreto fiscale prevede un prelievo dell’1,5% su tutti i trasferimenti di denaro diretti verso i paesi extraeuropei, da aggiungere alla commissione già prevista. Un vecchio cavallo di battaglia leghista, già proposto nel 2011 dall’allora senatore Massimo Garavaglia, oggi sottosegretario all’economia, in termini simili – una tassa del 2 per cento sui trasferimenti fatti da persone senza codice fiscale e matricola Inps, e quindi irregolari – e oggi perfezionato e riproposto. La ricetta vessatoria nei confronti degli stranieri è sempre la stessa. Non possiamo dimenticarci che nel 2009 fu introdotta nel nostro paese la «tassa di soggiorno» e cioè il contributo da pagare per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, arrivando a chiedere fino a 200 euro, importo di quasi quaranta volte superiore a quello pagato dai cittadini italiani per avere la carta di identità cartacea. La misura evidentemente discriminatoria, su cui si era espressa criticamente anche la Corte di giustizia europea, è stata cancellata solo nel 2016 su intervento del Tar per poi essere nuovamente introdotta nel 2017 con importi più bassi.
La Fondazione Moressa, da sempre osservatorio attento sull’economia dell’immigrazione, ha spiegato bene cosa significhi questo nuovo balzello sulle rimesse degli immigrati, che nel 2017 sono arrivate a valere 4,13 miliardi di euro: tra commissione e prelievo, verrebbe trattenuto circa il 7% degli importi, un costo altissimo per i lavoratori immigrati e soprattutto per le famiglie nei paesi di origine destinatarie dei trasferimenti. Per lo Stato, entrate per circa 62 milioni di euro. Il tutto mentre a livello internazionale – G20 e Onu – si lavora per fare in modo che l’incidenza delle commissioni sui trasferimenti non superi il 3 per cento.
Facile immaginare quale sarà la scelta – obbligata – di fronte a questa misura ingiusta: rivolgersi ai circuiti illegali che offrono un servizio del genere e che non aspettavano altro per arricchirsi. È lo stesso meccanismo perverso per cui il governo del cambiamento dichiara guerra agli stranieri irregolari e all’illegalità, salvo poi abolire la protezione umanitaria e imporre illegittimamente una stretta sul diritto d’asilo, provocando di fatto un aumento delle persone senza documenti e garantendo manodopera da sfruttare alla criminalità.
I dati nei prossimi mesi non tarderanno a confermare queste previsioni e tante saranno le sentenze che interverranno su questa materia: sappiamo da tempo che l’approccio repressivo e discriminatorio della Bossi-Fini ha fallito ed è insensato riproporlo oggi, in un paese così profondamente cambiato. Quella legge va definitivamente superata, ripartiamo da qui.
Liana Vita – ricercatrice