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Il dissenso di piazza nelle mani del «superprefetto» Salvini

Nel decreto sicurezza bis oltre all’attacco alle ong si «criminalizzano» anche le proteste

Migranti, organizzazioni non governative, oppositori di varia natura sono ancora una volta usati come scudi elettorali. Il cosiddetto decreto sicurezza-bis di Salvini è palesemente fuori dalla ragionevolezza costituzionale. L’obiettivo esplicito è quello di concentrare una somma di poteri nelle mani di un solo ministro, guarda caso quello dell’interno. Nella bozza di decreto-legge che circola si sommano vizi formali e vizi sostanziali nel nome di una disumanità a cui oramai troppi si stanno abituando.

Il testo è in primo luogo palesemente carente dei presupposti che giustificano la decretazione d’urgenza. Ad esempio il calo degli indici di delittuosità, così come certificato dallo stesso ministro dell’interno, non legittima un’ulteriore stretta penale. La corte costituzionale ha inoltre più volte affermato che è illegittimo giustapporre in modo scriteriato norme disomogenee. Nel decreto sicurezza-bis sono state inserite norme amministrative contro chi soccorre vite in pericolo, norme che criminalizzano il dissenso, norme che cambiano l’organizzazione interna allo Stato, norme che modificano l’organizzazione giudiziaria allo scopo di sottrarsi al giudice naturale precostituito per legge, norme che sottraggono competenze ai ministeri della giustizia e dei trasporti per affidarle pericolosamente al ministero dell’interno, norme che riguardano le prossime Universiadi.

Sembra di essere tornati al 2006 quando Carlo Giovanardi fece approvare la pessima riforma del testo unico sulle droghe in un decreto-legge che riguardava la sicurezza alle Olimpiadi invernali di Torino. Oggi la scusa per legiferare di corsa sono le Universiadi di Napoli. Nel 2014 la Corte, nel nome della ragionevolezza e della necessaria omogeneità della decretazione d’urgenza, cancellò parte della legge Fini-Giovanardi. Avallare una pratica incostituzionale significa comportarsi da recidivi reiterati.

Ai motivi formali si aggiungono quelli di sostanza. La previsione di una multa per chi salva vite è fuori dalla legalità internazionale e interna, oltre che essere immorale. Si sommano illegalità e ingiustizia. Un copione sconosciuto finanche nella tragedia di Antigone. L’attribuzione di competenze al ministero dell’interno del potere di vietare il transito o la sosta di imbarcazioni determina una degradazione di tutto ciò che accade nello spazio marittimo a questione di ordine pubblico. La criminalizzazione della solidarietà, che fino a oggi ha visto naufragare qualsiasi inchiesta penale, sarà sottratta al controllo giurisdizionale.

Le norme in materia di manifestazioni pubbliche che prevedono aumenti di pena o nuove circostanze aggravanti, andando addirittura a irrigidire il testo unico di Polizia del 1931 di epoca fascista, costituiscono una forma di criminalizzazione del dissenso che non è giustificabile con la necessità di garantire manifestazioni pacifiche. Prevedere che l’organizzatore di una riunione, seppur non autorizzata, risponda di danneggiamenti o saccheggi operati da altri, contraddice il principio costituzionale della responsabilità penale personale. Infine, l’istituzione di un commissario governativo che si sostituisca alla magistratura nel potere di decidere l’ordine da attribuire all’esecuzione di sentenze penali significa minare alla radice quella separazione dei poteri che è alla base di ogni ordinamento democratico.

In una recente pubblicazione in onore dell’illustre giurista Guido Alpa, il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha scritto che criterio ultimo e determinante di ogni ricerca giuridica, e dunque della stessa produzione normativa, non può che essere ‘la centralità della persona’. Un rispetto dell’altro che il decreto in questione mette fortemente in discussione e che nessun giurista fedele alla sua missione potrà mai avallare.

Patrizio Gonnella – Antigone

da  il manifesto

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«C’è il rischio che si limiti il diritto a manifestare»

«Non mi pare che gli sbarchi rappresentino un’urgenza, anche perché si sono notevolmente ridotti. Piuttosto è urgente salvare la vita delle persone in difficoltà, compresi i migranti che si trovano in mare». Cristina Ornano è Gip a Cagliari e segretario nazionale di Area, la corrente che riunisce i magistrati di sinistra.

Area ha espresso un giudizio severo su questo nuovo decreto sicurezza.
Abbiamo segnalato le forti criticità che poneva sul piano della tenuta costituzionale. Direi che i dubbi manifestati dal Colle e le stesse liti all’interno del consiglio dei ministri – stando a quanto riferito dai giornali – dimostrano che i problemi ci sono e ci confortano sul giudizio espresso, che resta severo nonostante le limature che sarebbero state adottate.

Per quale motivo?
Intanto proprio per l’utilizzo della decretazione di urgenza. In Italia le vere urgenze legate alla sicurezza a nostro avviso sono legate alla criminalità organizzata, ai fenomeni di corruzione sempre più diffusi e gravi, ai reati di violenza contro le donne. Non certo ai migranti. Con le ultime modifiche apportate al decreto viene meno la multa per ogni migrate trasportato ma viene prevista una sanzione, anche pesante visto che si va dai 10 mila ai 50 mila euro più la confisca della nave, per chi infrange il divieto di ingresso, transito e sosta in acque territoriali. A chi si riferisce? Tutti pensano alle navi che hanno soccorso i migranti in difficoltà. Non vorrei che fosse il tentativo di far rientrare dalla finestra quello che si era voluto abolire. Il dubbio che si voglia limitare l’attività di soccorso resta.

Quali altri punti del decreto la preoccupano?
Tra quelle che suscitano maggiore preoccupazione per i loro possibili effetti ce n’è una della quale si è parlato di meno e riguarda l’attribuzione alle procure distrettuali delle nuove competenze in materia di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Una norma che a nostro avviso rappresenta un appesantimento delle procure distrettuali senza alcuna utilità. Ma c’è anche il pericolo di una limitazione dei diritti di manifestazione, che oltre a essere di dubbia costituzionalità rappresenta un pericolo anche per il messaggio culturale che si vuole trasmettere. L’articolato prevede degli inasprimenti di pena che riteniamo non abbiano nessuna utilità e per di più si rischia di introdurre surrettiziamente forme di responsabilità oggettiva quando si prevede che l’organizzatore di una manifestazione debba rispondere di eventuali danni cagionati da terzi.

Nel frattempo proseguono gli attacchi alla magistratura, con la richiesta rivolta ai magistrati di candidarsi.
La legittimazione dei magistrati non si fonda sul consenso popolare ma deriva dalla nostra funzione e dal nostro ruolo costituzionale. Questi attacchi purtroppo non sono nuovi, la politica talvolta soffre l’azione della magistratura proprio perché è autonoma, indipendente e ha come punto di riferimento i valori costituzionali, la legge e le norme internazionali. E noi soltanto a quelle rispondiamo.

Intervista a cura di Carlo Lania per il manifesto

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