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Delirio politico

Lavoro/ reddito,territori, corpi.

In una giornata uggiosa e solitaria il cervello militante partorisce deliri in opposizione all’ansia della repressione:

“Qualsiasi intenzione e introduzione normativa in mano a questo governo e ai precedenti risponde ad un amministrare questo sistema e non combatterlo.

I processi di accumulazione e i movimenti del capitale, abbracciano tutti i settori e creano nuove forme di vita, sia in termini consequenziali sia in termini di risposta a questo sistema. Provare a parcellizzarli, come si prova a fare spesso, significa voler nascondere dei segnali che ci indicano le crepe dove lavorare per aprire nuovi scenari. I metodi e i sistemi di produzione, commercializzazione e consumo, si riproducono in maniera omologa  in ogni settore e tipologia produttiva materiale e immateriale. Le soggettività che sono nate e che stanno nascendo sono il prodotto e la risposta a tutto quello che ogni giorno viviamo. Struttura e sovrastruttura sono un solo corpo sistemico, una sorta di sistema metabolico, fatto di segnali risposta, equilibri, osmosi, inserito in una realtà sempre più complessa.

La “crisi” economica e finanziaria è stata necessaria finora per tenere bassi i salari e  garantire al capitalismo di ristrutturarsi e trovare nuovi e molteplici terreni di conquista, nuove maschere. Controllare la forza lavoro, controllare le vite e i corpi, rendendoli produttivi in ogni contesto e fase, spremere i territori. Ma per chi?

1.Licenziamenti, chiusure, delocalizzazioni, decentramenti, cessioni di rami produttivi, introduzione di tecnologie riguardano quella che era la classe operaia e il suo il lavoro, quello di trasformazione della materia, di creazione, di soddisfacimento dei bisogni. E ancora, infortuni mortali e gravi, con conseguenze economiche e umane devastanti. A convivere con i lavori tradizionali, a cui è riconosciuta oggi un marginale condizione del diritto, vi sono affiancati lavori 4.0, come uno spartiacque generazionale epocale, li vede privi di tutele e investiti da un formale vestito di auto-imprenditorialità (vicenda dei riders del delivery food, alternanza scuola-lavoro, stage aziendali), creando una scomposizione, forse senza precedenti nella storia. Queste categorie convivono, con quelle ai margini. Per vulnerabilità e ricattabilità, parte della forza lavoro finisce per volontà politica, fatta di leggi sicuritarie ( vedi l’ultimo Decreto sicurezza), nelle maglie del circuito criminale del caporalato,  dei laboratori clandestini e nei campi di alcuni distretti economici, nello sfruttamento sessuale dei litorali e della città. Lo chiamano esercito di riserva, ma forse è esercito operaio attivo, che significa: massimo tempo di lavoro e minimo di salario.

Vi è un filo che percorre un pensiero. Le politiche di sostegno allo sviluppo rurale, paragonabile al sovvenzionamento delle Start Up o della richiesta di formazione continua per i laureati che spingono ad entrare nel mercato del lavoro, di un lavoro sempre più segmentato e flessibile ( nonostante i proclami dell’attuale governo di smantellare i vecchi impianti normativi dal Treu, Biagi, Jobs act) non sono, forse, uno strumento che serve a controllare la forza lavoro in una fase dove i capitali sottoforma di profitto e proprietà, tendono a concentrarsi con incorporazioni, fusioni, decentramenti a seconda di ciò che più conviene al capitale?

Inoltre, i danni che la messa al valore del lavoro produce in termini di inquinamento e distruzione dei territori,  sono contraddizioni da superare. Ricomporsi per difenderlo o superarlo? Quale strada? Tutte le possibili.

Ritorno alla proprietà agricola latifondista, acquisto o esproprio di terreni, detenzione delle sementi da parte di multinazionali per progetti agricoli, infrastrutture che nascondono speculazioni ( TAV, MOSE) o di transizione verso la riconversione “ecologica” (progetto TAP – SNAM), incorporazioni nel settore logistico e nel settore dei servizi, sono movimenti dove si riproducono esternalizzazioni, infinite filiere di appalti, distruzione e non riconoscimento dei contratti di lavoro subordinati, insomma, minimizzazione dei costi di produzione e massimizzazione dei profitti. E dove vi è di mezzo il regime concorrenziale (fasullo) o collaborativo tra pubblico e privato, addebito dei costi alla collettività con tutti i danni collaterali annessi in molte situazioni e contesti. Vi è ormai una tendenza a riprodurre questo rapporto. Anche nel settore della scuole e della sanità, si vede l’impiego a macchia di appalti a cooperative per garantire livelli essenziali di assistenza, come la continuità assistenziale di base.

2. Permangono, anche all’interno di aree geografiche regionali, zone differenziate in termini di sviluppo e produttività. Ci sono aree con alta produttività e un alto grado di tecnologia (meccanica e automatica) con filiera di trasformazione, distribuzione e vendita ed aree ad alta produttività dove gli investimenti in termini tecnologici sono scarsi. A seconda del grado tecnologico, la forza lavoro ha una concentrazione di collocamento nei diversi settori presenti. A influenzare la condizione dei territori e delle popolazioni che li abitano, sono le scelte politiche fatte in un ottica di semplice amministrazione dei flussi economici in mano ai giganti dei settori. Dalla produzione delle sementi alle reti logistiche e informatiche, fino al dominio degli algoritmi e della speculazione immobiliare ed edilizia, l’economia incontrollata del capitalismo avanzato determina questi scenari che hanno molteplici effetti a livello materiale ed esistenziale. Danni ambientali ed economici, gentrificazioni, sgomberi, spopolamento, sconvolgimenti relazionali ed antropologici, stili di vita (aumento della tossicodipendenza, alcolismo, gioco d’azzardo), accomunano i territori sviluppati, quelli sottosviluppati e spopolati e quelli dimenticati a seguito di “calamità naturali”, la città e il paese, il centro e la periferia, ma investono ovunque le classi sociali povere e impoverite.

3. Il controllo dei corpi, è in fase di intensificazione, in particolare quello delle donne e delle soggettività non eteronormate, dei bambini, dei lavoratori e delle lavoratrici, dei poveri, dei migranti. I dispositivi sottoforma di pensiero, prassi e leggi, gli strumenti tecnologici intensificano in questi anni il controllo totale sulla vita, sulle scelte, sul lavoro, sulle emozioni, sul linguaggio diventano egemonici in questa fase. E la risposta dello sciopero trans femminista e di tutte le categorie sociali che pagano questo sistema in termini esistenziali e materiali, è una risposta che va supportata e praticata come sta avvenendo a livello globale. Nell’epoca della “femminilizzazione” del lavoro, del ddl Pillon, degli antiabortisti, dei moralismi deliranti legalitari, non c’è soggettività più strategica che possa rimettere in discussione le relazioni e i rapporti di forza all’interno della società. Ed è forse la direzione giusta per ricompattarsi in una maniera nuova.

Sta a noi comprendere come tutto questo ci investe, anche a livello micro e provare a trovare pratiche di difesa, attacco e sottrazione del lavoro, dei territori, dei corpi”.

Xanax – Fine

Renato Turturro