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Fanno la guerra e la chiamano pace. La folle corsa al riarmo dell’Italia

La prima guerra mondiale venne chiamata “la guerra che porrà fine a tutte le guerre” e provocò 14 milioni di morti.

Vent’anni dopo, la seconda guerra mondiale uccise quattro volte i morti della prima guerra mondiale: almeno 60 milioni di morti.

Dal secondo dopoguerra l’Europa aveva avviato un lento processo di disarmo che dal 1960 aveva portato i Paesi membri a destinare alla Difesa non più il 4% del proprio PIL, ma l’1,5% (questo fino al 2020).

77 anni dopo la corsa al riarmo riprende, anche in Italia

Il 16 marzo la Camera dei Deputati ha approvato con larga maggioranza (391 favorevoli su un totale di 421 presenti) un ordine del giorno avanzato dalla Lega e sottoscritto da deputati di Pd, Forza Italia, Italia viva, M5S e Fratelli d’Italia.

Attualmente l’Italia destina l’1,4% del PIL alla Difesa, in linea con la buonanima della media europea, ma il documento relativo al “Decreto Ucraina” impegna il governo ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso la soglia del 2% del Pil: dai circa 25 miliardi di euro l’anno attuali (68 milioni al giorno) ad almeno 38 miliardi l’anno: 104 milioni al giorno, 4 milioni e mezzo di euro all’ora.

Il partito delle armi ha votato, giubilo per l’industria bellica.

Costruiranno decenni di guerra e la chiameranno pace, con buona pace dei pacifisti coi lucciconi agli occhi e il cuore pieno di speranze, a invocare le armi per i “buoni” contro i “cattivi”.

A invocare la guerra per fare la pace.

Tiziana Barillà