Tra i fermi anche giornalisti. Divieti anche in Germania e in Austria. Decine di migliaia tra Londra e New York. Qui gli agenti detiene un gruppo di attivisti ebrei contro l’occupazione
di Filippo Ortona
Qualche centinaio di manifestanti, accorsi ieri in solidarietà alla Palestina, nel centro di Parigi, siedono per terra completamente circondati da quasi un migliaio di poliziotti, compresi due giganteschi camion-idranti dell’antisommossa: l’immagine, da sola, restituisce fedelmente il clima che si è installato in Francia in questi giorni. Giovedì scorso il ministro degli interni Gérald Darmanin aveva annunciato il divieto di ogni manifestazione «pro-Palestina».
QUELLA STESSA sera, sempre a Parigi, qualche migliaio di persone avevano sfidato il divieto, manifestando per diverse ore nella centralissima Place de la République, prima di essere sgomberati dai lacrimogeni e dalle cariche della polizia. Questo sabato, invece, sono stati molti meno a rispondere all’appello di scendere in piazza. Chi l’ha fatto si è prontamente trovato circondato dagli agenti, poi chiuso in un angolo della piazza. «Israele assassino, Macron complice», scandivano i tanti giovani presenti, dietro un imponente schieramento dell’antisommossa.
Tutt’attorno solerti funzionari correvano verso placide signore avvolte dalla bandiera palestinese, effettuando fermi e distribuendo almeno «un centinaio» di multe, secondo il media militante Révolution Permanente. «Lo stato francese vieta una manifestazione contro un massacro di massa – ha scritto l’attivista antirazzista Youcef Brakni su X (ex-Twitter) – Sanno che se la manifestazione fosse autorizzata, le strade di Parigi sarebbero invase da una marea umana».
FEDELE a se stessa, la polizia francese ha effettuato numerosi arresti, fermando anche alcuni giornalisti, tra i quali il collega e militante antirazzista Taha Bouhafs, che copriva la manifestazione a Parigi, pur munito di tesserino. Venerdì, durante una manifestazione per la Palestina a Strasburgo, era stato fermato Jean-Claude Meyer, il presidente dell’Union Juive Française pour la Paix (Ujfp), la più grande organizzazione della sinistra ebraica francese. Nel video dell’arresto, pubblicato sui social dall’Ujfp, si vede l’anziano signore, avvolto in una bandiera palestinese, mentre viene scortato via da due enormi agenti in assetto antisommossa.
Il clima plumbeo non si limita, tuttavia, alle piazze. Persino le parole possono essere foriere di considerabili rischi.
È IL CASO del Nouveau parti anticapitaliste, nota formazione della sinistra radicale francese, la quale nelle ore successive all’attacco del 7 ottobre, aveva pubblicato un comunicato nel quale esprimeva il proprio «sostegno ai palestinesi e ai mezzi di lotta che si sono scelti essi stessi per resistere». Le parole hanno sollevato l’interesse della procura di Parigi, prima di spingere il ministero degli interni ad aprire un’inchiesta per «apologia di terrorismo».
Lo spettro di quest’ultimo, quello vero, si è riaffacciato tragicamente venerdì, quando Dominique Bernard, 57enne insegnante di francese in un liceo nel nord del paese, è stato ucciso a coltellate da un ventenne ex allievo di origini cecene. Secondo le indiscrezioni della polizia pubblicate dai media francesi, l’assassino era sotto sorveglianza per sospetta «radicalizzazione» islamista.
A TRE ANNI di distanza, quasi giorno per giorno, dall’assassinio dell’insegnante Samuel Paty, l’attentato ha spinto il governo a un’immediata flessione muscolare: sorveglianza poliziesca decuplicata nei pressi di scuole e «obiettivi sensibili», riunioni di sicurezza tra Eliseo e ministero degli interni, infine proclamazione di uno «stato emergenza attentati» nazionale.
Come in Francia, anche in Germania e in Austria il governo ha tentato di vietare le manifestazioni in solidarietà alla Palestina, con successi alterni. In Inghilterra e in Scozia, tuttavia, decine di migliaia di persone hanno marciato, da Londra a Glasgow, passando per Edinburgo e Aberdeen; così come a New York, dove migliaia di persone hanno manifestato a Midtown venerdì, prima che la sera un gruppo di ebrei contro l’occupazione – tra i quali «dei rabbini e dei discendenti di sopravvissuti alla Shoah», secondo Abc – venissero arrestati nei pressi dell’abitazione del senatore Jack Schumer, dove si erano radunati per chiedergli di agire «immediatamente» per un «cessate il fuoco».
da il manifesto
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