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Disertore russo nuovamente in fuga: auguri!

Come preannunciato, finora ho rigorosamente evitato di commentare quanto sta accadendo in Ucraina.

Lo interpreto come l’ennesimo scontro tra imperialismi, capitalismi, oligarchie…ognuno con il proprio codazzo di ultranazionalisti, fascisti, bigotti etc.

Nessuno sconto a Putin, ma nemmeno alla NATO e a chi si era illuso di entrare trionfalmente, dalla porta principale, nel “mondo libero” occidentale. Scoprendo invece a proprie spese (o meglio: a spese del popolo) di non essere altro che carne da cannone.

Per quel che vale, l’unica Ucraina di cui posso aver nostalgia è quella stroncata (da tutti: truppe straniere tedesche o polacche, nazionalisti benestanti e – purtroppo – bolscevichi maleinformati) nel 1921: la gloriosa esperienza di comunismo libertario conosciuta come machnovščina.

Detto questo, ci sono notizie che non si possono ignorare. Per quanto apparentemente “minori” e insignificanti di fronte alla “Storia” con la “S” maiuscola. Esprimono, sempre a mio modesto avviso, quanto rimane di non addomesticato, asservito, omologato dell’animo umano.

Mi riferisco in particolare a quanto è avvenuto a Loukhivitsy e alla carambolesca fuga di un giovane dissidente antimilitarista.

Probabilmente l’atto di ribellione del ventunenne che nella notte del 28 febbraio aveva scagliato una molotov contro la porta (chiusa: un gesto più che altro simbolico) dell’ufficio di arruolamento dell’esercito a Loukhivitsy (regione di Mosca), sarebbe stato registrato come un semplice episodio senza gli sviluppi successivi.

Arrestato l’8 marzo alla frontiera tra Bielorussia e Lituania, aveva dichiarato di aver compiuto tale gesto per “distruggere l’archivio con i dati personali dei coscritti e impedirne la mobilitazione”.

Non solo. “Io spero – aggiungeva – di non dover leggere i nomi dei miei compagni sulle liste dei morti in guerra. Sappiano i rappresentanti di questa spazzatura (riferendosi ai governanti e ai capi dell’esercito nda) che il loro popolo li detesta e li annienterà”. Estradato dalla Bielorussia, il giovane veniva quindi condotto presso il Dipartimento degli Interni di Loukhovitsy. Ma il 13 marzo, mentre veniva sottoposto all’interrogatorio, riusciva a fuggire saltando da una finestra e poi scavalcando un muro altro tre metri.

O almeno questo è quanto è stato dichiarato ufficialmente. Al momento non sarebbe stato ancora rintracciato. Auguri!

Qualcosa di simile era accaduto anche a Voronej e a Sverdlovsk.

A Voronej il 2 marzo veniva lanciata una molotov contro la porta dell’ufficio di arruolamento dell’esercito. Il volto dell’autore era stato però inquadrato dalle telecamere di sorveglianza e la polizia lo avrebbe già identificato.

Anche a Sverdlovsk alcune molotov erano esplose alle cinque del mattino del 13 marzo contro l’ufficio di arruolamento della regione. In questo caso il presunto attentatore, un giovane di 25 anni, sarebbe già stato arrestato e accusato di tentato omicidio in quanto il guardiano, rimasto comunque indenne, si trovava all’interno dello stabile.

