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Francia: possibile “tentato omicidio” contro la ZAD (Zone à défendre)

Possibile “tentato omicidio” e un incendio doloso per scoraggiare gli attivisti ambientali in lotta contro l’autoroute A69

di Gianni Sartori

Nella notte tra il 12 e il 13 agosto gli oppositori all’A69 (una lingua d’asfalto di 53 chilometri – in costruzione – sostenuta dai politici locali e definito “un ecocidio economicamente scandaloso” dagli ambientalisti ) hanno subito una pesante aggressione. Erano accampati (legalmente) a Bacamp, nei pressi del cantiere della futura autostrada che dovrebbe collegare Castres (Tarn) a Toulouse (Haute-Garonne).

Stando alla denuncia inoltrata, verso le 3 del mattino alcuni zadisti sarebbero stati aggrediti da almeno tre individui che – dopo averne bloccato uno puntandogli un coltello alla gola – spargevano da un bidone liquido infiammabile sulle tende, su un’auto e anche su un militante ambientalista. Avevano appena innescato l’incendio delle tende, dell’auto e di alcuni sacchi a pelo quando l’arrivo di altri zadisti li avrebbe messi in fuga.

Fortunatamente nessun danno alle persone, ma sono state distrutti un’auto, qualche tenda, diversi oggetti personali e documenti cartacei (dossier, volantini …). E comunque per spegnere l’incendio son dovuti intervenire i pompieri.

Anche se dalle indagini per ora non sono emerse responsabilità precise, resta il fatto che questo atto di violenza (definito “abbietto” dagli ambientalisti) lascia intravedere possibili dinamiche da strategia delle tensione a bassa intensità. Con provocazioni e aggressioni. E probabilmente rientravano in questa logica anche alcuni misteriosi sabotaggi (tra aprile e giugno) alle attrezzature del cantiere della ditta concessionaria Atosca. Danneggiamenti e incendi che nessun collettivo ambientalista ha mai rivendicato (tranne uno da una sigla sconosciuta e forse inventata per l’occasione: “Gang d’Insolent.e.s éclatant le Capital”) e di cui soprattutto nessun zadista si è felicitato. Ben sapendo che tali azioni sconsiderate non fanno altro che portare all’inasprimento della repressione, contribuire alla criminalizzazione del movimento. Fatte le debite proporzione, un po’ come accadeva nel secolo scorso in Val di Susa con la messa-in-scena dei soidisant “Lupi Grigi” (una provocazione costata la vita a Edoardo Massari e a Soledad Rosas).

Ovviamente – come già segnalato – contro il movimento ambientalista viene applicata anche l’ordinaria repressione.

In base ai dati forniti l’8 agosto 2024 dal Coordinamento anti-repressione, un collettivo che raccoglie i vari gruppi attivi contro la A69 (tra cui Attac, il Groupe national de surveillance des arbres- GNSA e La Voie est libre-LVEL, le organizzazioni con il maggior numero numero di arrestati) dalle prime iniziative del febbraio 2023 centinaia di persone sono state fermate, 130 quelle indagate, 60 i processi (tra quelli già avviati e quelli a venire).

Sette attivisti si trovano in carcere e 44 sotto controllo giudiziario, 27 quelli con foglio di via.

Tra le persone per cui la sentenza è già stata emessa, una è stata posta in libertà dopo 4 mesi di detenzione, un’altra è stata condannata a sei mesi. Per altri quattro condannati la pena si è trasformata in arresti domiciliari con braccialetto elettronico. In qualche caso la perquisizione, l’interrogatorio e l’arresto si sarebbero svolti con modalità discutibili. Alcuni hanno denunciato maltrattamenti e anche “fratture al volto che hanno richiesto interventi operatori” come confermato dai certificati medici.

 

 

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