La protesta dello studente diventa caso psichiatrico. Accade a Fano, dove un diciottenne dell’Istituto Olivetti si è rifiutato di indossare la mascherina in aula e ha inscenato una protesta in classe incatenandosi al banco. Dopo una breve e infruttuosa trattativa col ragazzo, che è rimasto fermo sulle sue posizioni, la preside ha chiamato il 118. Insieme ai sanitari a scuola si è presentata anche la polizia e, al culmine di due ore di discussione, è arrivata la decisione più dura: prelevamento del giovane e ricovero coatto in psichiatria all’ospedale Muraglia di Pesaro.
La scuola e il sindaco di Fano provano a giustificare l’accaduto definendo il ragazzo come «vittima di plagio». La protesta, infatti, sarebbe stata ispirata da un non meglio precisato «50enne costituzionalista» che, mentre andavano in scena le trattative con gli insegnanti prima e con le forze dell’ordine dopo, consigliava il 18enne in vivavoce dal cellulare.
«Questa persone che lui chiamava ‘il costituzionalista’ – racconta la preside dell’Olivetti – gli ha anche detto che se la polizia lo avesse portato via con la forza, per gli agenti sarebbe stata un’aggravante. Uscendo dalla scuola il medico ha detto che siccome il ragazzo lo stava seguendo volontariamente, non ci sarebbe stato nessun ricovero forzato».
La versione del ragazzo, che dall’ospedale di Pesaro risponde alle telefonate con voce calma, è diversa: «Sto bene, sono nel reparto psichiatrico del Muraglia perché mi hanno fatto un Tso e mi hanno detto che dovrò restare qui almeno una settimana. La dottoressa mi ha portato via gli oggetti pericolosi, mi hanno dato dei calmanti e i miei genitori non sono con me».
Il sindaco Massimo Seri, comunque, il trattamento sanitario obbligatorio lo ha firmato di suo pugno e, dunque, l’ingresso in psichiatria non può in alcun modo considerarsi volontario. «Ma è un atto dovuto – spiega –, perché il ricovero forzato deve essere sottoposto da un medico e controfirmato da un altro collega. La firma del sindaco è una formalità». Le reazioni non sono mancate. Oltre agli strali di diversi esponenti della Lega – che non vedevano l’ora di trovare da qualche parte un casus belli per attaccare le restrizioni antiCovid –, è intervenuto anche il Telefono Viola, che da anni si batte contro l’abuso del ricorso al Tso e degli psicofarmaci.
«Oggi, a quarantatré anni dall’abolizione dei manicomi – sostiene la presidente Anna Grazia Stammati –, di fronte a questo caso dobbiamo drammaticamente constatare come l’azione di controllo sociale della psichiatria continua a imperversare, arrivando persino a entrare nelle scuole, psichiatrizzando ragazzi che manifestano atteggiamenti non conformi».
E il punto, alla fine, sembra essere proprio questo: davvero il ricovero in un reparto di psichiatria era l’unica soluzione di fronte alle proteste di un ragazzo che, almeno secondo le testimonianze dei suoi insegnanti e dei compagni di classe, non ha mai manifestato particolari problemi in ambito scolastico?
Mario Di Vito
da il manifesto
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TI RIFIUTI DI METTERE LA MASCHERINA IN CLASSE? TI FACCIO IL TSO!!
Abbiamo appreso dai giornali che uno studente di 18 anni di Fano è stato ricoverato in Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) perché non voleva indossare la mascherina in classe.
Siamo sconcertati e ci vergogniamo dell’operato delle Istituzioni. Davvero non si poteva agire diversamente? Bisognava proprio attuare un TSO?
Il dirigente scolastico dell’Istituto ha dichiarato che il ricovero coatto sarebbe stato fatto per fare riflettere e per educare il ragazzo che, a detta degli insegnanti, ha un ottimo rendimento scolastico ed è benvoluto dai compagni. Su cosa esattamente doveva riflettere? Sul fatto che pensarla in modo diverso sia una colpa? Usare il TSO per educare, ma si può parlare di educazione quando si sta obbligando una persona a ricoverarsi contro la sua volontà?
Non hanno capito che forse si trattava di una provocazione? Che forse il ragazzo era stanco di studiare e vivere così? Che forse voleva comunicare la sua difficoltà e lanciare un messaggio ai compagni? Come sempre è la persona che è malata e non si mette mai in discussione il contesto ma ci si affida alla psichiatria. Rivendicarsi di utilizzare il trattamento sanitario per reprimere, punire e rieducare chi ha comportamenti non adeguati e fuori dagli schemi ecco il vero scopo del potere psichiatrico e delle istituzioni che vi si affidano.
E il sindaco di Fano? Si giustifica dicendo che la firma del sindaco è soltanto un atto formale, ma ha verificato se sussistevano le 3 condizioni per attuare il TSO?
La legge 180/78 stabilisce che il trattamento sanitario obbligatorio deve essere disposto con provvedimento del Sindaco del Comune di residenza su proposta motivata da un medico e convalidata da uno psichiatra operante nella struttura sanitaria pubblica. Dopo aver firmato la richiesta di TSO, il Sindaco deve inviare il provvedimento e le certificazioni mediche al Giudice Tutelare operante sul territorio il quale deve notificare il provvedimento e decidere se convalidarlo o meno entro 48 ore. Il TSO si può effettuare se si presentano contemporaneamente tre condizioni:
– quando la persona si trova in alterazione psichica tale da richiedere urgenti interventi terapeutici
– quando tali interventi terapeutici vengono rifiutati dalla persona
– quando tali interventi non si possono garantire nel proprio domicilio
Premesso che per noi il TSO andrebbe abolito, in questo caso non ci sembra pertinente e legittimo attuare un trattamento sanitario obbligatorio, sottrarre lo studente con un’ambulanza.
Se, in teoria, la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure giuridiche e mediche vengono aggirate: nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti sono eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e seguono il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti del ricoverato.
Molto spesso prima arriva l’ ambulanza per portare le persone in reparto psichiatrico (spdc) e poi viene fatto partire il provvedimento; accade anche che il paziente non viene informato di poter lasciare il reparto dopo lo scadere dei sette giorni ed è trattenuto inconsapevolmente in regime di TSV (Trattamento Sanitario Volontario). Persone che si recano in reparto in regime di TSV sono poi trattenute in TSO al momento in cui richiedono di andarsene. Diffusa è la pratica di far passare, tramite pressioni e ricatti, quelli che sarebbero ricoveri obbligati per ricoveri volontari: si spinge cioè l’individuo a ricoverarsi volontariamente minacciandolo di intervenire altrimenti con un TSO.
La vicenda di Fano crea un precedente preoccupante nell’uso della repressione come metodo educativo. Dato l’elevato numero di ricoveri coatti praticati ogni anno in Italia, non possiamo fare a meno di chiederci: appena un individuo si discosta da quella che i più definiscono normalità è a rischio TSO?
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa antipsichiatriapisa@inventati.org / www.artaudpisa.noblogs.org / 335 7002669