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Delirio d’estate torinese

Se non ci fossero in ballo le vite di 19 profughi somali, ci sarebbe da farsi grasse risate. Sono almeno due settimane che, sui giornali locali soprattutto, sta andando in scena una barzelletta altezzosa e urticante. Protagonisti il prefetto Paolo Padoin, il Comune del sindaco Sergio Chiamparino e dell’assessore Marco Borgione, il questore Aldo Faraoni. Diatriba sorta ancora sull’impellente e irrisolta questione profughi.
Trasferimento in via Asti. Nel settembre 2009 il trasferimento dei migranti dall’ex clinica occupata San Paolo all’ex caserma di via Asti. Sistemazione con una data di scadenza: 31 maggio 2010, poi i profughi dovranno “fare fagotto” dalla già caserma La Marmora per non intasare i progetti metropolitani di gentrification pensati dinnanzi al sopraggiungere del centocinquantenario dei festeggiamenti dell’Unità d’Italia. Lo sgombero di via Asti; una patata bollente rimpallata da due mesi, con tutti che han tentato di non avere nuovamente a che fare con una vicenda con la quale tutti si son scottati in città. Si pensi agli scontri in piazza Castello del 27 gennaio 2009, alle occupazioni degli stabili da via Bologna in poi, alle contestazioni che hanno scatenato il putiferio mediatico, quindi l’insopprimibilità delle domande politiche poste.
Soggettività migranti in conflitto. 19 profughi somali non hanno ritenuto dignitose per loro le soluzioni-farsa propinate dalle istituzioni per il compimento dello (sperato) auto-sgombero di via Asti. E, pur nell’insoddisfazione della sistemazione nell’ex caserma, hanno ritenuto bene di resistere, di non mostrarsi compiacenti alle minacce e alle chiacchere di Comune e Prefettura, dichiarandosi indisponibili alla levata delle tende dalla struttura rimodellata a dormitorio e chiedendo i loro diritti di cittadinanza non corrisposti. A fine luglio si sono presentati in decine per richiedere la residenza a Torino, trovando un ulteriore porta in faccia, rivendicando un riconoscimento essenziale per poter accedere ai basilari servizi di welfare nel nostro paese. “Casa lavoro residenza”, questo hanno gridato per un anno intero i rifugiati dell’ex clinica occupata San Paolo: resta l’ineludibilità delle loro necessità, come la dirompente forza soggettiva di migranti che, nelle lotte, hanno non solo sviluppato soggettività non plasmate dall’elemosina ma anche capacità di costruire forza politica. Soggettività oggi autonomamente in grado di rivendicare quanto gli spetta, di giocarsi le carte a loro disposizione; nella circolazione di un sapere altro dentro un corpo migrante spesso davanti problematiche dirimenti e massificate.
Il tempo dello sgombero. La tarantella dello sgombero di via Asti avrebbe dovuto avere una fine il 7 agosto scorso, il prefetto Paolo Padoin a ridosso della cacciata dallo stabile aveva dichiarato che i profughi non posso continuare a credere di avere solo diritti e nessun dovere, che se sarà necessario l’uso della forza se lo saranno voluti. Solfa di discorso del peggior leghismo… Il 7 agosto arriva, ma il prefetto è “fuori città”, l’assessore alle politiche sociali Marco Borgione in vacanza in Sardegna, il sindaco Sergio Chiamparino impegnato a propugnare la sua auto-candidatura alle primarie del Partito Democratico… Proroga fino al 9 agosto, i profughi somali dicono “qui ci troverete”. Le carte sono sul tavolo: la Questura mantiene il suo basso profilo perchè c’è poco da guadagnare, il questore Aldo Faraoni non proferisce parola; la Prefettura oramai è impelagata in un gioco dal quale non le è possibile estromettersi; il Comune se ne lava accuratamente le mani, vuole le sgombero e amen. Ieri il giorno dello sgombero, dopo tentennamenti e spocchie. Arriva la polizia, che a dispetto di quanto dichiarato da Padoin, non vuole sgomberare ma cercare una soluzione… Arrivano pure le anime pie di Terra del Fuoco, organizzazione volontaristica puppa-soldi mai in vacanza, ma la loro mediazione è inutile e non richiesta. Su indicazione del consigliere Paolo Salza della circoscrizione 8 si profila il trasferimento negli spazi dello sgomberato Velena Squat: tutti annuiscono ma nessuno si vuole prendere la responsabilità. Il bus messo a disposizione dalla Gtt carica i rifugiati in via Asti, li porta fino in piazza Borromini, ma nessuno vuole scendere, gli è stato promesso altro… Arriva il via libera dalla polizia per spingersi fino in corso Chieri 19, dove sorgeva il Velena Squat, sgomberato dalle smanie securitarie di Chiamparino lo scorso anno. I 19 somali sfondano la porta murata, entrano nello stabile, danno il via alle prime essenziali pulizie. Tutti gli altri fuori, assistono, probabilmente tirano un sospiro di sollievo per una giornata annunciata molto più calda…
Miseria del governo. Stamattina lo spettacolo sulla carta stampata; non uno che sia soddisfatto della nuova sistemazione venutasi a creare, tutti piagnucolano e rilanciano. Il prefetto Paolo Padoin, l’ultras dello sgombero coatto, si lamenta, bisogna cacciarli, come se non fosse anche sua l’opera. La Questura, dopo il lavoro da video-maker e il rispetto dell’ordine di non adoperare la forza, annuncia denunce per i profughi occupanti. Il sindaco Sergio Chiamparino fa sapere di aver richiesto lo sgombero alla Questura, alla quale l’assessore alla polizia municipale Domenico Mangone rinfaccia la paternalità dell’operazione fallita… che spettacolo indecente e ridicolo! che miseri e pusillanimi i personaggi del governo della nostra città! Staremo a vedere cosa succederà da qui a breve, se succederà qualcosa… complice il caldo e la festività di ferragosto, le vacanze dorate e gli interessi reali di chi dovrebbe affrontare la vicenda dei profughi somali di, oggi, corso Chieri. Vedremo se sarà ancora affare dello stesso prefetto Paolo Padoin, se cercherà di andarsene da Torino con il manganello in mano o nel silenzio delle celebrazioni già consumate all’annuncio del suo trasferimento a Firenze. E’ stato detto, “due anni e mezzo densi di soddisfazioni e successi”, sarà. Nella bacheca dei trofei torinesi ci sarebbero le gestioni della Fiera del Libro con Israele ospite d’onore, la campagna dei sondaggi in Val Susa e il G8 dell’università; noi ci ricordiamo (perchè c’eravamo!) narrazioni altre, dove ad emergere è stata ogniqualvolta l’ingovernabilità del conflitto e la forza del discorso ribaltato, non la propaganda!
Padoin style. Esemplificativo della statura politica e morale del prefetto Paolo Padoin non può che trovare rappresentazione in quanto, questa mattina, è possibile leggere sui quotidiani cittadini: “Questi profughi hanno rotto, evitiamo pietismi stupidi”; “Se ne vadano da qualche altra parte in Italia. Questi profughi iniziamo a prenderli anche un pò a calci nel sedere”; “Mi sembra sia stato dato tutto il tempo necessario. Non me ne frega più nulla se non se ne andranno li butteremo fuori”. Buona Firenze prefetto, non ci mancherà nè lei nè il già trasferito Spartaco Mortola. La miseria del linguaggio come risultante dell’incapacità governamentale. Questo ha dimostrato, altro che successi e soddisfazioni…

fonte; InfoAut