Egitto: Alaa Abd el-Fattah non deve finire sepolto e “insabbiato” come Giulio Regeni
Il governo Meloni si arrende alle menzogne di Al Sisi. Si sono venduti il cadavere torturato di Giulio Regeni per il gas e le forniture militari al Cairo. Così muore per la seconda volta un cittadino italiano: senza giustizia e calpestando le indagini della nostra magistratura. Persa ogni credibilità internazionale. Nel frattempo in Egitto rischia di consumarsi l’ennesima violazione dei diritti umani
di Gianni Sartori
Il governo italiano sembra intenzionato, “dopo una comprensibile pausa dovuta allo shock per il caso Regeni” (cito testuale e traduco: un minuto di silenzio non si nega a nessuno), a ripristinare scambievoli rapporti (del resto mai interrotti, soltanto rallentati) in campo commerciale e militare con l’Egitto. Oltre alla fornitura di gas (liquefatto beninteso) al nostro Paese dal pozzo Zohr IX, torna in campo la fornitura all’Egitto degli aerei di Leonardo (trattative iniziate quando era ancora Finmeccanica). Si tratterebbe di 24 jet da addestramento (!?!) per i piloti dei caccia. Ma, ci spiega l’esperto “possono essere anche a loro volta armati” e comunque “anche sul training ci sarà probabilmente qualcosa da guadagnare”. E ci mancherebbe che non fosse così!
Inoltre l’Egitto sarebbe (condizionale d’obbligo) in trattative per acquistare qualche Eurofighter (di cui Leonardo detiene il 60%) e alcuni aerei Art 72Mp (ancora da Leonardo).
Da Fincantieri, infine, due fregate Fremm (già in navigazione in quanto consegnate all’Egitto (“in sordina”) tra la fine del 2021 e aprile di quest’anno (quindi par di capire quando era ancora in carica il ministro Guerini, governo Draghi).
Detto questo, nel frattempo in Egitto rischia di consumarsi l’ennesima violazione dei diritti umani.
Lo scrittore quarantenne Alaa Abd el-Fattah si trova rinchiuso nel carcere di Wadi al-Natroun (non lontano dal Cairo) per le sue attività politiche avendo partecipato alle proteste sia nel 2011 che nel 2019. Dopo quello della fame ora è entrato anche in sciopero della sete, nonostante i suoi gravi problemi di salute. In gran parte conseguenza di un precedente sciopero della fame durato oltre 200 giorni.
Non è chiaro di quanto seriamente se ne sia discusso al vertice per la COP27 di Sharm el Sheik. Pare sia intervenuto, sollecitando una rapida soluzione, un portavoce di Downing Street (il detenuto oltre a quella egiziana detiene la cittadinanza britannica) mentre Macron avrebbe avuto precise garanzie sulla tutela della salute di Alaa Abdel Fattah dal governo egiziano. Ma senza fornire un quadro preciso.
Così come non sono state del tutto rassicuranti le dichiarazioni di Sameh Choukri (a capo della diplomazia egiziana e presidente della COP27) secondo cui “Alaa Abdel Fattah gode di tutte le cure necessarie”.
Preoccupazione legittima (visti i precedenti): non è che qualcuno sta pensando di ricorrere all’alimentazione forzata per caso?
Va comunque preso atto che sia Londra che Parigi (e in un secondo tempo anche Berlino e le Nazioni Unite, tramite Olaf Scholz, Volker Türk e António Guterres) hanno preso posizione in difesa del prigioniero politico e – pare – richiesto il suo rilascio direttamente al presidente Al-Sisi.
La settimana scorsa erano intervenuti sedici premi Nobel (tra cui Annie Ernaux, Wole Soyinka, Svetlana Alexievich, Mario Vargas Llosa, Patrick Modiano…) invitando i partecipanti al vertice a richiedere la liberazione sia dello scrittore in sciopero della fame, sia dei numerosi prigionieri politici egiziani segregati dietro le sbarre per reati d’opinione.
Tuttavia tali dichiarazioni sembrano non aver convinto del tutto i familiari di Alaa Abdel Fattah, in particolare la sorella Sanaa Seif presente a Sharm el Sheik. Già arrestato varie volte dal 2006, dall’inizio di aprile Alaa Abdel Fattah ingeriva giornalmente soltanto un bicchiere di tè e un cucchiaio di miele. Attualmente, come dichiarato dalla sorella in conferenza-stampa, è in sciopero totale, sia della fame che della sete. Con tutte le facilmente prevedibili conseguenze per la sua vita.