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Egitto: «Tharwat ucciso come Giulio Regeni»

La denuncia delle ong e della famiglia del 19enne torturato a morte. Tante similitudini con il caso Regeni a 18 mesi esatti dalla sua scomparsa. Una storia identica: «Incidente stradale», dicono le autorità egiziane

Il corpo martoriato di Tharwat Sameh, 19 anni, è stato ritrovato senza vita sulla Desert Road del Fayoum, a 130 km a sud-ovest del Cairo la mattina di lunedì 24 luglio.

Era sparito il 22 luglio dal quartiere 6 Ottobre, zona periferica della capitale. Sul cadavere evidenti segni di torture: percosse, tagli, ustioni, e tracce di scosse elettriche.

I familiari avevano perso le tracce del giovane sabato mattina, quando Tharwat era uscito di casa senza cellulare. Per oltre 24 ore nessuna notizia, poi arriva una chiamata anonima alla famiglia: dice che il figlio è stato vittima di un incidente stradale e si trova in un ospedale del Fayoum.

Mentre i parenti sono in viaggio il sito Sada al-Balad pubblica le prime notizie sul ritrovamento del cadavere di un giovane ventenne non identificato, insieme alle orribili foto del corpo. È così che vengono a sapere della tragedia.

Secondo il portale egiziano Madaad, la famiglia ora accusa esplicitamente gli apparati di sicurezza dello Stato di essere coinvolti nella tortura e nella morte di Tharwat. «Come facevano a sapere che era lui?», chiede un parente, riferendosi alla telefonata anonima ricevuta.

Il corpo era nudo, senza documenti, telefono e nessun segno di riconoscimento. Solo chi l’ha ucciso e gettato per strada poteva essere a conoscenza dell’identità del giovane.

«È il Giulio Regeni egiziano», ha commentato dalla sua pagina Facebook l’attivista Kamal Khalil, facendo eco alle centinaia di persone che nelle ultime ore hanno postato sui social le foto del cadavere di Tharwat associando la sua morte a quella del ricercatore italiano.

Coincidenza vuole che il caso di Tharwat sia esploso proprio nel giorno di una triste ricorrenza: il diciottesimo mese dalla scomparsa al Cairo di Giulio Regeni, quel 25 gennaio del 2016. Ma non è l’unica tragica coincidenza.

Una nota di Agenzia Nova riferisce che il direttore della Sicurezza Nazionale del Fayoum (dove il cadavere è stato ritrovato) è Khaled Shalabi. Ex investigatore capo della polizia di Giza, Shalabi è lo stesso funzionario che in un primo momento tentò di insabbiare le indagini sulla morte di Giulio Regeni parlando di incidente stradale. Lo stesso che, secondo alcune ricostruzioni, per primo ordinò di seguire e poi sequestrare il ricercatore italiano.

Tutto ciò mentre in Italia si intensificano i tentativi di sdoganare la normalizzazione delle relazioni con l’Egitto e il ritorno dell’ambasciatore.

Ieri sono inoltre ripresi (dopo sei anni di sospensione) i lavori del Consiglio di associazione Unione Europea-Egitto. Proprio nelle stesse ore in cui i macabri particolari della storia di Tharwat emergevano, Amnesty International lanciava un appello all’Europa a non nascondere sotto il tappeto la questione dei diritti umani a vantaggio degli interessi economici, politici e strategici.

«La mossa dell’Unione Europea di rafforzare la propria partnership con l’Egitto mostra una netta sterzata nella sua posizione», denuncia Amnesty. Nei documenti preparatori della riunione non c’è alcun riferimento alle violazioni dei diritti umani, e nello specifico ai casi di sparizioni forzate (tre-quattro casi al giorno), le uccisioni extra-giudiziali, l’impunità diffusa per le forze di sicurezza, gli oltre 40mila prigionieri politici e la stretta repressiva contro ong e stampa.

Ma se i diritti sono spariti dall’agenda, «la complicità dell’Europa non si limita al suo silenzio», continua il comunicato di Amnesty: «Metà dei paesi membri continuano a farsi beffe del blocco alle esportazioni di armi usate per la repressione interna, vendendo tali armi alle forze di sicurezza egiziane». Insomma, il vertice sarà «una grande vittoria per i responsabili degli abusi, che spianerà la strada a altre violazioni».

«Lo hanno torturato come Regeni» è la frase che rimbalza sui social media egiziani in queste ore, alimentando l’indignazione man mano che la storia si diffonde. Con la consapevolezza che purtroppo, come Giulio, Tharwat non sarà né il primo né l’ultimo di questa tragica serie.

Pino Dragoni

da il manifesto