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Dietro le sbarre di Caltanissetta come nelle carceri sudamericane

Condizioni da tortura nel penitenziario siciliano. I detenuti scrivono alla Corte europea di Strasburgo per denunciare condizioni disumane e degradanti.

Il carcere di Caltanissetta in condizioni da terzo mondo? Coperte strappate e sporche, i detenuti non ricevono nemmeno i prodotti di prima necessità per l’igiene. Costretti a restare rinchiusi 19 ore al giorno in minuscole celle, dove c’è un piccolissimo bagno da condividere nella migliore ipotesi con 4 detenuti, e con finestre che presentano infiltrazioni di acqua.

L’ora d’aria? Ammassati in piccoli ambienti.

Poi ci sono i detenuti che fanno il primo ingresso in carcere, vengono messi giustamente in quarantena preventiva per la questione del Covid 19, ma costretti a dormire in letti privi di lenzuola e con materassi in pessime condizioni igieniche. Questo e tanto altro segnalano i detenuti ristretti nel carcere di Caltanissetta, al punto di mandare una missiva alla Corte europea di Strasburgo per denunciare condizioni disumane e degradanti.

Una lettera, con decine di firme, che i detenuti del carcere nisseno hanno inviato anche al Dap, ministero della Giustizia, magistrato di sorveglianza, garante nazionale delle persone private della libertà, al Partito Radicale e all’associazione Antigone. Le condizioni descritte, se confermate, sembra l’esatta fotografia delle carceri di alcuni Paesi sudamericani. I detenuti denunciano che la quotidianità della vita in quel carcere è una vera e propria tortura psicologica.

Come detto, sono costretti a vivere quasi l’intera giornata dentro celle inadatte per garantire un minimo di dignità, ma durante l’ora d’aria va anche peggio. Per un’ora al giorno i detenuti verrebbero ammassati in un ambiente simile alla cella, tanto che la maggior parte di loro sono costretti a rimanere in piedi.

Mentre per il passeggio, la condizione appare ancora più deplorevole. Secondo la denuncia, si svolgerebbe in uno spazio di pochi metri e tra le mura altissime e una rete metallica come tetto.

Alcuni detenuti rinunciano i passeggi per mancanza di spazio. Il carcere di Caltanissetta è sprovvisto di qualsiasi sala per fare attività durante l’ora fuori dalla cella. Secondo i detenuti, l’unico sport concesso è il calcetto. Ma un’ora ogni 15 giorni, per solo 12 detenuti.

Ma non va tanto bene nemmeno con le chiamate ai famigliari. I detenuti del carcere di Caltanissetta denunciano che le telefonate sono svolte esclusivamente su linea fissa: ciò crea un problema enorme, visto che la maggior parte dei famigliari non hanno un telefono fisso. E le videochiamate? Male anche lì.

I detenuti denunciano che vengono effettuate in un piccolo container dove si è costretti a stare vicinissimi tra di loro: essendo ammassati, le voci si sovrappongono, il segnale della rete è debole e spesso cade la linea. «Tutto ciò rende impossibile e snervante sia la videochiamata che il colloquio», si legge nella lettera.

Non finisce qui. I detenuti denunciano che la maggior parte dei farmaci sono a carico loro, la ragioneria dell’istituto nisseno pagherebbe lo stipendio ai lavoranti con circa due mesi di ritardo, causando così non poche difficoltà a chi non ha soldi nel proprio conto corrente.

Ancora. Denunciano di essere costretti ad utilizzare le coperte strappate, sporche e vecchie dell’amministrazione, senza la possibilità di usare quelle personali ignifughe.

Non verrebbero distribuiti i prodotti di rima necessità per l’igiene. L’area educativa sarebbe del tutto inesistente.

Male anche per i detenuti che fanno il primo ingresso nel carcere, i cosiddetti nuovi giunti.

Come da protocollo per prevenire il contagio del Covid 19, sono ubicati in quarantena preventiva. Ma secondo la denuncia, non riceverebbero lenzuola, federe e prodotti per la sanificazione della cella. I nuovi giunti sarebbero quindi costretti a dormire con lenzuola di carta. I materassi e cuscini sarebbero scaduti da parecchi anni e non più igienici. La sanificazione avverrebbe a spese del detenuto e solo quando si distribuisce la spesa del sopravvitto. C’è chi non ha disponibilità economica, ma sopravvive grazie all’aiuto di altri detenuti.

Un carcere, se confermata anche la metà di ciò che i detenuti hanno denunciato, fatiscente e dove i detenuti vivono in condizioni disumane.

In pratica subiscono un trattamento contrario alla Costituzione italiana e alla convenzione europea dei diritti dell’uomo. I detenuti chiedono un intervento urgente da parte delle istituzioni, altrimenti – così scrivono nella lettera – «siamo costretti a mettere in atto uno sciopero drastico per far rispettare la dignità della persona».

Damiano Aliprandi

da il dubbio