Video e testimoni raccontano di un’aggressione a freddo della polizia alla Sapienza. Ma politica e media dipingono gli scontri di Roma come una mezza insurrezione. Perché chi dissente è già un criminale
di Luciana Cimino e Micaela Bongi da il manifesto
Come da tradizione, dopo ogni manifestazione di studenti va in onda il più longevo film poliziottesco della storia italiana. La trama è sempre la stessa. All’indomani delle cariche e dei manganelli, viene diffuso dalle istituzioni, forze dell’ordine e governo, un resoconto che giustifica la reazione della polizia. A volte si tratta di notizie fortemente esagerate, a volte di fake news, come nel caso delle ormai note manganellate agli studenti minorenni di Pisa dovute, secondo la versione diffusa dagli agenti, alla necessità di impedire ai ragazzi di avvicinarsi alla Sinagoga.
IL FATTO non è mai avvenuto: il corteo andava in tutt’altra direzione, ma per giorni la destra ha cavalcato l’immagine dei manifestanti violenti. Nel caso degli scontri alla Sapienza di martedì, culminati con due arresti, convalidati ieri, per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamento di beni dello Stato, la presidente del Consiglio e la destra hanno parlato di «devastazioni, aggressioni, scontri, assalti al Rettorato e al Commissariato, con un dirigente preso a pugni» (Meloni), «professionisti della violenza», «apologia di terrorismo», «criminali», «seguaci di Hamas».
LA QUESTURA ieri ha fatto sapere che nel corteo ci sarebbero stati «almeno 5 anarchici estranei ai contesti universitari» con 27 agenti feriti. «Li avremo feriti nei sentimenti», chiosa Gaia. L’ironia serve per scacciare la sensazione che ci sia stato un cambio di passo nella strategia del governo e che l’ordine ora, avallato dalla premier in persona che non teme più le reprimende del Presidente della Repubblica, sia quello di stroncare il movimento studentesco. «Questa narrazione è inaccettabile, noi saremmo i violenti e i facinorosi perché ci preoccupiamo della popolazione civile palestinese e non degli interessi industriali? Serve a nascondere il contenuto politico della nostra protesta», commentavano gli studenti e le studentesse di Sapienza for Palestina.
LA LORO RICOSTRUZIONE è diversa: «Alle 15.30 il corteo è partito facendo il percorso classico del giro della città universitaria, in attesa della risposta dal senato accademico – raccontano Francesco, Davide, Giulia, Giacomo e Gaia -. Tornati al rettorato ci arriva la notizia del comunicato della Sapienza che metteva una pietra tombale sulla discussione. Gli animi si sono riscaldati e ci sono stati dei tafferugli. Eravamo in assemblea a Scienze Politiche, la giornata sarebbe finita se non ci avessero detto che Mohamed era stato fermato su via de Lollis, fuori dalla Sapienza», spiegano. E quindi: «A quel punto il corteo spontaneamente si è diretto verso la questura ma non abbiamo fatto in tempo neanche a uscire dal cancello che c’è stata la prima carica della polizia in tenuta antisommossa. Poi la seconda, nella quale è stata presa Stella, e ancora la terza e la quarta». Diversi tra di loro denunciano di aver sentito chiaramente i poliziotti scambiarsi le frasi «quanti ne dobbiamo prendere?», «prendiamone uno o due» durante la seconda carica.
«NON AVEVAMO NESSUNA intenzione di fare bordello ma solo pressione su via Tiburtina, qualche errore l’avremo fatto, forse. Ci aspettavamo la repressione ma non così, prendendo a strascico due manifestanti e accusandoli di lesioni per un graffio». Non hanno intenzione di fermare la mobilitazione. Ieri alcuni hanno cominciato lo sciopero della fame mentre danno appuntamento al pratone della Sapienza per oggi. «Invitiamo tutta la comunità accademica e tutta la città solidale a venire in assemblea per avere un momento di vero dibattito pubblico sulle rivendicazioni che da mesi portiamo avanti e che per ora sono state vergognosamente ignorate».
LA RETTRICE Antonella Polimeni è stata ancora invitata al confronto. Da novembre non incontra gli studenti. Per il 24 aprile, invece, è previsto un comitato per l’ordine e la sicurezza con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e la ministra dell’Università Anna Maria Bernini. E qui torna la retorica del governo sulla convocazione: per fare massima attenzione sui «gruppi di area antagonista ed anarchica» che punterebbero «a cavalcare la protesta universitaria» alzando il livello degli scontri di piazza.
L’irresistibile fascino delle fake news
Assalti, devastazioni, guerriglia, un dirigente della polizia preso a pugni, anzi no, due feriti tra le forze dell’ordine che poi diventano 27. Immaginiamo l’area dentro e intorno all’università La Sapienza dopo il pomeriggio di violenze «da anni 70»: un campo di battaglia con macerie fumanti, auto incendiate, marciapiedi e muri anneriti da bombe carta e chissà, molotov.
Immaginiamo, ma non vediamo. Vediamo invece ragazze e ragazzi per lo più con le braccia alzate, a viso scoperto, senza mazze o altri oggetti contundenti in mano e polizia che alza scudi e agita manganelli. Vediamo quelle immagini e intanto leggiamo e ascoltiamo il flusso di presunte notizie e commenti che scorre sulle agenzie di stampa e i siti, arriva sui quotidiani e rimbalza nelle tv in un rumore di fondo dove voci di esponenti politici e di alcuni “commentatori” – giornalisti con il dovere di informare e ancor prima informarsi – surfano con disinvoltura su quel flusso aumentandone la potenza incontrollata: «soliti noti», «violenti», «assalti», arrestati «due fuoricorso che invece di studiare» aggrediscono i poliziotti. Sì, sì, sembrano proprio gli anni ’70 ripetono a destra coltivando un’ossessione venata di nostalgia.
Dei bandi oggetto delle proteste, salvo poche eccezioni, si parla poco o nulla, non conviene, non interessa o forse non se ne sa niente. Le devastazioni ci sono davvero, ma a Gaza e con decine di migliaia di morti ma si costruiscono devastazioni immaginarie addebitandole a chi di quei massacri vorrebbe parlare. Si commentano notizie di provenienza incerta o si inventano di sana pianta. Non si capisce chi l’ha detto prima, Giorgia Meloni l’ha detto sicuramente: «Devastazioni, aggressioni, scontri, assalti a un Rettorato e a un Commissariato, con un dirigente preso a pugni. Questo non è manifestare, ma delinquere».
Riallineato l’ordine del discorso l’allegra fiera delle fake news non si ferma nemmeno di fronte ai video (quelli in circolazione, certo), il falso è più attraente, l’improvvisazione non costa la fatica della verifica, il conformismo è una cappa rassicurante che avvolge anche centro e sinistra con poche voci dissonanti (il sindaco Nardella in uno dei tanti talk prova a insistere, «le immagini parlano chiaro»).
È Telemeloni ma non solo, la voce del o della più forte del momento che ordina gli eventi e incanta, l’attitudine alla repressione del dissenso di chi ora governa. Ma anche la scarsa volontà o il poco coraggio nel rappresentarlo, quel dissenso.
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