Gianni Sartori

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«Non andrò a uccidere i miei fratelli!». Il soldato coraggioso è quello che diserta

«L’altro giorno, ho dato fuoco all’ufficio di registrazione e arruolamento militare nella città di Lukhovitsy, nella regione di Mosca, e l’ho filmato su gopro. Ho dipinto il cancello con i colori della bandiera ucraina e ho scritto: “Non andrò a uccidere i miei fratelli!” Dopodiché ho scavalcato la recinzione, ho cosparso di benzina la facciata, ho rotto i vetri e ci ho lanciato bombe molotov. L’obiettivo era distruggere l’archivio con i file personali delle reclute, che si trova lì. Ciò dovrebbe impedire la mobilitazione nel distretto. Spero di non vedere i miei compagni in cattività o nelle liste dei morti… Gli ucraini devono sapere che in Russia si combatte per loro, non tutti hanno paura e non tutti sono indifferenti. I nostri manifestanti devono essere ispirati e agire in modo più deciso. E questo dovrebbe spezzare ulteriormente lo spirito dell’esercito e del governo russi. Fai sapere a questi figli di puttana che la loro stessa gente li odia. La terra comincerà presto a bruciare sotto i loro piedi, l’inferno attende anche in casa»

Kiril ha 21 anni ed è un dissidente antimilitarista, un disertore

la notte del 28 febbraio ha lanciato una molotov contro la porta chiusa dell’ufficio di arruolamento dell’esercito a Loukhivitsy, nella regione di Mosca

dopodiché si è sbarazzato del telefono e, senza mai mettersi in contatto con i suoi parenti, è fuggito verso l’Ucraina

l’8 marzo è stato arrestato al confine tra la Bielorussia e la Lituania ed è stato estradato d’urgenza, portato alla stazione della polizia di Lukhovitsy dove è stato aperto a suo carico un procedimento penale per “vandalismo”

il 13 marzo, di buon mattino, ha chiesto di andare in bagno, le manette sono state rimosse e dopo il bagno Kirill è stato scortato all’ufficio del dipartimento investigativo criminale dove lo aspettava un interrogatorio

Kiril è saltato fuori dalla finestra ed è scappato riuscendo a scavalcare una recinzione alta tre metri e raggiungere l’autostrada

qualcuno dice di averlo intravisto nella foresta

l’azione di Kiril è un atto simbolicamente potente che lo ha esposto a un enorme pericolo: un’azione simbolica mentre le bombe uccidono migliaia di persone e la repressione ne arresta e perseguita altrettante

la sua molotov da sola non fermerà Vladimir Putin né la guerra tra le nazioni ma è il simbolo di un popolo che non si piega al “fascismo antifascista” di zar Putin

Tiziana Barillà

Comments ( 1 )

  • Gianni Sartori

    Un commento di getto SOLO apparentemente in contrasto con l’articolo qui sopra per onorare Edy Ongaro, (nome di battaglia Bozambo, in memoria di un altro partigiano).
    A mio avviso, anche se per un osservatore superficiale potrebbero apparire schierati su campi contrapposti, sia il giovane e spericolato disertore russo, sia il compagno veneto caduto nel Donbass, hanno lottato – qui e ora, nelle circostanze a loro consentite per quanto possibile – per la Giustizia e la Libertà.
    Per l’Umanità, in sostanza.
    Altro non posso dire che non sia stato detto dai suoi compagni (vedi comunicato del Collettivo Stella Rossa – Nordest).
    Aggiungo solo che conosco Giussago di Portogruaro, il suo paese d’origine. Qui alcuni parenti, ormai molto anziani o “andati” , militanti del PCI “all’antica”, mi raccontarono, oltre a molti episodi della Resistenza, delle lotte dei braccianti e degli “obbligati” contro i proprietari terrieri (e anche contro qualche mezzadro particolarmente benestante). Stalle svuotate nel cuore della notte (con le mucche a zonzo per i campi per giorni e giorni), sbarre di ferro infilate tra le spighe del frumento quando le prime trebbiatrici condannarono alla disoccupazione centinaia di contadini poveri che prima lavoravano a giornata (con la “sesola”, il falcetto, quello storicamente “maritato” col martello) e altre azioni “luddiste” similari.
    Evidentemente il compagno caduto per l’autodeterminazione dei popoli del Donbass (cosa diversa da una guerra statale) non ha tradito le sue origini.
    RIP
    Gianni Sartori