La Corte dei conti ha pubblicato mercoledì 6 dicembre un’indagine sui circa cinquanta milioni di controlli d’identità effettuati ogni anno dalla polizia e dalla gendarmeria. Una pratica “massiccia e poco misurata”, con obiettivi indeterminati, che lascia grande libertà agli agenti.
di Camilla Polloni da Mediapart
La Corte dei Conti può darci qualche formalità, ma è come sbattere la testa contro il muro. In Francia, non sappiamo quanti controlli d’identità vengono effettuati ogni anno dalla polizia, né a cosa servano. E dato il basso livello di supervisione esercitato su questi controlli, non sappiamo nemmeno se siano eseguiti correttamente.
Sono questi i principali insegnamenti di un’inchiesta di 80 pagine, condotta dalla Corte dei conti su richiesta della difensore dei diritti, Claire Hédon, e resa pubblica mercoledì 6 dicembre.
Dopo una serie di interviste e viaggi, abbinati all’analisi dei dati ufficiali, la Corte dei conti può fornire solo risposte approssimative a domande semplici. Nonostante la “centralità” dei controlli d’identità nel lavoro quotidiano delle forze di polizia e della gendarmeria, la Corte dei conti constata che “le forze di sicurezza non si sono date i mezzi per elencare in modo esaustivo i controlli effettuati né per comprenderne le ragioni e analizzarne i risultati.
Questa situazione è tanto più sorprendente in quanto la pratica dei controlli d’identità è oggetto di un dibattito di lunga data nell’opinione pubblica.” Nessuno strumento statistico permette di sapere quanti controlli d’identità vengono effettuati ogni anno in Francia. Da “fonti parziali e inattendibili” che richiedono cautela, la Corte dei Conti arriva a una stima numerica di questa pratica “massiccia e poco dosata”: 47 milioni di controlli nel 2021, “ovvero in media 9 controlli per pattuglia e al giorno. “La gendarmeria nazionale ha controllato circa 20 milioni di persone, di cui 8,3 milioni durante controlli stradali. Nello stesso anno la polizia nazionale ha effettuato circa 27 milioni di controlli d’identità, compresi 6,6 milioni di controlli stradali.»
Il rapporto invita il Ministero dell’Interno a predisporre “un censimento esaustivo” che appare “indispensabile” per misurare e analizzare il fenomeno.
Nessuna “strategia nazionale” sulle finalità dei controlli
Al di là di questo dato oscuro, la Corte dei Conti deplora l’assenza di una “riflessione strategica”, su scala nazionale, sulle finalità dei controlli d’identità. Naturalmente, in teoria, consentono di scoprire o prevenire reati, trovare persone ricercate o impedire violazioni dell’ordine pubblico. Ma non c’è nulla che possa misurare in comequesti obiettivi siano raggiunti. Il rapporto non affronta direttamente la questione dell’efficacia dei controlli d’identità, sulla quale esistono pochissimi dati. Un esperimento condotto dalla Direzione generale della Polizia nazionale in due dipartimenti (Hérault e Val-d’Oise), tra aprile e settembre 2014, evidenziò che il SOLO 4% dei 2.300 controlli effettuati su richiesta del pubblico ministero durante questi sei mesi avevano portato ad arresti. All’interno delle forze dell’ordine esiste “consenso” sulla necessità di controlli. Ma nessuno sa più davvero perché. Infatti, la “sovrapposizione di diversi quadri giuridici” (controlli di iniziativa motivati da sospetto, o su richiesta del pubblico ministero) finisce per confondere gli obiettivi anche nella testa degli agenti. “Ciascuno dei gendarmi e degli agenti di polizia incontrati durante i lavori della Corte aveva la propria idea, frutto della propria esperienza personale, per definire e giustificare la pratica dei controlli d’identità”, nota il rapporto. All’interno delle forze dell’ordine esiste “consenso” sulla necessità di controlli. Ma nessuno sa più davvero perché. La Corte dei Conti invita le autorità a “considerare i controlli d’identità a partire dalle finalità che devono consentire loro di perseguire, e non come una semplice modalità di azione – o addirittura di presenza – sulle strade pubbliche”. Sul campo, gli agenti beneficiano di un ampio margine di manovra nella decisione di effettuare un controllo d’identità così come nella sua condotta. Inoltre, sono gli unici a decidere se la situazione richiede un controllo di sicurezza della persona sottoposta a controllo o la consultazione degli archivi della polizia nazionale e della gendarmeria (come il fascicolo delle persone ricercate) per vedere se il suo nome figura lì.
Ricordiamo che anche in Italia i numeri che il Viminale ha pubblicato negli anni scorsi sono palesemente assurdi (si arrivava a oltre 36 milioni … ma alcuni operatori raccontano che si ricopiavano gli stessi nomi ) nel periodo della pandemia da Covid SOLO dall’11 marzo al 31 luglio del 2020 il Viminale ha reso noto che sarebbero stati effettuati 20.395.302 controlli d’identità.
( vedi https://www.meltemieditore.it/catalogo/polizie-sicurezza-e-insicurezze/)
Si sa poi che l’abitudine corrente della maggioranza degli operatori delle polizie (in TUTTI I PAESI) è quella di controllare le persone che hanno tratti somatici “stranieri” o aspetti considerati indice di sospetto
traduzione e commento a cura di Salvatore Palidda
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