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Francia: Continua la mobilitazione contro la riforma delle pensioni e contro l’autoritarismo sfrenato di Macron

Il governo sperava nell’abbandono della lotta per rassegnazione alla sconfitta. Ma questo primo maggio, per la tredicesima mobilitazione contro la riforma delle pensioni, passerà alla storia per il numero di persone che ha raccolto. 2,3 milioni secondo la CGT in circa 300 comuni, è al secondo posto tra i Primi di Maggio più massicci degli ultimi 30 anni. Tale mobilitazione sottolinea, ancora una volta, la profondità dell’opposizione alla riforma delle pensioni nella società francese.

di Salvatore Palidda, Italo Di Sabato

Il 70% dei francesi è ostile a questa riforma che Macron e il suo governo hanno scelto di imporre a tutti i costi, disprezzando questo 70% della popolazione e scommettendo sullo scatenamento di una polizia brutale per far paura e quindi dissuadere la gente dall’andare alle manifestazioni . I poliziotti super dotati di armi e mezzi anche letali hanno provocato centinaia di feriti anche gravi e arrestato migliaia di manifestanti e a volte anche semplici persone che passavano per caso accanto alle manifestazioni. Ma i lavoratori non hanno avuto paura: questa riforma è inaccettabile perché pretende di condannare milioni di lavoratori e soprattutto donne a una vita lavorativa sempre più insopportabile per raggiungere una pensione miserabile che non permetterà loro di vivere con un minimo di dignità (ci vogliono 42 anni di contributi!!!). Inoltre, l’arroganza e il disprezzo di Macron e del suo governo verso i manifestanti e la maggioranza dei francesi ha rimesso a nudo l’inaccettabile autoritarismo del regime francese instaurato da De Gaulle (un regime che dà pieni poteri al president e quindi al suo governo e anche alle altre istituzioni tutte composte da nominati del presidente e del suo governo e di fatto nega persino il diritto al referendum di iniziativa popolare come sinora c’è in Italia -ma attenzione il governo Meloni vuole passare al presidenzialismo alla francese). In altre parole non si tratta più di una mobilitazione che dura da 4 mesi solo contro l’infame riforma delle pensioni ma di una rivolta contro il regime autoritario gollista.

Ecco quindi 17.500 persone che hanno marciato a Brest e Le Havre, 12.000 a Saint-Nazaire, 8.000 a Pau, più di 5.000 a Saint-Brieuc e Châteauroux. A Lione quasi 45.000, 80.000 a Nantes, 25.000 a Clermont-Ferrand, 100.000 a Tolosa, 38.000 a Grenoble, 40.000 a Caen, 18.000 a Montpellier. A Parigi una delle più grandi manifestazioni dall’inizio del movimento: 500mila secondo i sindacati.
Quali che siano le cifre che ricordiamo, questo 1 maggio 2023 contraddice la regola che una volta votata e poi promulgata, una legge non suscita più protesta in piazza. Assistiamo infatti a una ripresa della partecipazione, dopo quattro giorni in cui il numero dei manifestanti era inesorabilmente in calo.

Abbiamo prospettive chiare visto che l’8 giugno si potrà votare l’abrogazione di questa riforma, con il disegno di legge del gruppo (di centro) LIOT che sarà all’esame dell’Assemblea Nazionale e che punta ad abolirla” ( ets sarà votato dal NUPES -il sindacato della sinistra e degli ambientalisti-) ha dichiarato Sophie Binet della CGT, prima della partenza del corteo parigino. Laurent Berger del CFDT non ha detto altro questa mattina alla mattina di France Info, chiedendo ai deputati di votare il disegno di legge del gruppo LIOT, per uscire dalla crisi e riprendere le discussioni da zero. Domani, in mattinata, si riunirà l’intersindacale. Facendo eco alla determinazione espressa dalla forte partecipazione del 1° maggio, dovrebbe proporre nuove scadenze.

La possibilità di estendere e installare definitivamente lo sciopero in un gran numero di settori, al fine di ottenere la revoca della riforma, non sembra fattibile. Gli scioperi rinnovabili (a oltranza) nei settori dell’energia, dei trasporti o dei rifiuti sono terminati all’inizio di aprile. È quindi esclusa a priori una nuova convocazione di scioperi duri, con l’obiettivo di vincere stabilendo questo tipo di equilibri di potere. Di qui, le dichiarazioni dei numeri uno della CGT e della CFDT che fissano come scadenze la decisione del Consiglio costituzionale del 3 maggio sulla seconda proposta di referendum di iniziativa condivisa, nonché la proposta di legge di abrogazione dell’articolo 7 da parte della Gruppo LIOT l’8 giugno all’Assemblea.

Un modo per continuare la battaglia ed entrare in sintonia con un movimento che non vuole fermarsi. Dalla promulgazione della legge a metà aprile sono emerse nuove azioni portate avanti da migliaia, anche decine di migliaia di sindacalisti e attivisti. Casseruole ad ogni viaggio dei ministri, una “grevilla” e anche “100 giorni di casino” (per sfottere Macron che ha detto che si prende 100 giorni di tempo per rimettere a posto la situazione). Il tutto in un contesto dove oltre il 60% della popolazione dichiara di volere la continuazione del movimento.

Il governo Macron punta sulla polizia e i prefetti come strategia e moltiplica scelte operative persino illegali: uso dei droni, di lacrimogeni tossici e flashball, decreti per impedire le proteste con le pentole o antifischietti … ma in diverse occasioni i manifestanti sono riuscii a mettere in fuga la polizia.

Il ministro degli interni Darmanin (il fascista braccio armato di Macron che spera di diventare lui il prossimo presidente della Repubblica) ha dichiarato che sarà spietato contro chi ha attaccato la polizia e provocato 108 feriti fra le forze dell’ordine. Intanto una lunda notte ha attraversato tutta la Francia: cortei spontanei (detti selvaggi) si sono riproposti in diversi quartieri di Parigi e anche in altre città.

 

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