Ergastolo. Mai dire mai: che ne pensa la terza carica dello Stato?
- febbraio 05, 2019
- in ergastolo, Lettere dal carcere
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Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono dunque chiamati oggi a lottare non solo per l’abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà. E questo, io lo collego con l’ergastolo. In Vaticano, poco tempo fa, nel Codice penale del Vaticano, non c’è più, l’ergastolo. L’ergastolo è una pena di morte nascosta. (Discorso di Papa Francesco alla Delegazione dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale, 23 ottobre 2014).
Da circa un mese un gruppo di persone del mondo accademico, del volontariato, delle camere penali, della magistratura, della cultura e della politica, rappresentanti di chiese e fedi diverse, alcuni ex ergastolani, hanno pensato di chiedere un incontro al Presidente della Camera dei Deputati per discutere con lui sul tema dell’abrogazione dell’ergastolo.
Abbiamo creato una segreteria, con recapito associazioneliberarsi@gmail.com per raccogliere le adesioni.
Abbiamo contattato gruppi di associazioni e di persone singole spesso promotori di diverse, pacifiche e costruttive, iniziative per l’abolizione dell’ergastolo e impegnati per la legalità costituzionale in carcere. Docenti universitari: Giuseppe Mosconi (Padova); Alessandro Fo (Siena); Luca Bresciani (Pisa); Adriano Prosperi (Pisa); Carlo Fiorio (PG); Giuseppe Ferraro (NA); Domenico Bilotti (CZ); Giovanni Capecchi (PG); avvocati: Maria Teresa Antonia Pintus; Daniel Monni; Maria Brucale; Magistrati: Beniamino Deidda, Franco Maisto; Laura Longo; associazioni: Nadia Bizzotto della Comunità Papa Giovanni XXIII; Antigone, Yairaiha; Ristretti Orizzonti; Il Viandante; Urla dal silenzio; Livio Ferrari; Movimento No Prison; registi: Francesco Vicari; musicisti: Alessandra Celletti; insegnanti: Aristide Donadio; psicologi: Eleonora Laino; persone religiose: Mons. Saulo Scarabattoli; eurodeputata: Eleonora Forenza; politici: Rita Bernardini; giornalisti: Lino Lombardi; Ornella Favero; Maria Antonietta Boe; attivisti: Sandra Berardi; ergastolano in liberazione condizionale: Sebastiano Prino; Carmelo Musumeci. Tutti sono molto interessati all’iniziativa, altri ancora sono in fase di contatto.
Probabilmente la maggioranza politica e quella del Paese è contraria all’abolizione dell’ergastolo, ma la storia è piena di maggioranze che sbagliano. Essere in molti non significa di per sé che si abbia ragione. La legge viene dal greco nomos: distribuire, ordinare e misurare. Ma come si fa a misurare l’ergastolo?
Crediamo che una condanna ad essere cattivi e colpevoli per sempre sia una pena insensata perché non c’è persona che rimanga la stessa nel tempo. Senza un fine pena certo, all’ergastolano rimane “solo” la vita, ma la vita senza futuro è meno di niente. Il tempo dell’ergastolano è come se fosse scandito da una clessidra: quando la sabbia è scesa, la clessidra viene rigirata…e questo si ripete incessantemente, fino alla fine dei suoi giorni. La cosa più terribile è che con questa pena la vita diventa peggiore della stessa morte, perché assomiglia a una morte bevuta a sorsi, nell’oscurità e nel silenzio. E ogni giorno in meno è sempre un giorno in più da scontare.
La maggioranza delle persone è contraria alla pena di morte, ma con la pena capitale il colpevole soffre solo un attimo, con l’ergastolo invece il condannato soffre tutta la vita. Ci chiediamo se, forse, questa forma di “vendetta”, che nulla ha a che fare con la giustizia, possa soddisfare qualcuno, comprese le vittime dei reati.
Ci sono ergastolani arrestati giovanissimi, a diciotto, diciannove, vent’ anni, che hanno passato più anni della loro vita dentro che fuori. Molti di questi ragazzi sono stati usati, consumati e mangiati due volte, prima dai notabili del territorio dove sono nati e cresciuti e poi dallo Stato centrale. A qualcuno di loro è stata messa in mano una pistola e, forse per paura o per cultura deviata, non hanno saputo dire di no. Perché non dare una seconda possibilità a questi uomini, entrati in carcere solo ragazzi, educandoli ad uscire dalla cultura criminale, offrendo loro l’alternativa di una cultura civile, dando loro un fine pena?
Una pena senza perdono, senza speranza, senza un fine, una pena disumana come il carcere a vita, senza possibilità certa di liberazione, non potrà mai rieducare nessuno.
Per punire veramente un criminale, bisogna perdonare o dare una speranza: così prevarrà il senso di colpa. Se invece si vuole far sentire innocente anche chi non lo è, basta chiuderlo dentro e buttare via la chiave.
Per l’Associazione Liberarsi
Carmelo Musumeci