Più controlli e nuove norme per fermare le partenze. Il generale si prepara a soddisfare le richieste dell’Europa
L’Europa chiama e l’Egitto risponde. Sono passati solo tre giorni dal vertice di Vienna di sabato scorso, quando la Germania e i paesi della rotta balcanica hanno sollecitato l’Unione europea a realizzare anche con il Cairo un accordo per fermare i migranti uguale a quello siglato con la Turchia e ieri il generale Al Sisi ha risposto all’appello rivoltogli dalla cancelliera Merkel. E il presidente egiziano lo ha fatto in due modi: invitando i giovani egiziani a non lasciare il paese per cercare futuro all’estero, ma anche facendo sapere che i lavori per l’approvazione della nuova legge contro l’immigrazione illegale procedono spediti, al punto che il testo potrebbe essere licenziato già oggi dalle commissioni Affari costituzionali, Bilancio ed Esteri del parlamento.
Annuncio che segue l’ordine di rafforzare i controlli ai confini impartito mercoledì scorso da Al Sisi dopo il naufragio al largo delle coste egiziane di un barcone con a bordo 500 migranti, una tragedia che ha provocato finora 160 vittime.
Negli ultimi mesi l’Egitto è diventato il secondo punto di partenza dopo la Libia per quanti vogliono raggiungere l’Europa. Nella maggioranza dei casi si tratta di africani ai quali – dopo la chiusura della rotta balcanica – si sono aggiunti anche molti profughi siriani. Da tempo, però, sui barconi che attraversano il Mediterraneo salgono anche molti egiziani, soprattutto giovani, che non hanno altra alternativa che provare a crearsi una nuova vita in Europa. E’ a loro che ieri si è rivolto Al Sisi. «Perché dovete lasciare il vostro Paese?», ha chiesto il generale in occasione della consegna di alcune unità abitative a Gheit el Enab. Domanda retorica, la cui risposta è nella profonda crisi economica che sta attraversando il paese a causa dell’inflazione e di una disoccupazione che viaggia ormai sulle due cifre. Una realtà ulteriormente aggravata dalla crisi del turismo, al punto da spingere l’Egitto a contrattare con il Fondo monetario internazionale un prestito di 12 miliardi di dollari.
Ora l’Europa è pronta a offrire ad Al Sisi un altro miliardo di euro se in cambio il generale metterà fine alle partenze dei migranti. Un accordo che ieri la Merkel, vera promotrice di questa intesa come lo fu di quella con Ankara, vorrebbe estendere anche alla Tunisia. E che, proprio come è successo a marzo con Erdogan, ignora la sistematica violazione dei diritti umani presente in Egitto. Le nuove norme anti immigrazione che potrebbero vedere la luce nei prossimi giorni sono in linea con quanto richiesto all’Europa. 43 articoli in cui, dietro il solito impegno a combattere i trafficanti di uomini, per i quali è previsto il carcere fino a 25 anni e sanzioni fino a 56.300 dollari, si colpiscono anche i migranti sorpresi nel paese senza documenti e i minori non accompagnati. E questo in un paese in cui già oggi i migranti vengono trattati con estrema durezza. Come dimostrano le fotografe di alcuni superstiti del naufragi i mercoledì scorso ammanettati nel letto dell’ospedale in cui sono ricoverati, e dalle quali non è possibile capire se si tratti o meno di presunti scafisti.
Da mesi quanto avviene lungo le coste egiziani allarmale intelligence occidentali, che già dai primi mesi di quest’anno avevano lanciato l’allarme. I migranti vengono trasportati attraverso il paese con dei camion fino alla costa dove vengono nascosti in attesa dell’imbarco. Al contrario di quanto avviene in Libia, per attraversare il Mediterraneo non vengono impiegati dei gommoni ma imbarcazioni molto grandi, «navi madre» che attendono al largo i barchini con cui i trafficanti di uomini trasportano centinaia di uomini, donne e bambini. Carrette riempite ben oltre la loro capacità e che spesso, come dimostra il naufragio di mercoledì scorso, non riescono nemmeno a tenere il mare.
Dopo Erdogan, Al Sisi si candida quindi ad essere il nuovo gendarme dell’Europa. Un ruolo che a quanto pare svolgerebbe anche con il consenso italiano, nonostante la scarsa collaborazione dimostrata dalle autorità del Cairo nelle indagini sull’assassinio di Giulio Regeni.