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Deportati in Albania, è un sequestro di persona

Ha fatto la sua ricomparsa la figura della persona illegale, per colpa soltanto delle sua identità ed esistenza. In Europa si assiste a una gara penosa nelle politiche di esclusione

di Luigi Ferrajoli da il manifesto

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato che «saremo in grado di trarre lezioni da questa esperienza nella pratica». Il presidente di turno dell’Unione Victor Orbán ha di recente parlato di rimpatri fuori dei confini europei. Il premier inglese Keir Starmer si è detto interessato all’esperimento albanese. E il presidente polacco Donald Tusk, per battere la concorrenza della destra nella campagna elettorale contro i migrati, ha annunciato un piano che prevede la possibilità di sospendere il diritto d’asilo, in aperta violazione dell’articolo 18 della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione europea.

Non sono affermazioni di cui vantarsi. C’è solo da vergognarsene. Non dimentichiamo che l’Europa ha un debito gigantesco nei confronti del resto dell’umanità. Per secoli, proprio in nome del diritto di emigrare da essa stessa teorizzato alle origini dell’età moderna, ha invaso, depredato e assoggettato gran parte del pianeta. Nel secolo scorso ha allevato fascismi e razzismi e ha scatenato due guerre mondiali.

L’Unione europea è nata contro tutto questo: contro i campi di concentramento, contro i fili spinati, contro le discriminazioni e contro il razzismo. «Unità nella diversità» è la massima da essa adottata nel 2000 per esprimere questa nuova identità, basata sul valore dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani, quali che siano le loro differenze personali.

Oggi l’Europa sta rinnegando se stessa. Con le sue leggi contro i migranti – le odierne leggi razziste – ha moltiplicato le disuguaglianze di status, per nascita, tra cittadini, stranieri più o meno regolarizzati e immigrati clandestini ridotti allo stato di non-persone. Ha fatto così la sua ricomparsa la figura della persona illegale, per colpa soltanto della sua identità ed esistenza. Pagando, per imprigionarli nei lori lager, i regimi dai quali i migranti tentano di evadere, l’Europa si è nuovamente consegnata agli egoismi nazionali, ai populismi xenofobi, alle paure, alle intolleranze e ai suprematismi identitari, in una gara penosa di tutti i suoi Stati membri nelle politiche di esclusione e repressione dei diversi.

Accade così che a causa delle omissioni di soccorso, ogni anno muoiono migliaia di persone che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla fame, dalle malattie e dalla miseria e si affollano in massa ai nostri confini, dispersi e malmenati dalle nostre polizie.

Nel 2023 sono state ben 3.041 le persone affogate nel Mediterraneo. Di queste morti i nostri governi portano la responsabilità: per la negligenza delle navi della nostra guardia costiera, come è accaduto nella tragedia di Cutro dello scorso anno; per i tanti ostacoli opposti ai salvataggi delle navi soccorritrici, costrette ad approdare, anziché nel porto più vicino come impongono le norme del diritto internazionale, in porti lontani come quelli di Ancona o di Genova, a costo di inutili disagi e al solo fine di impedire ulteriori salvataggi; per le crudeli complicazioni burocratiche che hanno costretto più volte le navi umanitarie a restare a lungo nei porti in condizioni di fermo amministrativo, mentre centinaia di persone affogavano in mare o morivano per la fame e la sete.

Oggi l’Unione europea è a un bivio, tra involuzione ed evoluzione, tra regressione e progresso. Può cedere alle logiche identitarie e razziste del nemico o del diverso, oppure prendere sul serio i suoi valori fondanti, l’uguaglianza e la dignità delle persone, che sono valori intrinsecamente universali che valgono al di là di qualunque confine.

Può accettare e promuovere la divisione in due del genere umano – l’umanità che viaggia liberamente per il mondo, per turismo o per affari, e l’umanità dei sommersi e degli esclusi, costretti a terribili odissee e a rischiare la vita nei loro fragili barconi -, oppure comprendere che sulla questione migranti si gioca oggi la sua identità democratica e la dignità di tutti i suoi paesi membri.

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