Minacciati, picchiati, umiliati: cronaca di un arresto a Parigi in pieno état d’urgence
Domenica 23 aprile in Francia c’è stato il primo turno delle elezioni francesi e in contemporanea allo spoglio, era stato chiamato dai movimenti anche il Premier Tour #NuitDesBarricades. A Parigi in centinaia si sono riuniti a partire dalle 18 a Place de la Bastille e in altri punti della città, per “opporsi alla pagliacciata elettorale e al ricatto che vogliono imporci tra liberalismo da una parte e fascismo dall’altra”. Diverse manif sauvage si sono tenute per la città, e sono state violentemente represse dalla polizia: numerosi sono stati anche gli arresti.
Da quando vige l’état d’urgence in Francia la polizia è diventata se possibile ancora più violenta e fuori controllo. Abbiamo parlato con due ragazzi (che hanno deciso di restare anonimi) messi in garde à vue durante la #NuitDesBarricades e ci hanno raccontato cosa vuol dire essere fermati dalle forze dell’ordine in questo periodo.
«C’erano vari appuntamenti a Parigi, e io sono andato a quello di Ménilmontant delle 17, dove erano previste un’assemblea di quartiere, un aperitivo e una passeggiata sportiva anti-pubblicitaria – ci racconta Léonard (nome di fantasia, ndr) – All’inizio non c’era polizia e abbiamo fatto due ore e mezza di manif sauvage nel quartiere: siamo andati a Republique, poi a Ménilmontant, poi a Colonel Fabien abbiamo incrociato un altro corteo di circa 500, 600 persone. Abbiamo distrutto le griglie anti-migranti alla metro (messe dalla polizia per non farli accampare lì, ndr), è stato un momento davvero figo e anche un po’ surreale». Nel frattempo gli scontri iniziano a Stalingrad, ed è qui che ci sono i primi arresti. «Eravamo in corteo, quando la polizia iniziare a lanciare lacrimogeni all’altezza di rue Lafayette – dice Marcel (anche questo è un nome di fantasia, ndr), l’amico di Léonard, arrestato anche lui nella notte di domenica – Proviamo a fuggire, ma sono arrivati anche da dietro e hanno iniziato a sparare con le flashball. Eravamo circa 80 e ci hanno fatti mettere tutti contro il muro». Ed è lì che sono iniziate le minacce. «Ci dicevano che ci avrebbero sparato in testa e ci hanno detto di metterci in ginocchio – continua Marcel – Ad alcuni la polizia ha fatto anche il gesto di mettere la pistola vicino alla tempia. Eravamo tutti pressati, non potevamo muoverci. Chi perdeva un po’ l’equilibrio veniva immediatamente picchiato». Il tutto avviene in mezzo alla strada, ma in una via buia e con poche persone. Poco dopo arrivano le camionette di Crs e arrestano tutti quanti.
Nel frattempo gli scontri impazzano a Place de la République, simbolo del movimento contro la Loi travail: le forze dell’ordine lanciano gas lacrimogeni e granate stordenti, ma la piazza risponde compatta con un fitto lancio di pietre. A quel punto Leonard torna a Ménilmontant, dove diversi gruppi di persone avevano costruito diverse barricate per le vie del quartiere. Si decide di ripartire in manif sauvage, ma a un certo punto una pioggia di gas e flashball cade sul piccolo corteo, che viene bloccato in una stradina. In molti si rifugiano all’interno di un palazzo, ed è lì che per loro è iniziato il terrore. «La polizia ha distrutto la porta e ha iniziato a lanciare i lacrimogeni all’interno del palazzo, non potevamo respirare. A un certo punto uni di loro è arrivato da me, mi ha preso per le spalle e mi ha lanciato per le scale. Era pieno di urla, tutti venivano picchiati in modo selvaggio. C’era un agente ogni tre scalini che picchiava chi scendeva le scale in testa con i guanti di protezione. Hanno distrutto la gamba di un compagno, c’era sangue dappertutto: umiliazione collettiva e vendetta personale, ecco cos’è stato. Più che degli arresti sembrava una spedizione punitiva degli anni Trenta, una cosa assurda e per nulla legale. Un giornalista ha provato a fare un video fuori dal palazzo ed è stato picchiato. Ci sono persone che hanno rischiato di cadere dal sesto piano e loro ridevano mentre ci sputavano in faccia. Avrebbero potuto ammazzare qualcuno e loro ridevano». Le persone chiuse all’interno del palazzo, compreso Leonard, vengono fatte uscire e portate in strada, e fatte mettere contro il muro. Durante le perquisizioni alcune persone sono state fatte spogliare e lasciate in mutande per strada. Ma la cosa grave, secondo quanto denunciato da Léonard, è che i poliziotti hanno fotografato le carte d’identità dei fermati con i loro telefoni personali. Una cosa assolutamente illegale, e che lascia pensare ci possano essere future ritorsioni personali nei confronti dei ragazzi arrestati.
Dopo il fermo, Léonard è messo in garde à vue al commissariato del 20esimo arrondissement insieme ad altre persone. Colpito alla testa, riesce a vedere il medico solo dieci ore dopo. Stessa sorte tocca al ragazzo con la gamba spaccata. Anche i loro avvocati sono avvertiti del fermo diverse ore dopo l’arresto. «Il fascismo c’è già adesso – dice Léonard – Non capisco quelli che hanno paura di Marine Le Pen e che hanno paura arrivi il fascismo, perché è già così. E le cose sono peggiorate da quando è stato approvato l’état d’urgence. Se in Francia può accadere una cosa del genere in un palazzo in mezzo alla città senza che nessuno venga a sapere niente, con i giornalisti che cercano di fare video e sono picchiati dalla polizia, con gli arrestati che non vedono rispettati i loro diritti… allora in che situazione siamo?».
1Léonard e gli altri ragazzi che erano con lui sono stati accusati di banda armata, porto d’armi, uso di armi per destinazione, violenza su polizia, distruzione urbana. Tutti i capi d’accusa sono caduti dopo il fermo.
Natascia Grbic
da DinamoPress