Egitto: Patrick Zaki picchiato e trasferito nel carcere delle torture
Picchiato dalla polizia e portato in una cella senza bagno. È il benvenuto con cui, a poche ore dalla prossima udienza che lo riguarda, Patrick Zaki è stato trasferito nel nuovo penitenziario di Mansoura.
di Laura Cappon
Il giovane ricercatore egiziano è stato trasferito dalla struttura di Tora al Cairo, dove ha scontato la maggior parte dei suoi 22 mesi di detenzione, ed è arrivato nella sua città natale che da settembre è anche il foro di competenza del processo a suo carico. A darne notizia è stato Mohammed Hazm, amico e attivista della campagna “Free Patrick Zaki”, ieri in Italia per partecipare a un evento dedicato a Zaki.
“Negli altri casi era stato portato a Mansoura due ore prima dell’udienza”, ha detto Hazm. “Questo spostamento ci preoccupa molto perché quel carcere è noto per le torture e per i maltrattamenti che vengono regolarmente inflitti ai detenuti”.
Alcune settimane fa, lo stesso Patrick aveva ricevuto la notizia del suo trasferimento, e lo aveva comunicato ai genitori durante una visita. Ma non è chiaro se Zaki resterà nella struttura di Mansoura anche dopo l’udienza. In questo penitenziario cera già stato nel primo periodo della sua detenzione. Secondo la prassi del sistema carcerario egiziano, dopo il trasferimento, i detenuti non possono mandare lettere né ricevere visite: un altro aspetto che preoccupa famiglia e avvocati.
La prossima udienza è domani. L’ultima si era tenuta il 28 settembre e il giudice aveva accolto la richiesta della difesa di rinviare la seduta affinché gli avvocati avessero più tempo per esaminare le carte del processo. Ciò che i legali non potevano immaginare però era che l’udienza venisse fissata così avanti nel tempo. Anche per questo, prevedere cosa succederà nel tribunale per i reati di Mansoura resta quasi impossibile.
Zaki è stato rinviato a giudizio con delle prove che sono state inserite dagli inquirenti nel suo fascicolo solo poche settimane prima del provvedimento che accusa il giovane di “diffusione di notizie false e diffusione di terrore tra la popolazione”. I dieci post di Facebook non sono entrati nel processo e potrebbero tramutarsi in un nuovo rinvio a giudizio insieme alle accuse di terrorismo che per il momento non rientrano nel processo.
La difesa di Zaki non può fare altro che continuare a studiare le carte cercando di capire perché tutti i tentativi per rilasciare il giovane studente del master in gender studies sono andati falliti. Secondo il codice penale egiziano il rinvio al tribunale per i reati minori avrebbe comportato un limite massimo di carcerazione preventiva di 18 mesi. Limite che il detenuto Zaki ha superato già da 4 mesi.
da Il Domani